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Adozione del piano nazionale d’azione per il radon 2023-2032

Gazzetta Ufficiale

Capitolo 1.1 Il RADON

 

Elemento radon

Il radon (Rn) è un gas nobile radioattivo presente in natura, incolore, inodore, insapore, inerte, del quale normalmente non si avverte la presenza.

È originato dalle serie naturali dei radionuclidi primordiali naturalmente presenti nella crosta terrestre e nelle rocce: 238U (uranio), 235U e 232Th (torio).

Il suo isotopo di maggior rilevanza ai fini radioprotezionistici è il 222Rn, è uno dei prodotti di decadimento dell’238U [1].

Tale isotopo, infatti, ha un tempo di dimezzamento di alcuni giorni (circa 3,8 giorni) e può comportare rischi per la salute dell’uomo.

Gli altri isotopi del radon, prodotti invece dalle catene di decadimento dell’235U e del 232Th, rispettivamente il 219Rn (detto actinon) e il 220Rn (detto thoron), hanno tempi di dimezzamento talmente brevi, dell’ordine di secondi, da renderli scarsamente pericolosi per la salute umana.

Il radon è stato classificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), attraverso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC), nel gruppo 1 delle sostanze per le quali vi è la massima evidenza di cancerogenicità, poiché rappresenta uno dei principali fattori di rischio di tumore ai polmoni, dopo il fumo [3].

A livello mondiale la principale sorgente di esposizione della popolazione alle radiazioni ionizzanti è data dal radon (42%), seguita dall’esposizione medica (20%) [4].

 

Meccanismo d’azione

Il radon è un gas nobile e per questo non è reattivo dal punto di vista chimico, per cui la maggior parte del radon inalato durante la fase di respirazione viene espulsa nella fase di espirazione. I suoi prodotti di decadimento, invece, sono chimicamente ed elettricamente reattivi. In parte rimangono liberi nell’aria e in parte si attaccano al particolato atmosferico (vapore acqueo, polveri sospese e fumo di sigaretta) e possono essere inalati [6].

Il radon, decadendo, si trasforma prima in polonio (Po), poi in piombo (Pb) e bismuto (Bi), atomi a loro volta radioattivi, ma non più gassosi bensì solidi che si mescolano al pulviscolo e vengono inalati con la respirazione.

Durante la respirazione, i prodotti di decadimento del radon si possono depositare sulle cellule dell’epitelio bronchiale e le particelle alfa, emesse da questi ultimi, possono provocare danni al DNA, che se non vengono riparati dai meccanismi propri della cellula possono evolvere, dando vita a processi di cancerogenesi [6].

Maggiore è la quantità di radon, maggiore è la quantità dei suoi prodotti di decadimento e maggiore è la probabilità che qualche danno non venga riparato. È importante ricordare che non esiste un livello di concentrazione di esposizione al radon al di sotto del quale non sono presenti rischi di insorgenza di tumore al polmone.

 

Provenienza del radon

Il radon si trova nel terreno e nelle rocce, sia pur in quantità molto diverse, in relazione alle caratteristiche geologiche del terreno quali la concentrazione degli elementi precursori, la permeabilità, la presenza di fratture/faglie, l’umidità e l’orientamento dei pendii.

A causa della sua natura gassosa e della sua inerzia chimica, il radon può diffondere rapidamente dal luogo in cui si forma fino a raggiungere lo spazio esterno. All’aperto si disperde, mentre nei luoghi chiusi, si concentra (radon indoor).

La concentrazione di radon negli edifici dipende anche dalle loro caratteristiche strutturali, in particolare dalle caratteristiche dell’interfaccia tra edificio e suolo, dai materiali utilizzati per la costruzione, dalla tipologia costruttiva, dal ricambio di aria interna, dovuto alla ventilazione naturale (porte e finestre), e dagli impianti di ventilazione forzata. Le principali fonti di ingresso del radon negli ambienti di vita e di lavoro sono [6]:

– il suolo circostante e sottostante l’edificio;

– i materiali da costruzione, quali tufo, graniti, pozzolane, porfidi, usati nella costruzione o come rivestimenti interni;

– l’acqua presente nel sottosuolo ad alto contenuto di radon;

– l’aria esterna.

Ingresso del radon negli edifici

Poiché il suolo costituisce la principale sorgente di radon indoor, la maggior parte degli interventi di risanamento è indirizzata a limitare il suo ingresso dal suolo.

L’interno degli edifici è generalmente in depressione rispetto all’esterno, a causa della differenza di temperatura tra interno ed esterno, ciò fa sì che il radon diffonda verso l’interno degli edifici stessi [6,8]. Tale fenomeno è detto effetto camino.

Le principali vie di ingresso del radon negli edifici sono:

– fessure nei pavimenti;

– giunzioni del pavimento e della parete;

– passaggi degli impianti termici idraulici, delle utenze elettriche, del gas.

La concentrazione di radon indoor può subire sensibili variazioni giornaliere e stagionali.

Solitamente si osserva un incremento di radon indoor nelle prime ore del mattino, a causa del mancato ricambio di aria e della differenza di temperatura tra interno ed esterno.

Per motivi analoghi si registrano concentrazioni di radon più alte in inverno che in estate [8].

Per questo le misure di concentrazione di radon solitamente si estendono in un arco temporale di un anno.

Inoltre, va sottolineato che interventi di efficientamento energetico, quali rivestimenti a protezione delle escursioni termiche o infissi a tenuta stagna, possono ridurre le vie di fuga naturali del radon e aumentare l’escursione termica tra interno ed esterno degli edifici, incrementando così la depressione nelle abitazioni e l’ingresso del radon dal sottosuolo.

 

Fattori di rischio

L’esposizione al radon nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro aumenta il rischio di cancro ai polmoni e l’aumento è statisticamente significativo anche per esposizioni prolungate a concentrazioni di radon medio-basse, ovvero livelli che si trovano comunemente in molte abitazioni [9] e luoghi di lavoro.

Studi epidemiologici hanno evidenziato una relazione di tipo lineare tra rischio relativo di cancro ai polmoni e concentrazione di radon negli ambienti di vita e di lavoro [10,11,12].

La concentrazione di radon in aria si misura in Becquerel su metro cubo (Bq/m3), che corrisponde al numero di decadimenti radioattivi al secondo che avvengono in un metro cubo di aria.

È stato stimato, utilizzando la concentrazione media di radon a lungo termine e tenendo conto della variabilità della concentrazione di radon, un aumento del rischio di sviluppare il tumore ai polmoni pari a circa il 16% per ogni 100 Bq/m3 di incremento di concentrazione media di radon [10].

Se poi le cellule polmonari sono esposte ad altre sostanze cancerogene, come quelle contenute nel fumo di sigaretta, la probabilità di rischio di cancro al polmone aumenta ulteriormente.

I rischi dovuti al fumo e al radon si moltiplicano tra di loro [13].

Il rischio assoluto cumulativo, e cioè la possibilità di avere il cancro ai polmoni entro l’età di 75 anni, per esposizioni continuative a livelli di radon di 0, 100, 400 e 800 Bq/m3, sarebbe rispettivamente dello 0,41%, 0,47%, 0,67% e 0,93% nei non fumatori, contro il 10,1%, 11,6%, 16,0% e 21,6% nei fumatori [10].

La protezione dal radon va ovviamente applicata a entrambe le categorie (fumatori e non fumatori), il numero di casi evitabili con la riduzione dell’esposizione al radon varia a seconda che la riduzione dell’esposizione al radon avvenga in proporzioni diverse per fumatori e non fumatori, per cui sarà utile tenere sotto controllo l’andamento dell’implementazione del Piano anche in relazione a questo importante parametro.

1.2 Situazione sanitaria e radon in Italia

 

Indagine nazionale

Le informazioni e le conoscenze sulla distribuzione del radon indoor in Italia derivano essenzialmente dalla base informativa acquisita negli anni attraverso le indagini di misura della concentrazione di radon in aria effettuate a livello nazionale, regionale o locale.

Nell’ambito della prima indagine nazionale degli anni 1989-98, coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dall’allora Direzione sicurezza nucleare e protezione sanitaria dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), funzioni successivamente trasferite all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e oggi attribuite all’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), e svolta in collaborazione con gli Assessorati alla Sanità delle Regioni e Province autonome e i Centri di Riferimento Regionali per il controllo della Radioattività Ambientale (CRR), istituiti con la Circolare n. 2 del 1987 del Ministero della Salute (MS), ora confluiti nelle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente (ARPA/APPA), si è stimato che il valore della concentrazione media nazionale di radon è pari a circa 70 Bq/m3 [14].

Durante questa campagna venne effettuata una misura di concentrazione media annua di radon su circa 5000 abitazioni sparse su tutto il territorio italiano. Circa il 4,2% delle abitazioni sottoposte a misura presentavano valori di concentrazione media annua di radon superiori ai 200 Bq/m3 e lo 0,9% valori superiori ai 400 Bq/m3.

Inoltre, nelle aree di origine vulcanica, fu riscontrata un’influenza dei materiali da costruzione sulla concentrazione di radon indoor.

Le concentrazioni medie delle Regioni e Province autonome hanno mostrato valori che variano da circa 30 Bq/m3 (Calabria, Marche, Basilicata) fino a concentrazioni di 100 Bq/m3 e oltre (Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia).

Discorso a parte merita il radon nelle acque. Il decreto legislativo 15 febbraio 2016 n.28 “Attuazione della direttiva 2013/51/Euratom del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano” [16] e il decreto del MS del 2 agosto 2017 [17], rappresentano le normative di riferimento nazionali che disciplinano i controlli della radioattività nelle acque destinate al consumo umano ai fini della tutela della salute.

Si stima che solo circa il 9% dell’esposizione complessiva della popolazione alla radioattività sia causato dall’ingestione di acqua e alimenti, mentre è molto più alto il contributo dovuto all’inalazione (circa il 42%, dovuto essenzialmente al radon) [7].

Il radon presente come gas disciolto nelle acque sotterranee può essere rilasciato in atmosfera e accumularsi negli ambienti chiusi, e quindi valutato nella concentrazione media annua di radon indoor.

La dose efficace dovuta a inalazione di tale gas radioattivo e dei suoi radionuclidi figli è normalmente maggiore della dose dovuta a ingestione, per cui la presenza di elevate concentrazioni di radon nelle acque può essere associata al rischio di un incremento non trascurabile della dose per inalazione.

Alcune attività lavorative che richiedono movimentazione delle acque sono oggetto d’interesse dal punto di vista della radioprotezione, per cui sono state inserite all’interno del Piano tra le specifiche tipologie di luoghi di lavoro.

 

Piano nazionale del 2002

In Italia, nel 2002, il MS aveva predisposto, in collaborazione con diversi esperti provenienti da enti nazionali e regionali, un primo Piano Nazionale Radon (PNR), tuttora disponibile on line sul portale web del Ministero [18].

A differenza del presente Piano, quello del 2002 non discendeva da obblighi normativi specifici, ma prevedeva comunque una serie di azioni centrali e regionali, e ne stimava i costi di attuazione per i successivi sei anni di applicazione in circa 12,5 milioni di Euro complessivi, di cui circa 7,65 da destinarsi alle Regioni e Province autonome, e 4,85 a strutture nazionali (enti centrali).

Al fine di dare avvio alle azioni centrali (principalmente azioni di coordinamento), nel 2005 il MS, tramite il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), affidava all’ISS un primo progetto CCM (triennale): “Avvio del Piano Nazionale Radon per la riduzione del rischio di tumore polmonare in Italia”.

Al sottocomitato tecnico-scientifico del progetto (organismo di indirizzo, controllo e coordinamento previsto in generale dalle regole di gestione dei progetti CCM) venivano chiamati a partecipare, oltre ai referenti ministeriali, rappresentanti del Dipartimento sicurezza nucleare e radioprotezione dell’ISPRA (poi divenuto ISIN), dell’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro (ISPESL, poi confluito in INAIL), delle Regioni e Province autonome (Assessorati alla sanità e, in qualche caso, Assessorati all’ambiente) e delle ARPA/APPA.

Successivamente, nel 2012, al fine di proseguire nello sviluppo delle azioni centrali di coordinamento, il Ministero affidava ancora all’ISS un secondo progetto CCM biennale: “Piano Nazionale Radon per la riduzione del rischio di tumore polmonare in Italia: seconda fase di attuazione”.

Non era più prevista dalle regole CCM l’istituzione di un sottocomitato tecnico scientifico, ma l’ISS assicurava il coinvolgimento e la collaborazione dei rappresentanti degli enti sopra citati.

Nel 2014 il MS affidava all’INAIL, in collaborazione con quattro Regioni e con l’ISS, il progetto CCM biennale: “Applicazione di una procedura di valutazione degli interventi di prevenzione primaria del cancro polmonare derivante da esposizione al radon indoor”.

Infine, nel 2015, a valle della pubblicazione della direttiva 2013/59/Euratom, questa volta con finanziamento diretto della Direzione generale della prevenzione sanitaria, veniva affidato dal MS all’ISS un terzo progetto di durata annuale: “Piano Nazionale Radon per la riduzione del rischio di tumore al polmone: proseguimento delle attività in corso ed elaborazione, insieme al Gruppo di Coordinamento Nazionale Radon (GCNR), di proposte per il nuovo Piano Nazionale Radon previsto dalla direttiva 2013/59/Euratom”, con la novità dell’istituzione del GCNR quale organismo collegiale di coordinamento, a cui erano stati chiamati a partecipare esperti degli enti sopra citati e due esperti per ogni Regione e Provincia autonoma.

Nell’ambito di detti progetti sono stati prodotti numerosi documenti tecnici e rapporti di attività, è stato realizzato il sito tematico sul portale ISS “Il radon e il Piano Nazionale Radon” (al momento non attivo), e sono stati organizzati diversi convegni e corsi di formazione e aggiornamento, indirizzati principalmente al personale del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e delle ARPA/APPA.

A margine, l’ISS ha inoltre pianificato, coordinato e condotto, in collaborazione con Telecom-Italia, una seconda indagine nazionale, che ha coinvolto più di 5500 abitazioni di lavoratori Telecom, distribuite in tutte le Province e in più di 1800 Comuni [19].

In conclusione, l’insieme di questi progetti ha permesso di ottenere, oltre alle pubblicazioni sul rischio di tumore polmonare riportate in bibliografia [20] e [21], un coordinamento delle attività delle Regioni e Province autonome parziale, ma già sufficientemente avanzato, e di poter focalizzare, sviluppare e condividere, per la situazione del momento, conoscenze su diverse tematiche tecniche specifiche, quali, ad esempio, i requisiti per le indagini territoriali nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro, le azioni di risanamento e prevenzione, la validazione di indicatori di risultato attendibili e l’informazione al pubblico.

Tale insieme di conoscenze, aggiornate, così come i meccanismi già rodati di coordinamento, informano anche il presente Piano.

 

Stima dell’impatto sanitario in Italia

L’esposizione al radon è percepita molto meno come un problema rispetto ad altri fattori di rischio quali ad esempio l’esposizione ai campi elettromagnetici ed è per questo largamente sottovalutata.

Applicando i risultati di studi epidemiologici europei [10, 11], è stato stimato che in Italia il 10% circa dei casi di tumore al polmone, cioè circa 3300 casi annui su un totale di oltre 30000, sono attribuibili al radon, la maggior parte dei quali si ritiene che avvenga tra fumatori ed ex-fumatori a causa dell’effetto sinergico tra radon e fumo di sigaretta.

Questa percentuale varia da Regione a Regione a causa delle differenti concentrazioni di radon, e tiene conto in molti casi delle misure di concentrazione di radon risalenti alla prima indagine nazionale degli anni 89-98 [15].

Come previsto al comma 3, dell’art. 14 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 l’ISS conduce specifici programmi, studi e ricerche epidemiologiche, inclusa la valutazione dell’impatto sanitario, promossi dal Ministero della salute, sugli effetti dell’esposizione a concentrazioni di radon sulla salute umana, anche acquisendo i relativi dati dagli organi del SSN. Tutti i dati che verranno raccolti nell’ambito del PNAR saranno resi disponibili all’ISS per i programmi di valutazione, prevenzione e riduzione del rischio di insorgenza delle patologie sanitarie conseguenti all’esposizione al radon.

L’ottimizzazione al di sotto del livello di riferimento determinerà ulteriori riduzioni delle esposizioni al radon, con riduzione dei casi di tumore polmonare e conseguente beneficio per la salute pubblica.

Per ottenere risultati significativi è necessario un numero elevato di risanamenti nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro.

 

Attività svolte dalle Regioni e Province autonome

In seguito alla prima indagine nazionale le Regioni e Province autonome hanno continuato a effettuare indagini e campagne di misura, soprattutto nelle scuole e nelle abitazioni, per individuare le aree a elevata probabilità di alte concentrazioni di radon (analoghe alle aree prioritarie di cui al decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101), le cosiddette aree prioritarie di intervento, in accordo a quanto stabilito nel decreto legislativo 17 marzo 1995, n.230 [23].

La Regione Sardegna ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.241 del 14-10-2022) l’elenco delle aree prioritarie in cui si stima pari o superiore al 15 per cento la percentuale di edifici che supera il livello di 300 Bq/m3 di concentrazione media annua di attività di radon in aria, individuate con D.G.R. n. 20/71 del 12.02.2019.

La Regione Piemonte con D.G.R. 25 Novembre 2022, n. 61-6054 ha individuato le aree prioritarie di intervento ai sensi dell’art. 11 comma 3 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, dandone comunicazione nel Bollettino Ufficiale n. 02 del 12 / 01 / 2023 della Regione Piemonte e provvedendo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.93 del 20-04-2023).

A causa della mancanza di linee guida e indicazioni nazionali, che dovevano essere emanate da una mai istituita sezione speciale della commissione tecnica, di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n.230 (articolo poi soppresso, e con esso l’intera commissione tecnica, dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n.31), le Regioni e Province autonome hanno utilizzato metodi e criteri differenti che rendono difficile un confronto diretto tra i dati raccolti.

Le metodologie di analisi dei dati sono prevalentemente riconducibili a due tecniche principali, la prima si basa su analisi statistiche, e la seconda su analisi geostatistiche [25].

Una indagine statistica è un processo in più fasi che ha come obiettivo la produzione di informazioni statistiche, ossia la produzione di descrizioni riassuntive di carattere quantitativo riguardanti l’osservazione di fenomeni e situazioni.

Una indagine geostatistica studia i fenomeni naturali che si sviluppano su base spaziale a partire dalle informazioni derivanti da un loro campionamento.

In particolare, studia la variabilità spaziale dei parametri che descrivono tali fenomeni [26].

Anche la suddivisione in unità territoriali, nel corso delle diverse indagini regionali, è risultata diversa.

Alcune regioni, come Veneto [27] e Friuli Venezia Giulia [28] hanno suddiviso il proprio territorio in maglie, altre Regioni come la Toscana [29,30], il Piemonte [31] e la Provincia autonoma di Bolzano hanno usato la suddivisione in Comuni, altre regioni, quali il Lazio e l’Abruzzo [32], non hanno utilizzato unità territoriali predefinite ma classificato aree di territorio con la stessa incidenza del fenomeno, oppure come la Campania hanno utilizzato una suddivisone basata sugli strati litologici.

Sono stati adoperati anche valori di riferimento differenti per individuare le diverse aree, quali valori medi di concentrazione superiore ai 200 Bq/m3, come nel caso della Lombardia, e valori medi superiori ai 300 Bq/m3 come nel caso del Lazio [25].

Infine, si evidenzia che le indagini regionali e di conseguenza le mappe realizzate, sono state concepite con diversi fini, quali l’individuazione delle aree a elevata concentrazione di radon, in accordo a quanto definito dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, oppure secondo scopi di ricerca e studio del territorio, e per questo sono state condotte con piani di campionamento differenti [33,34,35].

Sui siti internet di alcune ARPA/APPA è possibile conoscere, mediante delle mappe interattive, le concentrazioni medie di attività di radon nei singoli comuni. Va precisato, però, che la distribuzione dei livelli medi di concentrazione di radon all’interno di una zona rappresenta un elemento di conoscenza per la pianificazione territoriale, ma a causa dei numerosi fattori di variabilità, non costituisce un’indicazione della concentrazione nella singola abitazione, che può essere determinata solo attraverso una misurazione diretta [14].

Nella tabella seguente, estratta dal rapporto del 2019 elaborato dall’ISIN sulla sorveglianza della radioattività ambientale in Italia, sono riportati i dati aggiornati al 2018, relativi al numero di abitazioni, edifici scolastici o luoghi di lavoro in cui sono state effettuate misurazioni della concentrazione media annua di radon per Regione e Provincia autonoma.

Per le abitazioni è riportata anche la percentuale di abitazioni occupate misurate rispetto al totale [14].

Al fine di rappresentare in un modo più omogeneo la variabilità spaziale della concentrazione di radon, tra le Regioni e Province autonome, sono state raccolte le stime delle concentrazioni medie di radon nelle abitazioni dei Comuni italiani, elaborate da ARPA/APPA e ISIN ed è stata realizzata una rappresentazione, a livello nazionale, delle concentrazioni medie stimate di radon nelle abitazioni, basata su un’unica classificazione di valori [14]. Per maggiori dettagli sulla mappa interattiva si rimanda al sito dell’ISIN [36].

L’ISIN ha inoltre realizzato un portale web chiamato Sistema Informativo Nazionale sulla Radioattività (SINRAD [37]), per consentire un flusso unico e controllato dei dati di radioattività ambientale e per gestire in modo coordinato e strutturato le informazioni prodotte a livello nazionale.

Attualmente il SINRAD presenta due sezioni: la sezione RADON in cui sono raccolti i dati delle concentrazioni di gas radon in ambienti chiusi (ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101) e la sezione RESORAD che raccoglie i dati prodotti nell’ambito della REte nazionale di SOrveglianza sulla RADioattività ambientale (ai sensi dell’articolo 152 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101) in contesti di routine, di indagini specifiche e in casi di possibili anomalie radiometriche.

In particolare, la sezione RADON raccoglie i risultati delle misurazioni di concentrazione media annua di radon in luoghi di lavoro, scuole e abitazioni, nonché le informazioni fondamentali relative agli ambienti in cui sono state eseguite tali misurazioni e ai soggetti che le hanno attuate.

I dati raccolti dal SINRAD vengono inviati alla Commissione europea per garantire un monitoraggio a livello europeo.

Per i dati aggiornati circa l’attività delle singole Regioni si rimanda ai siti regionali delle ARPA/APPA (tabella 12), dove sono presenti, oltre ai report regionali sulla radioattività ambientale, anche alcune mappe regionali sulla concentrazione di radon e informazioni utili per eseguire le misurazioni di concentrazione di radon.

 

Capitolo 1.3 Quadro normativo

 

Disposizioni della comunità europea

Nell’ambito dello sviluppo del Piano nazionale d’azione per il radon (PNAR), la base di partenza è la “Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom” [38].

Tale direttiva prevede all’articolo 103 che gli stati membri dell’Unione europea adottino un Piano d’azione per il radon che affronti non solo i rischi di lungo termine dovuti alle esposizioni al radon nei luoghi di lavoro, ma anche l’esposizione al radon nelle abitazioni e negli edifici pubblici.

Il dover necessariamente prendere in considerazione l’esposizione della popolazione al gas radon è uno degli elementi di maggior interesse della direttiva europea in

quanto, come già precisato, essa rappresenta la principale fonte di esposizione della popolazione alle radiazioni ionizzanti, insieme alle esposizioni mediche.

La direttiva inoltre stabilisce i livelli di riferimento sia per l’esposizione al radon nei luoghi di lavoro sia per l’esposizione al radon negli ambienti chiusi.

Nell’ambito del processo di recepimento della direttiva, gli Stati membri devono adottare livelli non superiori a tale valore, a meno che un livello superiore non sia giustificato dalle circostanze esistenti a livello nazionale.

L’allegato XVIII della direttiva riporta tutti gli aspetti che devono essere presi in considerazione nell’elaborazione del piano d’azione per il radon per affrontare al meglio i rischi di lungo termine derivanti dall’esposizione al radon.

L’unica indicazione europea per la tutela della popolazione dai rischi associati all’esposizione al radon indoor, precedente alla direttiva 2013/59/Euratom, era data dalla raccomandazione 90/143/Euratom della Commissione del 21 febbraio 1990 [39], la quale indicava i livelli di riferimento e di progettazione oltre i quali prevedere azioni di risanamento:

– 400 Bq/m3 per edifici già esistenti;

– 200 Bq/m3 per edifici di nuova costruzione.

 

Evoluzione normativa nazionale

Il decreto legislativo 17 marzo 1995, n.230, e in particolare il capo III bis introdotto con il decreto legislativo del 26 maggio del 2000, n.241, è la normativa italiana che fino all’entrata in vigore del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 regolava l’esposizione al radon nei luoghi di lavoro.

Il decreto legislativo 17 marzo 1995, n.230 prevedeva la misura della concentrazione di radon nei locali di lavoro sotterranei e nei locali di lavoro situati nelle aree geografiche a elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon.

Il compito di individuare le suddette aree era affidato alle Regioni e Province autonome, sulla base di linee guida e criteri emanati da una Commissione tecnica, che però non si è mai insediata.

Alcune Regioni hanno comunque effettuato apposite campagne di indagine nei rispettivi territori ed elaborato mappe territoriali, la Regione Toscana ha pubblicato sulla

Gazzetta Ufficiale (GU dell’8 gennaio 2013, n.6) l’avviso della pubblicazione della delibera di giunta regionale (DGRT) n.1019/2012 che individua un elenco dei Comuni identificati come zone a elevata probabilità di alte concentrazioni l’avviso della pubblicazione della delibera di giunta regionale (DGRT) n.1019/2012 di attività di radon.

Il decreto legislativo 17 marzo 1995, n.230 stabiliva inoltre un livello di azione pari a 500 Bq/m3 e un valore di dose efficace pari a 3 mSv/anno, valore oltre il quale il datore di lavoro provvedeva alla sorveglianza fisica del lavoratore ed effettuava interventi di risanamento.

Dal decreto era esclusa l’esposizione al radon nelle abitazioni.

 

Decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101

Il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 [40] “Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell’articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n.117.” prevede all’articolo 10, comma 1 l’adozione, mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del PNAR concernente i rischi dovuti all’esposizione al radon, inclusa la presenza del radon nelle abitazioni.

Principio di ottimizzazione e livelli di riferimento Il Piano, come tutto il sistema della radioprotezione, si basa sul principio di ottimizzazione, di cui all’articolo 1, comma 4, lettera b) del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101: “la radioprotezione di individui soggetti a esposizione professionale e del pubblico è ottimizzata allo scopo di mantenere al minimo ragionevolmente ottenibile le dosi individuali, la probabilità dell’esposizione e il numero di individui esposti, tenendo conto dello stato delle conoscenze tecniche e dei fattori economici e sociali”.

Il livello di riferimento è uno strumento applicativo dell’ottimizzazione, esso è definito all’articolo 7, definizione 86 dello stesso decreto come “…la concentrazione di attività al di sopra del quale non è appropriato consentire le esposizioni…”, infine, all’articolo 6 “Strumenti per l’ottimizzazione: livelli di riferimento” si stabilisce che “…L’ottimizzazione della protezione riguarda in via prioritaria le esposizioni al di sopra del livello di riferimento e continua a essere messa in atto al di sotto di detto livello”.

L’articolo 12 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 fissa i livelli di riferimento per le abitazioni e per i luoghi di lavoro.

Tali valori, espressi in termini di valore medio annuo della concentrazione di attività di radon in aria, sono:

– 300 Bq/m3 per le abitazioni esistenti;

– 200 Bq/m3 per le abitazioni costruite dopo il 31 dicembre 2024;

– 300 Bq/m3 per i luoghi di lavoro.

In accordo a quanto esposto sopra, dunque, i livelli di riferimento per le abitazioni e i luoghi di lavoro sono valori di concentrazione di attività di radon in aria al di sopra dei quali non è appropriato consentire l’esposizione e al di sotto dei quali è importante agire, al fine di mantenere l’esposizione al radon al livello minimo per quanto ragionevolmente ottenibile, tenendo conto delle più recenti conoscenze tecniche e dei fattori economici e sociali.

Il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, infatti, riporta all’articolo 19, comma 3 che per le abitazioni esistenti è prevista la promozione di interventi di risanamento per livelli di concentrazione superiori al livello di riferimento per gli edifici di nuova costruzione previsto nell’articolo 12.

A supporto di questa scelta va detto che l’esposizione nelle abitazioni a concentrazione di radon di 200 Bq/m3 corrisponde una dose efficace annua superiore a 6 mSv, cioè a un valore per il quale l’esposizione nei luoghi di lavoro è considerata un’esposizione pianificata e scattano una serie di prescrizioni finalizzate alla protezione dei lavoratori.

 

Approccio graduale e individuazione delle aree prioritarie

A partire dall’entrata in vigore del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, come indicato nell’articolo 11, comma 3, le Regioni e Province autonome, mediante metodologie documentate e sulla base di dati già disponibili, fanno una prima individuazione delle aree prioritarie, usando il criterio del 15%, cioè individuano quelle zone nelle quali la stima della percentuale di edifici che supera il livello di riferimento di 300 Bq/m3 è pari o superiore al 15%, procedendo quindi alla pubblicazione dell’elenco di tali aree sulla GU.

Le Regioni e le Province autonome, che non sono state in grado di procedere all’individuazione delle aree prioritarie secondo quanto indicato al comma 3 dell’articolo 11, entro due anni dall’adozione del Piano e sulla base delle indicazioni e dei criteri tecnici in esso contenuti, come stabilito dall’articolo 11, comma 1, individuano le aree prioritarie e cioè quelle zone in cui si stima che la concentrazione media annua di attività di radon in aria sia superiore al livello di riferimento in un numero significativo di edifici, secondo il criterio stabilito dal Piano.

L’individuazione delle aree prioritarie è lo strumento fondamentale di partenza per identificare le abitazioni e i luoghi di lavoro al pianoterra o al seminterrato, da sottoporre a risanamento.

L’implementazione degli interventi di risanamento sarà graduale ed è ragionevole assumere che nei primi anni di attuazione del PNAR, ne verranno eseguiti un numero significativamente inferiore rispetto agli anni successivi, in quanto allo stato attuale sono poche le aree prioritarie già individuate.

La disponibilità di informazioni consentirà nel tempo di modificare l’estensione delle aree prioritarie, e di prendere in considerazione un numero crescente di abitazioni e di luoghi di lavoro anche sulla base della modifica dei criteri di individuazione delle aree o di definizione delle priorità di intervento.

I dati acquisisti durante il periodo di attuazione del PNAR che riguardano le concentrazioni medie di radon negli edifici in Italia e la loro riduzione tracciata nel tempo, saranno utili per aggiornare anche la stima dei casi di rischio sanitario evitati nei 10 anni.

Queste stime, in aggiunta a delle valutazioni comparative di tipo costo-efficacia, permetteranno di ottimizzare sempre di più la protezione dagli effetti del radon.

 

Esposizione al radon nei luoghi di lavoro

Il valore del livello di riferimento, nei luoghi di lavoro, è fissato in 300 Bq/m3 in termini di valore medio annuo di concentrazione di attività di radon in aria e in 6mSv in termini di dose efficace annua o del corrispondente valore di esposizione integrata annua, in accordo a quanto indicato nella direttiva 2013/59/Euratom.

L’esercente è tenuto a effettuare la valutazione delle dosi efficaci annue o delle corrispondenti esposizioni integrate annue, qualora, nonostante gli interventi di risanamento, il livello di concentrazione media annua di attività di radon in aria superi il livello di riferimento di 300 Bq/m3.

Nel caso in cui i risultati della valutazione siano superiori al valore di 6 mSv/anno, l’esercente deve soddisfare a specifici obblighi del titolo XI come indicato nell’articolo 17 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101.

Al valore di dose efficace di 6 mSv, considerando il fattore convenzionale di conversione di 6,7ā10-9 Sv m3 /Bq h dell’International Commission on Radiological Protection (ICRP) 137 [41] e una durata lavorativa di circa 2000 ore anno, corrisponde una concentrazione media annua di attività di radon di circa 450 Bq/m3.

Analogamente al valore di esposizione integrata annua di 895 kBq h/m3, così come indicato nell’Allegato II, Sezione I del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, corrisponde il medesimo valore di concentrazione media annua di attività di radon.

Si evince dunque l’importanza delle misure di concentrazione di radon nei luoghi di lavoro così come indicato all’articolo 17 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101.

Il valore di riferimento di 6 mSv, in termini di dose efficace annua, è un valore che si applica solo nell’ambito dell’esposizione professionale al radon e non per l’esposizione nelle abitazioni.

 

Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025

Il “Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025” (PNP) del MS, adottato con l’intesa della Conferenza Stato-Regioni n.131 del 6 agosto 2020, Rep. Atti 127/CSR, rappresenta uno degli strumenti fondamentali di pianificazione degli interventi di prevenzione e promozione della salute.

Il PNP 2020-2025 mira a contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, e definisce un approccio combinato degli aspetti economici, sociali e ambientali che impattano sul benessere delle persone e sullo sviluppo delle società.

In quest’ottica il PNP prevede il Macro Obiettivo “Ambiente, clima e salute” volto alla promozione della salute mediante un approccio multidisciplinare, intersettoriale e coordinato per affrontare i rischi potenziali o già esistenti che hanno origine dall’interfaccia tra ambiente e salute.

Tra gli Obiettivi Strategici del Macro Obiettivo “Ambiente clima e salute”, trova spazio “…la promozione e implementazione delle buone pratiche in materia di sostenibilità ed eco-compatibilità nella costruzione/ristrutturazione di edifici, anche in relazione al rischio chimico e al radon.” (Macro Obiettivo 5 – Obiettivo Strategico 7).

Ogni Regione e Provincia autonoma è stata chiamata ad adottare il PNP e a predisporre e approvare un proprio Piano locale (Piano Regionale della Prevenzione – PRP), entro il 31 dicembre 2021.

Tutte le Regioni e Province autonome, allo stato attuale, hanno adottato il proprio PRP, declinando contenuti, obiettivi e linee d’azione (Tabella 6).

Nell’ambito di applicazione dei propri PRP, le iniziative che le Regioni e Province autonome avvieranno per la promozione e implementazione delle buone pratiche in materia di sostenibilità ed eco-compatibilità nella costruzione/ristrutturazione di edifici in relazione al rischio chimico e al radon, potranno essere di supporto all’attuazione delle azioni previste all’interno del PNAR.

 

Leggi regionali

Negli ultimi anni alcune Regioni e Province autonome si sono dotate di Leggi regionali (L.R.) in materia di radioattività naturale.

La normativa regionale (L.R. o altri provvedimenti come le Delibere di Giunta Regionale – D.G.R.) ha trattato alcuni aspetti, con un approccio delimitato ai confini amministrativi regionali che ha prodotto un risultato eterogeneo sul territorio nazionale.

Un quadro generale della normativa regionale è riportato in tabella 6.

Capitolo 2.1 Lavori di preparazione

 

Lavori propedeutici

Dopo l’emanazione del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, ai sensi dell’articolo 10, il MS e il Ministero della transizione ecologica (MiTE, ora Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica – MASE) hanno avviato i lavori per la predisposizione del PNAR.

La Direzione per la prevenzione sanitaria del MS e la Direzione per la crescita sostenibile e la qualità dello sviluppo dell’ex MiTE hanno istituito un gruppo di lavoro tecnico per la redazione di una proposta di Piano.

Le attività del gruppo di lavoro sono iniziate, nelle more della sottoscrizione del decreto, nel mese di gennaio 2021.

Il lavoro è avvenuto quasi interamente da remoto, nel rispetto delle limitazioni governative imposte dall’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus.

 

Gruppo di lavoro tecnico

Il gruppo di lavoro tecnico è composto da rappresentanti dei due Ministeri proponenti e da rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS), del Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili (MIMS, ora Ministero dele infrastrutture e dei trasporti – MIT), del Ministero dello sviluppo economico (MiSE, ora Ministero delle imprese e del made in Italy – MIMIT) (hanno partecipato alle attività del gruppo di lavoro gli esperti della Direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica – DGAECE le cui funzioni sono state successivamente attribuite al MiTE, ora MASE), della Conferenza Stato-Regioni (CSR), dell’ISIN e dell’ISS.

Il 15 marzo 2021 è stato formalizzato, con decreto n. 75 del MS e del MiTE, il gruppo di lavoro tecnico [42].

Inizialmente, ha avuto luogo un’approfondita ricerca bibliografica.

I Piani radon disponibili di altri Paesi europei e non, e le pubblicazioni scientifiche in materia, sono stati raccolti e analizzati.

In questa prima fase di lavoro sono stati individuati i contenuti del Piano.

Per definirli, nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria, sono stati presi in considerazione i quattro elementi presenti nell’articolo 10, comma 2 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, i quali sono stati integrati con i quindici punti contenuti nell’allegato III dello stesso decreto, che recepisce l’allegato XVIII della direttiva 2013/59/Euratom e dal quale, anche in questo caso, provengono degli obblighi comunitari.

Dalla valutazione di questi elementi cardine e dallo studio delle pubblicazioni internazionali, come ad esempio il documento Radiation Protection n.193 “Radon in workplaces” [43] che all’allegato III presenta l’esempio di struttura di un Piano nazionale radon, sono stati identificati gli argomenti da trattare all’interno del Piano.

Gli argomenti sono stati raggruppati in tre macro aree, dette Assi, che sono state nominate: Misurare, Intervenire, Coinvolgere.

All’interno delle macro aree sono state inserite le Azioni, individuate sulla base del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, che rappresentano quegli argomenti, risultato delle valutazioni descritte, e che compongono la struttura del presente Piano.

La struttura delle Azioni, il loro format e i contenuti sono stati discussi, concordati e decisi.

Stabilito il format, nelle settimane seguenti, ognuna delle schede è stata approfondita, valutata, e quindi redatta in prima stesura.

Le Azioni sono state discusse, in una fase collegiale di lettura.

Il gruppo di lavoro, sulla base dei suggerimenti e delle osservazioni, ha provveduto a una revisione delle azioni del Piano, integrando le proposte.

La seconda stesura è stata messa a disposizione per gli ulteriori approfondimenti e miglioramenti del caso, in una nuova ottica integrata dalla conoscenza di un primo quadro complessivo del Piano.

La necessità di rendere il Piano attuabile ha suggerito di produrre degli elaborati tecnici presenti in Appendice, per una prima applicazione. Contemporaneamente le parti generali e di sintesi sono state redatte ed è stata concordata la veste grafica.

Quindi la proposta di Piano è stata presentata per l’acquisizione dei pareri previsti, la successiva notifica alla Commissione europea, ai sensi dell’articolo 33 del Trattato che istituisce la Comunità europea per l’energia atomica (Trattato Euratom) e, infine, l’adozione con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Capitolo 2.2 Obiettivi

 

Finalità generali

La finalità del PNAR è la riduzione dei rischi di lungo termine attribuibili all’esposizione al radon.

Tale obiettivo deriva direttamente dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 che:

– all’articolo 10, comma 1 prevede l’adozione del PNAR, concernente i rischi di lungo termine dovuti all’esposizione al radon, in recepimento dell’articolo 103 della direttiva

2013/59/Euratom;

– al punto 14 dell’Allegato III stabilisce che il Piano prenda in considerazione “Obiettivi di lungo termine in termini di riduzione del rischio di cancro dei polmoni attribuibile

all’esposizione al radon (per fumatori e non fumatori)”.

La finalità è coerente con le indicazioni internazionali del documento del World Health Organisation (WHO) “WHO Handbook on Indoor Radon – A Public Health Perspective” [1], delle numerose iniziative IAEA in materia [69] e del recente Piano europeo di lotta contro il cancro “Europe’s Beating Cancer Plan” [44] presentato dalla Commissione Europea il 3 febbraio 2021, che nella sezione “Saving lives through sustainable cancer prevention”, sottosezione “Reducing exposure to hazardous substances and radiation” prevede che una delle 7 azioni sia “Support Member States in the implementation of the requirements of Council Directive on protection from ionising radiation, particularly from radon.”, da svolgersi nel periodo 2021–2025.

In maniera più generale tra i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) per lo Sviluppo Sostenibile [45], che contengono azioni importanti per le persone, il pianeta e la prosperità, ve ne sono vari che sono orientati nella stessa direzione del PNAR. I “Sustainable

Development Goals” (SDGs) con queste caratteristiche sono, ad esempio:

– Obiettivo 3: Salute e benessere, traguardo 3.9 “Entro il 2030, ridurre sostanzialmente il numero di decessi e malattie da sostanze chimiche pericolose e la contaminazione e inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo”

– Obiettivo 6: Acqua pulita e igiene, traguardo 6.3: “Entro il 2030, migliorare la qualità dell’acqua per ridurre l’inquinamento, riducendo al minimo il rilascio di sostanze chimiche e materiali pericolosi, dimezzare la percentuale di acque reflue non trattate e sostanzialmente aumentare il riciclaggio e il riutilizzo di sicurezza a livello globale”

– Obiettivo 8: Lavoro dignitoso e crescita economica, traguardo 8.8 “Proteggere il diritto al lavoro e promuovere un ambiente lavorativo sano e sicuro per tutti i lavoratori, inclusi gli immigrati, in particolare le donne e i precari.”

– Obiettivo 11: Città e comunità sostenibili, traguardo 11.6: “Entro il 2030, ridurre il negativo impatto ambientale pro capite nelle città, con particolare attenzione alla qualità dell’aria e gestione dei rifiuti urbani e di altro tipo”

È opportuno citare due pubblicazioni:

– “WHO Handbook on Indoor Radon – A Public Health Perspective” con la indicazione che la politica nazionale sul radon debba concentrarsi sull’identificazione delle aree geografiche in cui le popolazioni sono maggiormente a rischio di esposizione e sulla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui rischi provocati dal radon alla salute;

– ”Protection of the Public against Exposure Indoors due to Radon and Other Natural Sources of Radiation” dell’AIEA che prevede di stimare il successo di un programma d’azione per il radon sulla base della riduzione della concentrazione di radon negli edifici.

L’obiettivo del Piano si raggiunge attraverso una molteplicità di Azioni, ricondotte in 3 Assi, chiamati Misurare, Intervenire, Coinvolgere, e di Attività previste all’interno delle suddette Azioni realizzate con il coinvolgimento di differenti amministrazioni.

Data la multidisciplinarietà propria del fenomeno radon, la finalità principale del Piano si ottiene mediante la realizzazione di Azioni in ambiti molto diversi: dalla classificazione delle aree territoriali in cui si ritiene prioritario intervenire, alla disponibilità di servizi di dosimetria radon riconosciuti idonei e di esperti di interventi di risanamento adeguatamente formati, di indicazioni sugli interventi di risanamento e per la progettazione di nuovi edifici dotati di sistemi di prevenzione dell’ingresso di radon, alla sensibilizzazione dei proprietari delle abitazioni e alla possibilità di introdurre forme di incentivo economico, ecc.

Tutte le Azioni e le Attività contenute nel Piano concorrono, in modo diretto o indiretto, alla riduzione dei rischi di lungo termine dovuti all’esposizione al radon. La realizzazione parziale può inficiare la finalità generale del Piano e per questo motivo, a ciascuna Attività è stato associato un indicatore di risultato e il target previsto.

 

Obiettivi specifici

Per valutare l’efficacia generale del PNAR è necessario considerare che i programmi di riduzione del radon non generano vantaggi per la salute pubblica valutabili immediatamente, poiché il principale rischio per la salute è il cancro ai polmoni, che ha un tempo di espressione che può essere fino a 35 anni.

La riduzione dell’esposizione nelle abitazioni rappresenta un obiettivo importante in quanto l’esposizione al radon è generalmente molto maggiore nelle abitazioni che nei luoghi di lavoro, in media 3-5 volte di più, poiché si trascorre nelle abitazioni più tempo di quanto se ne trascorra nei luoghi di lavoro e la concentrazione di radon è generalmente superiore di notte.

Di conseguenza anche la maggior parte dei casi di tumore polmonare attribuibile al radon è dovuta alle esposizioni nelle abitazioni.

La riduzione delle concentrazioni di radon nei luoghi di lavoro è altrettanto importante ed è regolata da obblighi specifici a carico dei datori di lavoro riportati nel Titolo IV, Capo I, Sezione III del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101.

Gli obiettivi specifici di riduzione dell’esposizione al radon da realizzarsi nei prossimi 10 anni di durata del Piano sono:

a. la riduzione della concentrazione di radon nei luoghi di lavoro con concentrazione di radon superiore ai 300 Bq/m3, nel rispetto delle previsioni normative;

b. la riduzione della concentrazione di radon almeno nel 50% delle abitazioni, ricadenti nelle aree prioritarie nelle quali sia stata riscontrata una concentrazione di radon superiore ai 200 Bq/m3, dando priorità a quelle con concentrazione superiore a 300 Bq/m3;

c. la riduzione della concentrazione di radon almeno nel 50% delle abitazioni del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, ricadenti nelle aree prioritarie, con concentrazione di radon superiore ai 200 Bq/m3, dando priorità a quelle con concentrazione superiore a 300 Bq/m3;

d. la verifica che il livello di concentrazione di radon sia inferiore ai 200 Bq/m3 nelle abitazioni costruite dopo il 31 dicembre 2024.

Sulla base dei dati disponibili, ottenuti nella prima indagine condotta nelle abitazioni alla fine degli anni ’80 e riportati nel PNR del 2002, si stima che le abitazioni con una concentrazione di radon superiore ai 200 Bq/m3 siano il 4% delle abitazioni italiane, circa 800.000 abitazioni, quelle con concentrazione di radon superiori a 400 Bq/m3 siano l’1% e cioè circa 200.000, mentre la stima per i luoghi di lavoro che superano i 300 Bq/m3 è pari a circa 200.000 [15,18].

Le valutazioni della situazione ai fini del raggiungimento degli obiettivi specifici sono effettuate periodicamente dall’Osservatorio nazionale radon tramite appositi indicatori, tenuto conto del documento del WHO “Development of environment and health indicators for european union countries” [46] che sono:

– la stima, tramite adeguate indagini campionarie, del numero di abitazioni e luoghi di lavoro in cui vengono superati i livelli di riferimento;

– il numero di abitazioni e luoghi di lavoro in cui è stata misurata la concentrazione di radon; il numero di abitazioni e luoghi di lavoro in cui la concentrazione di radon misurata risulta superiore ai livelli di riferimento;

– la stima del numero di abitazioni e luoghi di lavoro, con concentrazioni di attività di radon misurate superiori ai livelli di riferimento, che siano state risanate con conseguente riduzione della concentrazione di radon.

Il livello di informazione e consapevolezza dei rischi per la salute dovuti al radon nella popolazione e tra i professionisti del settore edile e medico ha un ruolo importante. La consapevolezza può essere valutata sulla base del numero di richieste di informazioni o di richieste di misurazioni di radon da effettuare, oppure mediante indagini di mercato.

Uno dei fattori chiave per il successo del PNAR è lo sviluppo di strategie di informazione sui rischi dovuti al radon e sulle misure preventive e le azioni correttive e la previsione di un programma di riduzione del radon che richieda la collaborazione della popolazione.

Data la complessità, connessa anche alla fattibilità, della possibilità di modificare gli attuali livelli di riferimento e/o di prevedere comunque iniziative a livelli di radon inferiori, la materia sarà oggetto di studio da parte dell’Osservatorio nazionale radon che valuterà l’andamento dell’attuazione di tutte le Attività previste dal Piano e valuterà l’opportunità di proporre una modifica dei livelli di riferimento con la conseguenza di identificare e risanare un numero ancor più elevato di situazioni.

La fattibilità complessiva di questo ulteriore obiettivo di riduzione dei casi di tumore polmonare attribuibili al radon sarà, quindi, valutata a metà circa dall’implementazione di questo Piano, cioè dopo i primi 5 anni.

Infine, ma non per ultimo è necessario promuovere da subito la ricerca su metodi di risanamento semplici, applicabili a tali situazioni.

Costi e fonti di finanziamento

Tra gli elementi da prendere in considerazione nell’ambito della redazione e realizzazione del PNAR, il punto 6 dell’allegato III del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 include una valutazione delle risorse disponibili.

In merito, in primo luogo è da notarsi che l’articolo 245 del decreto medesimo prevede espressamente la clausola di invarianza finanziaria per la finanza pubblica e, in secondo luogo, è da tenere presente che, rispetto alla previgente normativa, i nuovi obblighi introdotti sono sostanzialmente quelli posti a carico delle Regioni e Province autonome che riguardano l’edilizia residenziale pubblica e le attività previste all’articolo 19.

La riuscita effettiva del presente Piano rimane subordinata alla volontà dei proprietari di abitazioni a intraprendere azioni di misurazione e alla disponibilità degli stessi a sostenere economicamente le eventuali conseguenti azioni di risanamento, per quanto le Regioni e Province autonome possano speditamente procedere alle misurazioni e alla definizione delle aree prioritarie.

A tal fine, oltre alle azioni di promozione e sensibilizzazione di nuovo poste principalmente in carico alle Regioni e Province autonome, sarebbe certamente utile l’introduzione di specifici incentivi economici statali o regionali, o anche l’introduzione di una voce specifica sul valore di concentrazione del radon nell’ambito della certificazione energetica già obbligatoria ex lege nei contratti di compravendita e locazione, almeno dal 1 gennaio 2025 quando ci si aspetta che in tutti gli edifici di nuova costruzione sia rispettato il valore di 200 Bq/m3, anche a fini di equità del mercato immobiliare.

Per quanto riguarda il risparmio o efficientamento energetico, sono disponibili vari incentivi economici che hanno recentemente dato un notevole impulso agli interventi sugli edifici.

Come è stato dimostrato da diversi studi [47,48,49], tali interventi possono produrre un aumento della concentrazione di radon se realizzati con modalità che non tengono conto del loro impatto sulla concentrazione di radon indoor e se non vengono contemporaneamente abbinati interventi di risanamento da radon.

Questo può rappresentare un problema rilevante per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell’esposizione al radon e dei casi di tumore polmonare associati.

Gli interventi riguardanti l’efficientamento energetico degli edifici devono quindi tenere conto del radon affinché nell’ambito del medesimo intervento edilizio si abbia un miglioramento dal punto di vista sia energetico sia dell’esposizione al radon.

Per aiutare le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano a procedere con le campagne di misurazione della concentrazione di radon indoor per individuare le aree prioritarie di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101 e per avviare gli interventi di riduzione e prevenzione della concentrazione di radon indoor, è stata promossa l’istituzione di appositi Fondi economici.

Con il decreto-legge 13 giugno 2023, n. 69 “Disposizioni urgenti per l’attuazione degli obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano” convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 103 sono stati istituiti due Fondi.

– Il Fondo per l’individuazione delle aree prioritarie di intervento, istituito presso il MASE, volto a finanziare programmi di misurazione della concentrazione media annua di attività di radon in aria da parte delle Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025.

Con uno o più decreti del MASE di concerto con i ministri della salute e dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e di Bolzano, verranno stabiliti i criteri e le modalità di utilizzo del Fondo.

– Il Fondo, istituito presso il MASE, finalizzato a finanziare la progettazione e l’attuazione di interventi di riduzione e prevenzione della concentrazione di radon in ambienti chiusi, in particolare mediante attività di monitoraggio, analisi, rilevamento geologico, bonifica e risanamento delle costruzioni dalla sostanza inquinante, in eventuale sinergia con i programmi di risparmio energetico e di qualità dell’aria in ambienti chiusi, con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2031.

Il Fondo verrà assegnato alle Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano sulla base dell’individuazione delle aree prioritarie e secondo i criteri stabiliti con uno o più decreti del ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con i ministri della salute, dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e di Bolzano.

Capitolo 2.3 Struttura del Piano

 

Il presente Piano si sviluppa intorno a tre assi strategici: misurare, intervenire, coinvolgere

– Asse 1 – Misurare;

– Asse 2 – Intervenire;

– Asse 3 – Coinvolgere. Asse 1.

Le misurazioni delle concentrazioni di radon indoor sono un fattore determinante per la valutazione della situazione territoriale nazionale e per considerare lo stato di fatto sul quale intervenire.

L’Italia ha, in alcuni casi, accumulato un ritardo in questo campo: sia nella conoscenza del territorio sia nell’adozione delle misure necessarie a prevenire e ridurre il fenomeno.

Recuperare questo deficit e promuovere indagini è essenziale per migliorare il contrasto alle situazioni di maggior esposizione e iniziare a intervenire in tali situazioni.

Con questo spirito, l’Asse 1 definisce e raccoglie le azioni dedicate a fornire indicazioni sulle indagini, sui protocolli di misurazione e sulla gestione dei dati di concentrazione di radon indoor, sui livelli prestazionali e le modalità operative e gestionali dei servizi di dosimetria, sulla individuazione delle aree prioritarie, sui luoghi di lavoro e sulle attività lavorative a maggior rischio di esposizione.

Asse 2. Per contrastare i rischi legati al fenomeno del radon indoor è necessario agire per ridurre le emissioni inquinanti, prevenire e contrastare le concentrazioni più elevate di radon indoor, conoscere i rischi sinergici legati all’uso di tabacco e all’esposizione al radon, creare connessioni tra le attività del Piano e gli interventi di efficientamento energetico, migliorare la qualità dell’aria indoor e garantire la sicurezza nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro.

L’Asse 2 raggruppa le azioni per ridurre il rischio di esposizione al radon e promuove i sistemi di prevenzione e riduzione negli edifici esistenti e nei nuovi edifici con indicazioni sulla loro progettazione, individua i materiali da costruzione che potrebbero esalare radon, fornisce indicazioni per la qualificazione degli esperti di risanamento.

Asse 3. Il terzo Asse strategico è dedicato alla comunicazione.

Le azioni previste promuovono la diffusione della conoscenza del fenomeno radon attraverso strategie comunicative efficaci e mirate che prevedono lo sviluppo di piani di formazione rivolti ai lavoratori e ai professionisti della pubblica amministrazione (PA), la realizzazione di progetti didattici rivolti agli studenti, la possibilità di utilizzare forme partecipative da parte del cittadino e la promozione, infine, di azioni diffuse di riduzione dell’esposizione al radon nelle abitazioni.

Una Azione prevede l’istituzione dell’Osservatorio nazionale radon che, attraverso un monitoraggio dell’attuazione delle Azioni del Piano, supporta e integra le attività previste.

Ognuno dei tre Assi ha un obiettivo che si raggiunge attraverso l’attuazione delle Azioni previste.

Ogni Azione ha indicatori in grado di definirne lo stato e a essi sono associati i tempi di realizzazione.

Schema funzionale della struttura

Come già detto, gli Assi identificano le macro aree strategiche, ciascuno degli Assi è strutturato in Azioni, a loro volta articolate in Attività.

Ogni Azione è composta da una parte descrittiva e da una scheda nella quale sono indicate le specifiche Attività previste per la sua attuazione, gli obiettivi, il contesto normativo di riferimento, i soggetti destinatari a cui l’azione è rivolta, i prodotti intesi come risultato concreto dell’azione, gli indicatori per quantificare o individuare il raggiungimento dei risultati attesi, il target per misurare l’esito di realizzazione dell’obiettivo di azione, il soggetto che la coordina, i partecipanti coinvolti e un cronoprogramma con i tempi di realizzazione previsti.

Il PNAR segue una programmazione decennale per cui le Attività relative alle specifiche Azioni sono state previste in un cronoprogramma che tiene conto dell’intera durata del Piano.

Nel periodo di durata del Piano, qualora dovessero insorgere necessità, sono previste proposte di aggiornamento del Piano e variazioni delle Attività del Piano.

 

Partecipazione delle Regioni e Province autonome e delle ARPA/APPA

La partecipazione delle Regioni e Province autonome è garantita da due loro rappresentanti per ogni Azione quando prevista. Le nomine sono definite dalla Conferenza delle Regioni e comunicate al coordinatore dell’Azione entro 60 giorni dall’entrata in vigore del Piano o, in caso di coordinamento dell’Azione, è comunicata ai partecipanti.

Il Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), di cui alla legge 28 giugno 2016 n.132, nello stesso modo, designa due rappresentanti delle ARPA/APPA per ognuna delle azioni nelle quali è prevista la partecipazione delle Agenzie e la comunica al Coordinatore dell’azione entro 60 giorni dall’entrata in vigore del Piano.

Capitolo 3.1 Asse 1. Misurare: individuazione delle situazioni di maggiore esposizione

 

Asse 1 – Premessa

La conoscenza della distribuzione spaziale dei livelli di radon, pur se al momento non completa ed esaustiva a livello nazionale, è un’informazione di partenza essenziale per caratterizzare il territorio e per individuare elementi di conoscenza indispensabili a definire politiche di prevenzione e protezione sanitaria della popolazione.

I campionamenti e le misurazioni costituiscono la fase di acquisizione dati che consente di individuare le situazioni di maggiore rischio e di indirizzare gli interventi di pianificazione e di risanamento secondo le differenti situazioni di esposizione.

Per avere risposte adeguate ed efficaci, è utile poter disporre di strumenti che diano chiare indicazioni sui metodi di misura, sui livelli prestazionali e le modalità operative e gestionali dei servizi di dosimetria e sulle procedure da seguire per caratterizzare il territorio e monitorarlo.

La caratterizzazione geologica del territorio è solo uno dei passaggi utili a definire una relazione di causa effetto, per ampliare le conoscenze sulle caratteristiche maggiormente influenti sui livelli di radon indoor.

La trasmissione di gas tra sottosuolo e superficie avviene grazie alla porosità delle rocce (permeabilità primaria), alle faglie e ai sistemi di fratturazione (permeabilità secondaria) anche se sono molteplici e diversi i fattori che condizionano la presenza di radon indoor, tra cui le caratteristiche dell’edificato o la presenza di alcuni materiali da costruzione.

 

Asse 1 – Situazione in Italia

Negli anni scorsi numerose Regioni e Province autonome hanno condotto campagne di misurazione del radon all’interno degli edifici, riportate in Tabella 8.

Nonostante i differenti criteri seguiti da ognuna di loro per le indagini, i risultati sono stati utili per costruire un primo livello conoscitivo a livello regionale che ha permesso di ottenere report statistici, mappe tematiche sulla distribuzione di radon e di eseguire monitoraggi.

 

Asse 1 – Obiettivo

Lo scopo principale è individuare le aree prioritarie attraverso la caratterizzazione omogenea dell’intero territorio nazionale e individuare le attività lavorative, i luoghi di lavoro e gli edifici esposti a maggior rischio.

A tal fine è opportuno sviluppare una metodologia standardizzata per la pianificazione delle campagne di indagine e per le tecniche di campionamento e di misura in ambienti chiusi, con modalità per le misurazioni e indicazioni dei livelli prestazionali e delle modalità operative e gestionali dei servizi di dosimetria, finalizzati a ottenere dati coerenti e affidabili su tutto il territorio nazionale, utili per valutare e attuare strategie di intervento e a ridurre le situazioni di rischio.

 

Azione 1.1 Metodologie e strategie per lo svolgimento di campagne di misurazione del radon indoor

Questa Azione prevede indicazioni di prima applicazione in Appendice

Azione 1.1 – Premessa

L’articolo 10, comma 2, lettera b) del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 indica che il Piano, conformemente all’allegato III, individua i criteri per la classificazione delle zone in cui si prevede che la concentrazione di radon, come media annua, superi il livello di riferimento nazionale in un numero significativo di edifici. Lo stesso decreto, all’articolo 11, prevede specifiche disposizioni per l’individuazione delle aree in cui si stima che la concentrazione media annua di attività di radon in aria superi il livello di riferimento in un numero significativo di edifici, nonché per la definizione delle priorità d’intervento dei programmi specifici di misurazione.

L’articolo 19, comma 2 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 stabilisce che le Regioni e Province autonome provvedono ad intraprendere, nelle aree prioritarie di intervento ai sensi dell’articolo 11, specifici programmi di misurazione della concentrazione di radon nel patrimonio di edilizia residenziale pubblica, adottando conseguentemente misure correttive.

Il comma 1 del medesimo articolo stabilisce che le Regioni e le Province autonome promuovono campagne e azioni, nelle aree definite prioritarie, per incentivare i proprietari di immobili adibiti a uso abitativo, aventi locali situati al pianterreno o a un livello semi sotterraneo o

sotterraneo, a effettuare la misura della concentrazione di radon.

Tali indicazioni derivano dall’esigenza di individuare le situazioni di maggiore esposizione e di favorire l’adozione di opportune misure di risanamento finalizzate alla riduzione della concentrazione di radon e in definitiva del rischio associato all’esposizione al radon.

I risultati delle indagini contribuiscono a incrementare il quadro conoscitivo, al fine di rendere progressivamente più accurata la conoscenza della distribuzione dei livelli di radon sul territorio e la conoscenza della esposizione della popolazione.

 

Azione 1.1 – Situazione in Italia

Negli anni ’90, è stata completata una indagine nazionale sulla concentrazione di radon nelle abitazioni coordinata dall’ISS e dall’ISIN (allora ANPA). L’indagine è stata realizzata con la collaborazione degli assessorati della sanità delle Regioni e Province autonome con una impostazione e metodologie comuni definite a livello centrale.

Le Regioni e Province autonome, attraverso i CRR, trasferiti successivamente alle ARPA/APPA, hanno pertanto acquisito le competenze per la progettazione e la realizzazione di indagini sul proprio territorio. [51,52]

Negli anni successivi, le Regioni e Province autonome hanno promosso e realizzato ulteriori indagini, finalizzate ad approfondire la conoscenza della distribuzione del radon sul territorio e finalizzate all’individuazione delle aree a maggiore probabilità di elevate concentrazioni di radon ma anche indagini nelle scuole e, in taluni casi, negli ambienti di lavoro.

 

Azione 1.1 – Obiettivo

L’obiettivo di questa Azione è fornire strategie di riferimento comuni e condivise per la realizzazione di indagini territoriali volte all’individuazione delle aree prioritarie e all’individuazione degli edifici con concentrazioni di radon superiori al livello di riferimento.

In particolare dovranno essere indicate le informazioni a corredo della misurazione di concentrazione che sono utili non solo per la individuazione delle maggiori esposizioni, ma anche per un arricchimento delle conoscenze finalizzato a una sempre migliore caratterizzazione del territorio e della valutazione della esposizione.

 

Azione 1.2 Indicazioni e criteri per la caratterizzazione del territorio su base geologica

Questa Azione prevede indicazioni di prima applicazione in Appendice

Azione 1.2 – Premessa

La conoscenza della distribuzione geografica dei livelli medi di radon negli edifici è fondamentale per impostare politiche ottimizzate di riduzione dell’esposizione della popolazione al gas radon.

Tale conoscenza deriva dalle misure della concentrazione di radon effettuate negli edifici, opportunamente valutate e analizzate.

A supporto possono essere presi in considerazione criteri e informazioni di natura litologica così come di permeabilità e di orientamento dei pendii.

Queste valutazioni hanno tipicamente una valenza qualitativa, poiché i numerosi fattori che influenzano la variabilità non consentono di stabilire una correlazione quantitativa fra le caratteristiche geolitologiche del substrato di roccia e terreno e il livello di radon indoor.

 

Azione 1.2 – Situazione in Italia

Negli ultimi 30 anni diverse iniziative hanno studiato le correlazioni fra la concentrazione di radon indoor e le informazioni provenienti dalla cartografia litologica e anche da misurazioni effettuate nel suolo.

Si tratta di studi spesso riferiti a zone specifiche o in alcuni casi a Regioni, e hanno visto convolti enti pubblici locali e università.

Oltre a individuare alcuni parametri geologici che contribuiscono a determinare i livelli medi di concentrazione di radon indoor, si è puntato anche a utilizzare queste informazioni per colmare parzialmente la mancanza di misurazioni di concentrazioni di radon.

 

Azione 1.2 – Obiettivo

L’obiettivo da perseguire nell’ambito di questa Azione è di definire criteri e indicatori di natura geologica per supportare le attività del PNAR, in particolare l’individuazione delle aree prioritarie e l’analisi successiva dei dati.

Le attività qui indicate non devono essere direttamente impiegate, in completa sostituzione delle misure, per l’individuazione delle aree ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, ma possono essere di supporto a tale individuazione.

Per raggiungere l’obiettivo vanno censiti gli approcci geologici in Italia e all’estero riconducibili alle politiche di riduzione dei rischi a lungo termine dovuti all’esposizione al radon.

Parallelamente, utilizzando i dati esistenti, vanno elaborate mappature di confronto fra radon indoor e indicatori di natura geologica.

Considerata la differente disponibilità di dati geologici a livello nazionale, è opportuno puntare a un approccio di primo livello, che consenta la definizione di semplici indicatori litologici già disponibili su tutto il territorio nazionale, correlabili con concentrazioni di radon indoor potenzialmente elevate. Inoltre si lavora anche a un livello più fine, per definire gli indicatori geologici e il loro utilizzo ai fini dell’individuazione di zone caratterizzate da un’esposizione al radon potenzialmente elevata su una scala più di dettaglio.

Per questo verranno prodotte delle mappe.

Azione 1.3 Individuazione delle tipologie di luoghi di lavoro, di attività lavorative e di edifici con accesso del pubblico a maggior rischio

Questa Azione prevede indicazioni di prima applicazione in Appendice

Azione 1.3 – Premessa

I luoghi di lavoro possono differire in termini di caratteristiche strutturali, di parametri microclimatici, di occupazione del personale, modalità organizzative, ecc.: sulla base di questi e altri fattori, è necessario identificare quali situazioni possono comportare elevate esposizioni al radon.

Per un’efficace controllo sull’esposizione dei lavoratori al radon, la direttiva 2013/59/Euratom e il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, individuano alcune situazioni di particolare interesse dal punto di vista della radioprotezione (luoghi di lavoro interrati, luoghi di lavoro seminterrati e al piano terra in aree prioritarie, stabilimenti termali) ma rimandano al PNAR il compito di identificare “altre” tipologie di luoghi di lavoro ed edifici pubblici nonché “specifiche” tipologie di attività lavorative, che necessitano di un diverso approccio.

Il documento Radiation Protection n.193 “Radon in workplaces” [43] fornisce utili indicazioni per procedere a tale identificazione.

 

Azione 1.3 – Situazione in Italia

Ad oggi non è nota la distribuzione dei livelli di radon nelle diverse tipologie di luoghi di lavoro o associata a specifiche lavorazioni su base nazionale.

Negli anni passati sono state eseguite diverse indagini nazionali in particolari luoghi di lavoro sotterranei [53, 54] e indagini su base regionale o provinciale volte a valutare la concentrazione media di radon negli edifici scolastici e in diverse tipologie di luoghi di lavoro [55].

A seguito di quanto previsto dalla normativa precedente (decreto legislativo 26 maggio 2000, n.241[23]), sia pur parzialmente applicata, diverse centinaia di comunicazioni di superamento del livello di azione in luoghi di lavoro sotterranei sono state raccolte nell’Archivio Nazionale, di cui all’articolo 10-quater del decreto legislativo 26 maggio 2000, n.241, istituito presso il MLPS: una sintesi dei dati è presentata nella tabella 9 [56, 57].

In particolare, in tabella è riportata la distribuzione percentuale delle comunicazioni di superamenti del livello di azione su base regionale, la descrizione dei settori lavorativi e l’intervallo di concentrazione di radon riportato nella relazione tecnica trasmessa.

L’applicazione della normativa precedente, decreto legislativo 26 maggio 2000, n.241, ha anche posto in evidenza che in alcune situazioni lavorative un approccio graduale basato sulla valutazione della concentrazione di radon media annua è di non facile applicazione e che laddove gli interventi di risanamento non sono sufficientemente efficaci o non applicabili si deve procedere alla valutazione dell’esposizione integrata o della dose efficace.

Il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, oltre ai luoghi di lavoro interrati e agli stabilimenti termali, all’articolo 16, comma 1, lettera c) introduce nel campo di applicazione “specifiche tipologie di luoghi di lavoro identificate nel Piano nazionale d’azione per il radon”.

Inoltre l’allegato III del medesimo decreto ai punti 3 e 4 indica la necessità di identificare sia le “tipologie di luoghi di lavoro”, che le “attività lavorative” a maggior rischio dal punto di vista del radon.

 

Azione 1.3 – Obiettivo

Il Piano fornisce una prima individuazione di speciali tipologie di luoghi di lavoro che rientrano nel campo di applicazione del decreto, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 16, comma1, lettera c).

Per alcune attività lavorative di interesse è necessario predisporre indicazioni tecniche per una valutazione accurata dell’esposizione cumulativa al radon o della relativa dose efficace, al fine di ottenere un’efficace protezione dei lavoratori dall’esposizione al radon.

Infine per identificare gli edifici a maggior rischio e con accesso del pubblico, si pianifica la realizzazione di un’indagine su base nazionale.

 

Azione 1.4 Registrazione dei dati sulla concentrazione di radon

 

Azione 1.4 – Premessa

L’articolo 13 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, prevede che i dati sulla concentrazione media annua di attività di radon in aria nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro e le informazioni sulle misure di risanamento adottate, siano acquisiti tramite un’apposita sezione della banca dati della rete nazionale di sorveglianza della radioattività ambientale di ISIN, alla quale sono trasmessi dalle ARPA/APPA, dalle Aziende sanitarie locali (ASL), dai servizi di dosimetria e dall’ISS tramite un sistema di interconnessione con l’Archivio Nazionale Radon (ANR [58]).

Questa banca dati costituisce lo strumento centrale di organizzazione, armonizzazione e condivisione dei dati, per conseguire gli obiettivi di coerenza territoriale delle aree prioritarie regionali, le attività di controllo e vigilanza, il monitoraggio dell’efficacia delle azioni intraprese nell’ambito del PNAR, nonché “per i programmi di valutazione, prevenzione e riduzione del rischio di insorgenza delle patologie conseguenti all’esposizione al radon” da parte di ISS; infatti assicura la raccolta centralizzata e il continuo aggiornamento dei dati prodotti a livello nazionale e consente agli enti e alle amministrazioni dello Stato di accedere ai dati e di averne la disponibilità per le rispettive finalità istituzionali

 

Azione 1.4 – Situazione in Italia

La disciplina previgente al decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 non prevedeva la raccolta dei dati sulla concentrazione media annua di attività di radon in aria nelle abitazioni civili, né una raccolta completa per i luoghi di lavoro.

 

Azione 1.4 – Obiettivo

L’obiettivo di questa Azione è garantire la disponibilità di dati e informazioni ai soggetti competenti nell’ambito del PNAR per le finalità del Piano stesso, per la definizione di scenari di partenza e di arrivo, per la valutazione dell’esposizione al radon, per l’analisi di informazioni a corredo delle misurazioni e per l’utilizzo dei dati georiferiti anche in relazione agli obiettivi di altre Azioni come la caratterizzazione del territorio su base geologica o il monitoraggio dell’efficacia delle azioni del PNAR.

 

Azione 1.5 Protocolli per la misurazione della concentrazione di radon indoor e la stima dell’esposizione integrata

 

Azione 1.5 – Premessa

Il rischio di esposizione al radon nei luoghi di lavoro o nelle abitazioni è valutato prendendo come parametro di riferimento la concentrazione media annua di radon in aria rispetto ai livelli di riferimento stabiliti dalla norma.

La relativa misurazione deve essere effettuata con metodiche affidabili.

A tal fine, l’Allegato II del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, definisce le modalità di esecuzione della misurazione di concentrazione media annua di attività di radon in aria nonché i requisiti minimi che i soggetti esecutori della misurazione devono rispettare, inclusa la riferibilità a campioni primari e a programmi di controllo della qualità.

 

Azione 1.5 – Situazione in Italia

Le misurazioni di concentrazione di radon nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle abitazioni a oggi effettuate in Italia e disponibili in letteratura o rapporti regionali, sono diverse decine di migliaia e per la maggior parte sono il risultato di attività di ARPA/APPA, INAIL, ISIN, e ISS, che hanno ormai maturato un’esperienza pluridecennale in tale ambito.

A queste si aggiungono le numerose ma non interamente censite misurazioni effettuate, su richiesta prevalente degli esercenti, per adempiere agli obblighi derivanti dalla normativa nazionale e regionale.

Il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 prevede che la misurazione della concentrazione di radon mediante rivelatori passivi abbia durata annuale, ma per scopi diversi o per ottenere informazioni in tempi più brevi sono state anche utilizzate misura di durata inferiore all’anno, talvolta riportate all’anno tramite un fattore correttivo, oppure con sistemi attivi invece che passivi.

Infatti l’utilizzo degli strumenti attivi ha recentemente subito un incremento in relazione alla diminuzione dei costi e all’aumento delle prestazioni.

 

Azione 1.5 – Obiettivo

L’obiettivo è garantire l’affidabilità delle misurazioni e di armonizzarla a livello nazionale, stabilire in quali casi possono essere utilizzate misurazioni di breve periodo o con sistemi attivi, e definire le modalità per stimare l’esposizione integrata annua in riferimento agli obblighi dell’esercente e a specifiche attività lavorative.

A tal fine le amministrazioni competenti stipuleranno appositi protocolli per:

– definire modalità e procedure condivise di misurazione della concentrazione media annua di radon negli ambienti chiusi, tenendo conto dei diversi tipi di strumentazione, delle diverse fasi della misurazione e dei controlli di qualità;

– disciplinare l’impiego dei rilevatori passivi e attivi con specifico riferimento agli ambiti di utilizzo in relazione alle diverse situazioni ambientali (luoghi di lavoro, abitazioni, scuole, ecc.) anche a integrazione dell’Allegato II del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101;

– stabilire criteri e procedure per il posizionamento, e modalità di gestione dei rivelatori durante il periodo di campionamento;

-indicare le situazioni nelle quali possono essere impiegate misurazioni di breve durata sia di tipo attivo che passivo;

– definire le modalità per stimare l’esposizione integrata annua in riferimento agli obblighi dell’esercente, di cui all’articolo 17, comma 4, e di tipologie di attività lavorative identificate nell’ambito dell’Azione 1.3 che necessitano di un diverso approccio.

 

Azione 1.6 Indicazioni riguardanti i livelli prestazionali e le modalità operative e gestionali dei servizi di dosimetria radon

 

Azione 1.6 – Premessa

L’articolo 7 dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, definizione n.128, definisce il servizio di dosimetria come una struttura o persona, riconosciuta idonea dalla autorità competente, preposta alla taratura, alle rilevazioni delle letture dei dispositivi di sorveglianza dosimetrica individuale o alla misurazione della radioattività nel corpo umano o nei campioni biologici oppure in altre matrici descritte nel decreto stesso.

Le misurazioni della concentrazione media annua di attività di radon in aria e la redazione delle relative relazioni tecniche devono essere pertanto effettuate da servizi di dosimetria riconosciuti ai sensi dell’articolo 155, tenuto conto delle indicazioni dell’articolo 127.

Il comma 3 dell’articolo 155 stabilisce che i servizi di dosimetria per le misurazioni del radon devono essere riconosciuti idonei nell’ambito delle norme di buona tecnica, tenendo anche conto delle decisioni, delle raccomandazioni e degli orientamenti tecnici forniti dalla Commissione europea o da organismi internazionali e con modalità stabilite con uno o più decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, sentiti i Ministri dell’ambiente e della sicurezza energetica e dell’interno, nonché l’ISIN, l’Istituto di metrologia primaria delle radiazioni ionizzanti e l’INAIL. Il comma 3 bis dell’articolo 155 stabilisce i requisiti minimi che i servizi di dosimetria e gli organismi di misura riconosciuti idonei devono rispettare.

Nelle more del riconoscimento, in base al comma 7 dell’articolo 17, sono definiti “organismi idoneamente attrezzati” quelli che soddisfano i requisiti minimi indicati nell’allegato II del decreto.

I servizi di dosimetria, inoltre, sono tenuti a comunicare all’ISIN i dati e le informazioni in loro possesso per l’integrazione degli stessi nell’apposita sezione della banca dati della rete nazionale di sorveglianza gestita dall’ISIN, di cui all’articolo 13.

 

Azione 1.6 – Situazione in Italia

Attualmente non è ancora operativo un sistema di riconoscimento dei servizi di dosimetria.

Prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, era previsto che le misurazioni della concentrazione di attività di radon, fossero effettuate da organismi idoneamente attrezzati ai sensi della precedente normativa che, però, non aveva previsto specifici requisiti.

Al fine di dare evidenza del possesso di idonei requisiti, diversi organismi pubblici e privati hanno, seppur non richiesto dalla normativa, volontariamente aderito al sistema italiano di accreditamento conforme al Regolamento europeo 765/2008.

 

Azione 1.6 – Obiettivo

L’obiettivo di questa Azione è quello di fornire orientamenti finalizzati alla definizione dei Livelli prestazionali e delle modalità operative e gestionali dei servizi di dosimetria radon.

In questa azione, si intende, altresì, prevedere le attività di supporto ai servizi di dosimetria radon ai fini del riconoscimento di idoneità.

 

Azione 1.7 Criteri per l’individuazione delle aree prioritarie

 

Azione 1.7 – Premessa

L’articolo 11 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, affida alle Regioni e Province autonome l’individuazione delle aree in cui si stima che la concentrazione media annua di attività di radon in aria superi il livello di riferimento in un numero significativo di edifici.

Tali aree sono definite “aree prioritarie”.

La definizione delle aree prioritarie è uno strumento propedeutico e funzionale all’attuazione dei conseguenti adempimenti previsti dal decreto in materia di protezione dal radon nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni e per gli ulteriori compiti affidati alle Regioni e Province autonome e alle amministrazioni competenti.

L’individuazione delle aree prioritarie è un processo dinamico soggetto a continue evoluzioni in funzione della disponibilità di nuovi dati e informazioni che si acquisiscono sul territorio e in funzione dello stadio di avanzamento delle attività di protezione dall’esposizione al radon.

Infatti, il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, ha previsto un primo criterio per la definizione di tali aree, applicabile da subito da parte delle Regioni e Province autonome e ha affidato al PNAR il compito di definire i criteri successivi come indicato all’articolo 10, comma 2, lettera b) e all’allegato III, punto 2 del suddetto decreto.

 

Azione 1.7 – Situazione in Italia

L’individuazione delle aree era stata prevista nel decreto legislativo 17 marzo 1995, n.230, come modificato dal decreto legislativo 26 maggio 2000, n 241 (articolo 10-sexies) ed era stata affidata alle Regioni e Province autonome.

L’individuazione avrebbe dovuto essere effettuata sulla base di linee guida e di criteri emanati da una Sezione speciale per le esposizioni a sorgenti naturali di radiazioni della Commissione tecnica di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n.230, poi soppresso in toto dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n.31, prima che detta Sezione speciale venisse istituita.

Tale circostanza non ha consentito l’emanazione delle linee guida e dei criteri per la definizione delle aree, inoltre non è stato possibile sottoporre a pareri dati e valutazioni tecnico-scientifiche che nel frattempo sono stati realizzati da alcune Regioni e Province autonome.

Il contesto nazionale si presenta, per questo specifico aspetto, in modo relativamente disomogeneo, con solo una parte di Regioni e Province autonome che hanno realizzato studi fino ad arrivare alla elaborazione di vere e proprie mappe del territorio, ma senza quella formalità che la norma prevedeva, lasciando di fatto inapplicata la norma stessa.

 

Azione 1.7 – Obiettivo

L’obiettivo di questa Azione è quello di definire i criteri di individuazione delle aree prioritarie successivi al criterio riportato all’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101. Detto criterio, subito applicabile dall’entrata in vigore del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, consiste nel ritenere prioritaria quell’area ove la stima della percentuale di edifici che supera il livello di 300 Bq m/3 è pari o superiore al 15%.

I criteri successivi a quello di cui all’articolo 11, comma 3 devono essere coerenti con gli obiettivi specifici di questo Piano nella individuazione e riduzione della concentrazione di radon nei luoghi di lavoro che superano i 300 Bq/m3 e nelle abitazioni esistenti che superano i 200 Bq/m3 (dando a ogni modo priorità a quelle ove si superano i 300 Bq/m3), e di fare in modo che negli edifici costruiti dopo il 31 dicembre 2024 sia garantito un valore non superiore a 200 Bq/m3.

Si applica quindi il seguente criterio, articolato in due fasi:

– dall’entrata in vigore del PNAR, il mantenimento del criterio di cui all’articolo 11, comma 3 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101;

– a partire dal VI anno dall’entrata in vigore del PNAR, l’inclusione tra le aree prioritarie di quelle zone in cui si stima che il superamento dei livelli di riferimento avvenga in un numero di edifici superiore al 10%.

Tale criterio si riferisce alla percentuale di superamento dei livelli di riferimento al piano terra (analogamente a quanto accade per il criterio di cui all’articolo 11, comma 3).

Validità, applicabilità ed efficacia di tale criterio saranno tenute costantemente sotto controllo dall’Osservatorio, e nel caso in cui l’Osservatorio, a seguito delle campagne e delle azioni promosse dalle Regioni e Province autonome degli interventi di risanamento radon e dell’applicazione del piano stesso, dovesse ravvisare l’opportunità di una sua revisione sarà formulata adeguata proposta alle amministrazioni competenti di revisione del Piano.

Capitolo 3.2 Asse 2. Intervenire: strumenti per la prevenzione e riduzione della concentrazione di radon indoor

 

Asse 2 – Premessa

La presenza del radon come elemento naturale e la sua diffusione, fanno sì che le problematiche a esso connesse siano legate agli ambienti più disparati, interessando aree geografiche estese o solo singoli edifici.

La provenienza del radon è principalmente dal suolo e dipende alla ubicazione degli edifici, anche se l’utilizzo di alcuni materiali nella costruzione o nei rivestimenti interni (lave, tufi, pozzolane e alcuni graniti) o la presenza d’acque ad alto contenuto di radon possono contribuire a incrementare notevolmente le concentrazioni di radon indoor.

La concentrazione di radon tende ad accumularsi negli ambienti chiusi con scarso ricambio d’aria raggiungendo talvolta valori anche molto elevati, mentre all’aperto il gas si disperde.

Elevate concentrazioni di radon sono un problema che riguarda soprattutto i locali di soggiorno in vicinanza del terreno (interrati, seminterrati) e in edifici costruiti su pendii, tuttavia possono essere interessate anche le abitazioni al piano terreno situate sopra cantine o ambienti vuoti e i piani superiori.

Qualsiasi parte di edificio a contatto con il terreno costituisce un potenziale punto di infiltrazione di radon.

La presenza di radon in alcuni materiali da costruzione pone l’attenzione sulla valutazione del loro impiego nelle opere edili.

Considerando il rischio sanitario per la popolazione connesso a una elevata esposizione al radon, per ridurre a livelli accettabili la concentrazione, è necessario intervenire sia attraverso l’applicazione di opportuni accorgimenti in fase di progettazione (per edifici di nuova realizzazione) sia mediante interventi di risanamento per gli edifici esistenti.

La complessità dell’argomento rende necessario che tali interventi siano seguiti da personale specializzato che abbia requisiti di competenza specifici.

L’effetto sinergico tra esposizione al radon e fumo di sigaretta, incrementa il rischio di contrarre il tumore al polmone [10, 59, 60] e questo richiede una serie di attività che portino a conoscenza di tale connessione la popolazione potenzialmente esposta.

 

Asse 2 – Situazione in Italia

Partendo dalle indagini svolte a livello regionale e dai numerosi studi condotti a livello nazionale e internazionale, sono state intraprese diverse iniziative dalle Regioni per supportare e promuovere gli interventi di risanamento e fornire linee guida sulle attività di prevenzione o di risanamento propedeutiche a ridurre le alte concentrazioni di radon indoor.

In tabella 6 è riportato un elenco delle iniziative condotte a livello regionale negli scorsi anni.

 

Asse 2 – Obiettivo

Per garantire un efficace sistema in grado di ridurre i rischi sanitari collegati all’esposizione al radon, è necessario un sistema che sia in grado di fronteggiare le situazioni di esposizione, definendo con interventi appropriati, un abbassamento dei valori di esposizione.

Considerando che non è possibile eliminare del tutto il radon dagli edifici, è però possibile intervenire, riducendo la sua concentrazione nell’aria degli ambienti interni, abbassando così anche il rischio connesso alla sua esposizione.

Per ottenere tali risultati sono necessarie indicazioni uniformi sul territorio nazionale, in grado di definire gli strumenti e le strategie da seguire.

Le conoscenze acquisite e i dati delle sperimentazioni fatte finora sono utili a definire una linea operativa di partenza, a livello nazionale, per stabilire criteri e modalità di realizzazione dei progetti di risanamento e dare indicazioni efficaci per la progettazione di nuovi edifici.

L’obiettivo dell’Asse è di intervenire attraverso le azioni di risanamento e di prevenzione negli edifici e una regolamentazione dell’uso di particolari materiali da costruzione.

Per gli interventi di risanamento è importante valutare le diverse alternative possibili, mentre nelle nuove costruzioni le misure preventive possono essere predisposte in fase progettuale valutandole in base ai diversi fattori d’incidenza e di caratterizzazione del territorio.

La scelta della specifica tecnica deve tener conto di una serie di fattori e quindi deve essere supportata da professionisti esperti, in grado di garantire un’adeguata protezione dal radon nell’ambito dei loro mandati di progettazione.

Una speciale attenzione è necessaria nei casi di efficientamento energetico, in particolari situazioni, per non incorrere nel rischio di un peggioramento della qualità dell’aria indoor e di un aumento della concentrazione di radon.

 

Azione 2.1. Indicazioni riguardanti gli interventi di risanamento

Questa Azione prevede indicazioni di prima applicazione in Appendice

Azione 2.1 – Premessa

La principale fonte di radon indoor è il suolo e per tale ragione i locali interrati o posti al piano terreno degli edifici sono in genere quelli più interessati dal fenomeno della diffusione del radon.

Ciò nonostante, la presenza di radon in alte concentrazioni, può riscontrarsi non solo nei piani a contatto con il terreno, ma anche in ambienti posti a livelli più elevati.

Infatti, in ogni edificio tende a crearsi una differenza di pressione nell’aria circolante, per effetto del gradiente termico, il cosiddetto effetto camino, che nei periodi invernali è accentuato dalla presenza degli impianti termici negli ambienti abitati.

Pertanto, laddove vi siano problematiche legate alla presenza di radon, questo tende a infiltrarsi naturalmente negli edifici, a partire dagli ambienti a contatto con il sottosuolo.

La presenza di vani scala/ascensori a diretto contatto degli ambienti sovrastanti, come pure installazioni impiantistiche di vario genere (prese d’aria, stufe e caminetti, ecc.), contribuisce ad aggravare l’effetto camino e favorisce inevitabilmente il propagarsi del radon.

Nella progettazione degli interventi di risanamento, dunque, una corretta impostazione deve sempre tener presente che, in linea generale, l’aria ricca di radon si insinua nell’edificio a partire dal livello fondazionale e dal sottosuolo, favorita da particolari scelte tecniche o situazioni preesistenti (ad esempio ampi scantinati con pavimentazione in pietra naturale), oppure dalle stesse soluzioni progettuali e distributive individuate nella costruzione, prime tra tutte la possibilità di una comunicazione diretta tra cantine e vani scale/ascensori.

Da non sottovalutare, poi, la presenza di particolari tecnici di dettaglio, determinati da quelle stesse lavorazioni che sono tipiche nelle costruzioni civili; si tratta di elementi apparentemente secondari che costituiscono, invece, altrettante vie preferenziali di infiltrazione del radon:

– presenza di crepe e di commessure negli elementi di costruzione a contatto col terreno (ad esempio: giunti in pavimenti e pareti);

– fori di passaggio di cavi e tubazioni;

– fognature;

– pozzetti di ispezione degli impianti;

– prese di luce.

In un’ottica di pianificazione degli interventi di risanamento di edifici esistenti è necessario adottare un approccio metodologico basato su elementi comuni:

– analisi tecnica della situazione iniziale della costruzione, basata in primis su misurazioni della concentrazione media annua di radon. In questa fase è da valutare l’opportunità di eseguire anche test di permeabilità del sottosuolo, o analisi delle pressioni in gioco (differenziale di pressione) e di misurazioni puntuali allo scopo di identificare i punti di ingresso del radon nell’ambiente che si sta considerando e, se del caso, anche misure in tempo reale di radon nel suolo;

– progettazione di specifici interventi di risanamento mirati al caso concreto;

– monitoraggio dei livelli di radon in tempo reale per valutare la risposta agli interventi in via di realizzazione, le dinamiche spaziali e temporali del gas e la possibilità di ottimizzare l’efficacia dell’intervento quanto più possibile (ad esempio temporizzazione del funzionamento dei sistemi attivi);

– misurazione della concentrazione di radon media annua in fase finale per valutare, nelle stesse condizioni dello screening iniziale, i livelli di radon raggiunti (verifica dell’efficacia degli interventi).

Azione 2.1 – Situazione in Italia

Per quanto riguarda la situazione degli edifici esistenti, in generale si può affermare che la presenza di concentrazioni elevate di radon è legata a vari fattori come la localizzazione in aree di origine vulcanica o su suoli fortemente permeabili, l’impiego di materiali da costruzione quali tufo, pozzolane, graniti oppure il tipo di attacco a terra, la tecnica costruttiva, ecc.

Infatti, dipendendo la concentrazione di radon da fattori caratterizzati da elevata variabilità, comprese persino le abitudini di vita, può non essere infrequente trovare edifici con elevata presenza di radon, pur in aree dove generalmente si riscontrano basse concentrazioni del gas.

Allo stato attuale, non risulta che le problematiche connesse al rischio radon abbiano trovato, a livello Nazionale, un campo comune di lavoro in ambito professionale e tecnico, né a livello di professionisti chiamati alla progettazione degli interventi, né a livello di imprese specializzate destinate alla realizzazione di tali interventi.

Si segnala che vari enti pubblici, sia a livello centrale, sia a livello regionale, hanno approfondito le conoscenze, ivi comprese le modalità tecniche di intervento per il risanamento di edifici esistenti.

In definitiva, è tangibile la necessità di condividere le esperienze tecniche già maturate sia in ambito internazionale [61] sia nazionale/regionale [62,63,64], per fornire orientamenti nella pianificazione degli interventi e correttamente indirizzare nelle progettazioni di dettaglio, utili Alle figure di riferimento identificate dalla norma ed in particolare all’ ”esperto in interventi di risanamento radon” ossia di colui che possiede le abilitazioni, la formazione e l’esperienza necessarie per fornire le indicazioni tecniche ai fini dell’adozione delle misure correttive.

 

Azione 2.1 – Obiettivo

L’obiettivo è identificare una metodologia di lavoro per la progettazione di interventi di risanamento che preveda di procedere gradualmente, inizialmente con misure di risanamento semplici ed economiche, o comunque soluzioni tecniche di carattere provvisorio (ad esempio, stuccatura sistematica di giunti e fessure con materiali speciali, isolamento attraverso un sistema di porte a tenuta stagna, areazione dei vespai sotto il pavimento e delle intercapedini, apertura di vani per garantire la ventilazione a livello di scantinati) e se del caso, con misure più complesse e definitive, che possono anche consistere nel solo completamento di quelle già attuate.

Tale obiettivo ha come finalità la fattibilità tecnica ed economica ossia poter favorire diverse migliaia di interventi di risanamento in Italia.

D’altra parte, la superiore esigenza di garantire la sicurezza e la salute delle persone, finalità del Piano stesso, come pure la continua ricerca di innovazione nell’ambito tecnico, costituisce un obiettivo importante, la cui realizzazione non può essere pienamente perseguita senza una stretta e simbiotica collaborazione tra mondo istituzionale e settore imprenditoriale e industriale.

Pertanto, individuata una adeguata base di informazioni comuni, quale presupposto tecnico per un sistematico approfondimento delle varie problematiche operative e applicative connesse al rischio radon, il lavoro si inquadra a livello nazionale in un’azione univoca e coerente di coinvolgimento e di sensibilizzazione di tutti gli operatori del settore delle costruzioni: professionisti, imprese, PA ed enti appaltanti.

Si sottolinea, ancora una volta, che gli interventi per la riduzione dell’ingresso del radon si avvalgono di tecniche di intervento abbastanza simili che rimandano agli stessi principi teoricoscientifici.

In tal senso, diviene parimenti imprescindibile mettere a disposizione degli operatori strumenti metodologici di pianificazione degli interventi tecnici, che consentano di poter intervenire efficacemente nel campo della riduzione dei rischi da radon.

 

Azione 2.2 Indicazioni per prevenire e ridurre l’ingresso del radon nel caso di nuove costruzioni e di ristrutturazioni

Questa Azione prevede indicazioni di prima applicazione in Appendice

Azione 2.2 – Premessa

La principale fonte di radon indoor è il suolo, ma anche i materiali da costruzione, il tipo di attacco a terra e la tecnica di costruzione hanno un ruolo importante nel favorire la diffusione naturale e l’accumulo di radon in aria degli ambienti interni.

Inoltre, i principali meccanismi di richiamo dal sottosuolo e di trasporto all’interno dell’edificio (effetto camino, effetto vento) sono oramai noti da tempo.

Queste conoscenze fanno sì che sia possibile, per le nuove costruzioni, individuare misure preventive atte a impedire l’ingresso o la diffusione del radon nell’edificio.

Il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, all’articolo 12 comma 1 lettera b), ha previsto che alle abitazioni costruite dopo il 31 dicembre 2024 si applichi il livello di riferimento pari a 200 Bq/m3 , come contrazione di radon media annua.

In un’ottica di pianificazione e di programmazione degli interventi di protezione preventiva (nuove costruzioni), si deve definire un approccio metodologico e una strategia di programmazione basata su elementi comuni:

– analisi tecnica della situazione iniziale della costruzione, ivi compresa la caratterizzazione del sedime di fondazione e l’effettuazione di misurazioni del livello di radon presente.

In questa fase è da valutare l’opportunità di eseguire anche test di permeabilità del sottosuolo o di analisi delle pressioni in gioco e, se del caso, anche misure in tempo reale di radon nel suolo;

– fase di pianificazione di massima degli interventi che comprendano, a seconda dei casi e ove possibile, la progettazione di misure di prevenzione rispetto all’ingresso del radon;

– fase di monitoraggio della concentrazione di radon non appena l’edificio entra in uso, allo scopo di verificare l’efficacia degli interventi realizzati o l’eventuale necessità di procedere alla loro ottimizzazione (ad esempio passando da un sistema passivo a uno attivo, già predisposto).

Da un punto di vista operativo, nelle condizioni più comuni o frequenti, la protezione preventiva dal radon nelle nuove costruzioni, come pure il risanamento delle costruzioni esistenti, fanno capo ad analoghi principi teorico-scientifici e contemplano il ricorso a tecniche di intervento sostanzialmente comuni.

In linea del tutto generale, pertanto, gli stessi accorgimenti progettuali considerati per le nuove costruzioni possono essere presi a riferimento anche nelle ristrutturazioni, ma nel caso di nuove costruzioni, le misure preventive possono essere opportunamente coordinate e individuate, presumibilmente anche con costi supplementari relativamente modesti.

In generale, infatti, gli interventi preventivi costano meno dei risanamenti da effettuare sulle costruzioni già terminate.

Azione 2.2 – Situazione in Italia

Allo stato attuale, a livello nazionale non si dispone di un campo comune di lavoro in ambito professionale e tecnico, né a livello di professionisti chiamati alla progettazione degli interventi, né a livello di imprese specializzate destinate alla realizzazione di tali interventi.

Si evidenzia, pertanto la necessità di mettere a fattor comune le esperienze tecniche già maturate a livello nazionale e internazionale per fornire orientamenti nella pianificazione degli interventi e, al contempo, correttamente indirizzare nelle progettazioni di dettaglio.

 

Azione 2.2 – Obiettivo

Per quanto ora esposto, si pone l’esigenza di individuare una adeguata base di documenti e informazioni comuni, che possa costituire il necessario presupposto tecnico su cui lanciare un sistematico approfondimento delle varie problematiche operative e applicative connesse al rischio radon.

Nelle nuove costruzioni è possibile limitare l’infiltrazione di radon con tecniche di costruzione a tenuta stagna e/o con misure sistematiche di sigillatura, queste misure solitamente hanno un impatto in termini economici e di fattibilità molto ridotto, quasi trascurabile rispetto ai costi e alla complessità di un progetto.

Le misure preventive che fanno ricorso alla ventilazione mirano a modificare la ripartizione della pressione tra interno ed esterno della costruzione, in modo da ostacolare l’infiltrazione dell’aria ricca di radon, impedendone o comunque limitandone la forte concentrazione.

Esse, tipicamente, si concentrano sulle seguenti metodologie: ventilazione dell’area sottostante l’edificio (ad esempio un sistema di aperture del vespaio o di “pozzetti radon” nel caso di attacco a terra); selezione e corretta applicazione di membrane a bassa permeabilità a livello dell’attacco a terra; opportuna progettazione di sistemi di ventilazione forzata/climatizzazione, ecc.

Nella progettazione di nuove costruzioni, il progettista ha necessità di conoscere quali informazioni sono necessarie a livello geotecnico in relazione al sedime di fondazione, permeabilità del suolo, ecc. In effetti, laddove si conosca perfettamente la situazione di partenza, si potrà meglio elaborare una strategia di intervento flessibile che permetta la scelta tra più soluzioni.

Inoltre bisogna tener presente che nel caso di nuove costruzioni, almeno laddove permangano incertezze sulla reale significatività del livello di rischio da radon da affrontare, un sano principio di efficiente pianificazione in termini progettuali, può essere quello di prevedere, in fase costruttiva, una serie coordinata di interventi e predisposizioni tali da poter realizzare, ove se ne presentasse la necessità, le misure per affrontare adeguatamente eventuali situazioni di criticità da radon che dovessero nel tempo sopravvenire.

Nel caso delle nuove costruzioni, molte scelte effettuate in fase di progettazione possono aumentare o diminuire l’ingresso del radon, per cui è importante che l’attenzione del progettista sia volta, da subito, anche a tale problematica, al fine di attuare, qualora dovessero presentarsi le condizioni, le misure protettive o preventive più adeguate ed efficaci.

Una corretta pianificazione delle metodologie progettuali riferite agli interventi di prevenzione dai rischi di radon nelle nuove costruzioni, come nei risanamenti negli edifici esistenti, deve essere inquadrata, a livello nazionale, in un’azione, univoca e coerente, di coinvolgimento e di sensibilizzazione di tutti gli operatori del settore delle costruzioni: professionisti, imprese, PA, enti appaltanti.

Infine, in particolare per le nuove costruzioni, una corretta progettazione deve comprendere, già a livello di programmazione e di pianificazione del progetto di massima (secondo le definizioni del Codice degli appalti, di cui all’articolo 23 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.5) la chiara identificazione dell’area di esecuzione delle opere, in termini di caratterizzazione rispetto alla concentrazione di radon (elevata, media, o irrilevante, con riferimento a una classificazione codificata a livello normativo nazionale).

Nel caso in cui l’area ricadesse in zona a significativa concentrazione di radon, occorre sin dall’inizio programmare l’adozione di specifiche misure preventive.

 

Azione 2.3. Identificazione di materiali da costruzione con maggiore esalazione di radon

 

Azione 2.3 -Premessa

I materiali da costruzione, se paragonati al sedime di fondazione, solitamente costituiscono una fonte assolutamente secondaria di radon negli edifici; anche se a volte ne possono rappresentare una fonte non trascurabile.

Il radon prodotto dai materiali da costruzione può propagarsi negli ambienti degli edifici per diffusione (esalazione), qualora detti materiali siano ricchi di elementi radioattivi cosiddetti progenitori, appartenenti alla serie naturale dell’238Uranio (in particolare 226Ra).

Il 226Ra si può trovare nelle rocce ignee d’origine vulcanica quali tufi, porfidi, graniti, pozzolane e in alcune argille; in Italia i materiali lapidei maggiormente radioattivi sono i materiali lavici del Vesuvio, la pozzolana, il peperino del Lazio e il tufo della Campania.

Pertanto, i materiali da costruzione “naturali” (pietre naturali) impiegati in edilizia civile possono contenere concentrazioni di radon non trascurabili, in quanto direttamente provenienti dalle rocce d’origine.

La presenza del radon si può riscontrare anche in materiali da costruzione ricavati dal riciclo o dal riutilizzo di residui di processi industriali che possono essere naturalmente ricchi di radionuclidi naturali soprattutto di 226Radio. Questi residui NORM (Naturally Occurring Radioactive Materials) sono spesso impiegati come additivi: cementi e ceramiche prodotti con scorie di alto forno o additivati con ceneri di carbone volanti (fly ash, sottoprodotto delle centrali elettriche a combustibile solido), sabbie zirconifere impiegate nella produzione di piastrelle, mattoni prodotti con i cosiddetti fanghi rossi (scarti della produzione dell’alluminio), gessi in quanto sottoprodotti dell’industria dei fosfati, cementi di origine pozzolanica, intonaci pozzolanici deumidificanti, malte di calce additivata con pozzolana. Inoltre, quanto più i materiali impiegati sono porosi o fratturati, tanto più facilmente rilasceranno gas radioattivi.

Naturalmente, la pericolosità di un determinato materiale da costruzione dipende anche dal suo specifico impiego nell’ambito dell’opera da realizzare, se materiale strutturale o di rivestimento, ovvero se utilizzato per ambienti interni o per realizzazioni all’esterno: è di tutta evidenza che nel secondo caso l’esposizione a radiazioni ionizzanti per la popolazione risulta certamente inferiore.

Infine, seppure in modo non sistematico, è stata analizzata la possibilità di correlazione tra concentrazione di radon negli ambienti, di abitazione o di lavoro e tipo di struttura portante dell’edificio (in particolare cemento armato/muratura portante): le elaborazioni disponibili non sembrano far emergere significativi fattori di correlazione.

Tutto ciò suggerisce la possibile suddivisione delle costruzioni in due categorie, come peraltro già codificato in diverse normative tecniche, sia europee che extraeuropee: edifici civili (a carattere in genere residenziale, ospedali, scuole, alberghi) ed edifici industriali (utilizzati per attività produttive).

Inoltre, gli stessi materiali da costruzione possono essere distinti in materiali strutturali e materiali decorativi (o architettonici), concependo una loro suddivisione in classi, sulla base dei livelli di radioattività dei materiali. Per questa via si può ipotizzare (in analogia a normative già in atto), una sorta di “restrizione” all’impiego di determinati materiali, ovvero un loro impiego diversificato: ad esempio, per i materiali architettonici, un uso come materiali da decorazione o per finiture di superfici interne, ovvero limitato alle superfici esterne; il tutto incrociato con la destinazione d’uso dell’edificio (civile o industriale).

Circa i parametri quantitativi su cui basare tale suddivisione dei materiali, si può ipotizzare il ricorso all’Indice di attività (I) individuato dalla Commissione Europea nel documento ”Radiation Protection 112 -Radiological Protection Principles concerning the Natural Radioactivity of Building Materials” [65], il quale tuttavia può rivelarsi non sempre utile nella definizione della reale pericolosità di un materiale in quanto possono esistere rocce a bassa esalazione (exhalation rates) ed elevato Indice. Tale indice, infatti, è usato come strumento di screening per valutare il contributo dei materiali da costruzione in termini di rateo di dose gamma.

Dalle osservazioni più sopra esposte, discende anche l’esigenza di pervenire a una sorta di certificazione dei materiali edilizi, in cui siano riportate dettagliatamente le concentrazioni di attività dei singoli radionuclidi contenuti nel materiale o prodotto da costruzione.

Da questo punto di vista le indicazioni presenti nell’articolo 29 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 potrebbero costituire una base di partenza anche per le problematiche di esalazione da radon.

Inoltre, l’opportunità di individuare idonee procedure di certificazione dei materiali in relazione alla presenza di radon, mette in evidenza l’esistenza di inevitabili problematiche di interazione con la regolamentazione europea in materia di marcatura CE per i prodotti da costruzione, di cui al Regolamento UE n.305/2011 – Regolamento Prodotti da Costruzione CPR) [66].

Al riguardo, si deve innanzitutto osservare che la direttiva 2013/59/Euratom e il suo recepimento con il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, includono le misure di protezione da emissioni da radon nei luoghi di lavoro e in edifici residenziali, ma non prevedono specifiche per la valutazione dei prodotti da costruzione. Pertanto, le indicazioni presenti nell’articolo 29 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, che richiedono di indicare l’indice di concentrazione delle emissioni gamma nella dichiarazione di prestazione del produttore ai sensi del Regolamento UE n.305/2011, risultano attualmente inapplicabili per le emissioni da radon ma una base da percorrere seguendo le tappe in linea con il Regolamento.

Il CPR, infatti, ha lo scopo di armonizzare le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti da costruzione, stabilendo le disposizioni per la descrizione della prestazione di tali prodotti.

Per raggiungere tale obiettivo occorre in prima battuta disporre di un sistema di specifiche tecniche armonizzate per definire i metodi di valutazione e di dichiarazione delle caratteristiche essenziali, che influiscono sulla capacità di un prodotto da costruzione di soddisfare i sette requisiti di base riferiti alle opere di costruzione. Per le emissioni da radon ci si riferisce specificamente al punto c “emissioni di radiazioni pericolose” del Requisito n.3:

“Igiene, salute e ambiente” in cui è richiesto che le opere da costruzione siano concepite e realizzate per non presentare minacce per la salute e non generare un impatto ambientale elevato nell’intero ciclo di vita.

Le specifiche tecniche armonizzate devono essere redatte percorrendo sinteticamente due strade:

– attraverso la preparazione di norme armonizzate redatte dal European Committee for Standardization/European Committe for Electrotechnical Standardization (CEN/CENELEC)

in base alle richieste («mandati») formulate dalla Commissione;

– attraverso la preparazione di Documenti per la Valutazione Europea (EAD) redatte dalla European Organization for Technical Assessment (EOTA) in mancanza di una norma armonizzata, oppure nel caso un prodotto, generalmente innovativo, si discosti dal campo di applicazione di questa o richieda un particolare metodo di verifica.

Solo attraverso queste due strade, sarà possibile per un produttore predisporre una Dichiarazione di Prestazione (DoP) per pervenire a una marcatura CE, che avrà caratteristiche di obbligatorietà in presenza di una norma armonizzata e rimarrà invece volontaria qualora un prodotto da costruzione rientrasse nel campo di applicazione di un EAD.

Dunque, in attesa di specifiche tecniche, l’obiettivo di pervenire a una certificazione dei prodotti da costruzione recante le informazioni sul contenuto da radon appare prematuro sebbene lo sviluppo di metodi di misura su tali e radiazioni sia previsto per un futuro a livello europeo in ambito CEN. Nel frattempo, le azioni riportate al paragrafo Obiettivo risultano strategiche e preparatorie per applicazioni future in linea con in CPR.

 

Azione 2.3 – Situazione in Italia

In questi ultimi anni ISS e INAIL hanno portato avanti un’attività di raccolta sistematica di informazioni circa l’emanazione e il rateo di esalazione di radon, oltre che sul contenuto di radioattività naturale nei materiali da costruzione utilizzati in Europa.

Per questa attività ISS e INAIL hanno creato un database contenente informazioni su circa 23000 campioni di materiali:

al suo interno sono stati raccolti dati di esalazione e di emanazione complessivamente su circa 2000 campioni (oltre 300 sono i dati sui materiali utilizzati in Italia). Quest’ultima raccolta costituisce di fatto il primo database europeo sui dati di emanazione e rateo di esalazione di radon da materiali da costruzione: i dati disponibili riguardano diverse categorie di materiali, in particolare mattoni, calcestruzzo, cemento, aggregati (fini e grossolani), materiali da costruzione di origine naturale sia per uso struttale che di rivestimento, residui industriali usati come componenti (fosfogesso, ceneri di carbone, scorie metallurgiche, ecc.), intonaci, ecc. [67, 68]

La disponibilità di queste informazioni costituisce un utile punto di partenza per mettere a punto attività efficaci da svolgere nell’ambito del PNAR.

 

Azione 2.3 – Obiettivo

Fine ultimo dell’azione è quello di pervenire, attraverso l’approfondimento delle varie problematiche che possono conseguire all’impiego di quei materiali da costruzione che presentano maggiori rischi di esalazione di radon, alla individuazione degli strumenti per indirizzare un idoneo impiego dei materiali da costruzione, sia strutturali che architettonici.

Tale attività deve poter interessare l’intera vita del prodotto/materiale, dalla sua produzione in fabbrica sino alla consegna, all’accettazione in cantiere e all’inserimento finale nell’opera.

A tal fine diviene importante perseguire il coinvolgimento e il coordinamento dei Ministeri competenti nella costituzione di gruppi di lavoro per la redazione di specifici documenti preparatori che forniscano delle basi condivise di valutazione in linea per una futura e corretta applicazione del Regolamento UE n.305/2011.

In termini operativi, le possibili attività possono essere così individuate:

– classificazione dei materiali da costruzione sulla base della potenziale esalazione di radon e conseguenti indicazioni tecniche sul loro utilizzo;

– messa a punto di una metodologia per stimare il rateo di esalazione di radon da campioni di materiali da costruzione;

– elaborazione di un modello per stimare il contributo dei materiali alla concentrazione di radon indoor (room model);

– coinvolgimento e coordinamento dei Ministeri competenti.

La costituzione di gruppi di lavoro per la redazione di specifici documenti dovrà tenere in considerazione gli approcci europei del CEN per una corretta applicazione del Regolamento UE n.305/2011, in vista di una auspicata armonizzazione.

 

Azione 2.4 Indicazioni riguardanti la formazione e la qualificazione degli esperti in interventi di risanamento radon

Questa Azione prevede indicazioni di prima applicazione in Appendice

Azione 2.4 – Premessa

La figura dell’«esperto in interventi di risanamento radon» è stata introdotta dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101. L’articolo 7, definizione n.40 di detto decreto legislativo identifica nell’esperto in interventi di risanamento radon, colui che possiede le abilitazioni, la formazione e l’esperienza necessarie per fornire le indicazioni tecniche ai fini dell’adozione delle misure correttive per la riduzione della concentrazione di radon negli edifici, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101. L’allegato II dello stesso decreto legislativo fissa i requisiti minimi di cui devono essere in possesso gli esperti in interventi di risanamento radon. In particolare, vengono richieste:

1) abilitazione professionale per lo svolgimento di attività di progettazione di opere edili;

2) partecipazione a corsi di formazione dedicati, della durata di 60 ore, organizzati da enti pubblici, università, ordini professionali su progettazione, attuazione, gestione e controllo degli interventi correttivi per la riduzione della concentrazione di attività di radon negli edifici;

3) partecipazione a corsi di aggiornamento, organizzati dai medesimi soggetti di cui al punto 2 da effettuarsi con cadenza triennale e della durata minima di 4 ore che possono essere ricompresi all’interno delle normali attività di aggiornamento professionale;

4) iscrizione nell’albo professionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 16 aprile 2016, n.50.

 

Azione 2.4 – Situazione in Italia

I soggetti individuati dall’Allegato II, sezione I, punto 2, lettera b) del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, stanno organizzando molteplici corsi di formazione e aggiornamento in materia.

Allo stato attuale non esiste concordanza sul programma didattico di detti corsi, oltre che sulla struttura (suddivisione tra parte teorica e pratica). Inoltre, i corsi di formazione per esperti in interventi di risanamento radon devono prevedere una verifica delle conoscenze acquisite durante il corso che vincoli il rilascio dell’attestato di partecipazione e contestualmente certifichi la formazione impartita e ricevuta dai partecipanti.

 

Azione 2.4 – Obiettivo

L’obiettivo è definire i contenuti del programma didattico e la struttura dei corsi (durata complessiva 60 ore), affinché siano assicurati una preparazione uniforme e uno standard di qualità adeguati.

 

Azione 2.5 Indicazione dei dati sugli interventi di risanamento

 

Azione 2.5 – Premessa

Gli interventi di prevenzione e risanamento sono tra i principali strumenti per la riduzione dell’esposizione al radon della popolazione e dei lavoratori.

Il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, prevede la comunicazione degli interventi di risanamento adottati nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni rispettivamente agli articoli 18 e 19.

Nei luoghi di lavoro (articolo 18), qualora la concentrazione di radon annua superi il livello di riferimento, gli esercenti provvedono a porre in essere le misure correttive intese a ridurre le concentrazioni al livello più basso ragionevolmente ottenibile e a comunicare la descrizione di tali misure correttive attuate, corredata dai risultati delle misurazioni di verifica al MLPS, alle ARPA/APPA, agli organi del SSN e alle sedi dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) competenti per territorio. Il MLPS organizza un Archivio nazionale delle sorgenti naturali nel quale sono raccolti anche i dati e le informazioni relativi alle misure correttive adottate.

Nelle abitazioni localizzate all’interno delle aree prioritarie (articolo 19), ai piani terra o inferiori le misurazioni vengono effettuate dalle Regioni e Province autonome o dai proprietari attraverso i servizi di dosimetria (articolo 19, comma 1) e, in caso di superamento del livello di 200 Bq/m3 , le Regioni e Province autonome promuovono l’adozione di misure correttive, monitorandole e comunicando quelle rilevate all’ISIN (articolo 19, comma 3).

Vengono inoltre comunicati all’ISIN gli interventi effettuati dalle Regioni e Province autonome sul patrimonio di edilizia residenziale pubblica (articolo 19, comma 2).

L’insieme delle informazioni riguardanti il numero e la tipologia degli interventi di risanamento possono rappresentare un utile strumento per monitorare l’efficacia dell’intero Piano.

 

Azione 2.5 – Situazione in Italia

Relativamente ai luoghi di lavoro, il precedente ordinamento prevedeva l’obbligo di adottare interventi di risanamento, qualora fossero stati superati i livelli di azione.

Gli esercenti, inoltre, erano tenuti a inoltrare alle Direzioni provinciali del lavoro, alle ARPA/APPA e agli organi del SSN competenti per territorio, le relazioni tecniche inerenti le misurazioni.

Era previsto, altresì, che le Direzioni provinciali del lavoro trasmettessero, a loro volta, tali informazioni al MLPS che le raccoglieva in un archivio nazionale. Il precedente ordinamento, inoltre, esonerava l’esercente dall’obbligo di adottare interventi di risanamento qualora la dose ricevuta dai lavoratori fosse stata inferiore a 3 mSv/anno.

Questa deroga ha fatto sì che, dall’analisi dei dati contenuti nel suddetto archivio nazionale del MLPS pochissimi sono stati gli interventi di risanamento adottati per la riduzione delle concentrazioni medie di radon in aria, mentre la maggior parte delle azioni sono consistite nella rimodulazione dei tempi di permanenza dei lavoratori al fine di ridurre le esposizioni.

Relativamente alle abitazioni, queste ultime non ricadevano nel campo di applicazione del precedente decreto, pertanto, pur avendo notizia di diversi interventi praticati, non si dispone di una raccolta sistematica delle informazioni a riguardo.

Esistono diversi dati disponibili ma sono sporadici e senza una precisa strategia di caratterizzazione delle informazioni.

Si evidenzia che mentre per i luoghi di lavoro la nuova normativa consente la raccolta dati sugli interventi di risanamento che saranno da ora in poi adottati, per le abitazioni sarà possibile censire solo gli interventi che saranno realizzati dalle Regioni e Province autonome sull’edilizia pubblica residenziale e quelli per i quali le stesse Regioni e Province autonome avranno conoscenza.

 

Azione 2.5 – Obiettivo

In relazione agli interventi di risanamento adottati, dovranno essere definite le informazioni di interesse da inserire nelle comunicazioni, in relazione alle tecniche utilizzate e ai risultati ottenuti in termini di riduzione della concentrazione di radon, al fine di garantire la raccolta dei medesimi dati sia presso l’archivio del MLPS che presso la sezione della banca dati ISIN.

Tale uniformità di approccio consente di poter realizzare future analisi dei dati sugli interventi di risanamento complessivamente attuati a livello nazionale, sia per i luoghi di lavoro sia per le abitazioni, allo scopo di valutare il numero e la tipologia degli interventi di risanamento adottati nonché la riduzione ottenuta, come utili strumenti per monitorare l’efficacia dell’intero Piano.

 

Azione 2.6. Connessione con programmi di prevenzione del fumo

 

Azione 2.6 – Premessa

La presenza di radon negli ambienti chiusi rappresenta la principale fonte di esposizione alle radiazioni ionizzanti per la popolazione.

La maggior parte dei tumori ai polmoni attribuibili al radon sono in realtà dovuti all’effetto combinato del radon e del fumo di sigaretta. Questo è dovuto al fatto che il rischio relativo di cancro ai polmoni per i fumatori è molto elevato (intorno al 24 per gli uomini e al 9 per le donne) e che l’interazione tra il radon e il fumo è di tipo moltiplicativo [11].

L’implementazione di campagne di informazione che trattino entrambe le problematiche di esposizione al radon e al fumo, specialmente in aree a elevata concentrazione di radon o tra lavoratori esposti ad alte concentrazioni di radon, può diventare uno strumento essenziale al fine di tutelare e promuovere la salute dei cittadini e dei lavoratori riducendo il rischio di incidenza del cancro ai polmoni sul lungo periodo.

 

Azione 2.6 – Situazione in Italia

La situazione italiana circa l’esposizione al radon, risulta alquanto eterogenea a causa dei diversi livelli di concentrazione di radon misurati nelle Regioni italiane.

Secondo quanto riportato nel secondo rapporto dell’ISS sugli effetti combinati di radon e fumo di sigaretta [21], si può desumere che la frazione complessiva dei decessi per cancro al polmone imputabile al radon in Italia è di circa il 10% sia per gli uomini che per le donne, con valori in singole Regioni che variano tra il 4% e il 16%.

Mentre si stima che il numero di tumori al polmone attribuibili al fumo di sigaretta si aggira intorno al 70% tra gli uomini e al 60% tra le donne.

La maggior parte dei tumori ai polmoni attribuibili al radon si verifica tra i fumatori, siano essi maschi o femmine, 72% e 59% rispettivamente a livello nazionale, mentre solo il 4% negli uomini e il 29% nelle donne si verifica tra i non fumatori.

Tale fenomeno dovrebbe quindi essere tenuto largamente in considerazione nelle politiche volte a ridurre l’esposizione al radon.

Allo stato attuale in Italia poche sono le attività di prevenzione che trattano la problematica dell’esposizione al radon e l’esposizione al fumo in maniera congiunta.

Il problema del fumo è affrontato a livello sia nazionale sia regionale, con interventi volti a contrastare la diffusione del fenomeno.

Numerosi sono i programmi di prevenzione del fumo che supportano le persone nei loro tentativi di smettere di fumare e che promuovono azioni per abitazioni libere dal fumo.

Viceversa le campagne di prevenzione dell’esposizione al radon nelle abitazioni sono ancor oggi poco diffuse e presentano scarsa partecipazione.

Sfruttare dunque i canali di prevenzione del fumo, già consolidati su tutto il territorio nazionale e regionale, potrebbe essere un’azione centrale per veicolare le informazioni sull’aumento del rischio di tumore al polmone legato anche all’esposizione al radon.

Inoltre, si potrebbe diffondere le informazioni circa l’interazione tabacco-radon anche attraverso i medici di medicina generale e i medici del lavoro.

 

Azione 2.6 – Obiettivo

Nell’ottica del PNAR, non può non essere presa in considerazione l’implementazione di programmi di prevenzione che mirino a rendere la popolazione maggiormente consapevole dei rischi dovuti all’esposizione sinergica tra radon e fumo.

Un approccio intersettoriale è necessario per favorire lo sviluppo di programmi congiunti di prevenzione e informazione che abbiano il fine ultimo di ridurre il rischio di insorgenza del cancro ai polmoni, così come indicato al punto 14 dell’allegato III del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101.

Una nuova politica di prevenzione e di riduzione dei rischi deve pertanto essere quella di veicolare entrambi i messaggi, specialmente in ambienti di lavoro dove sono presenti elevate concentrazioni di radon e nelle aree prioritarie di intervento.

Da questo punto di vista è indispensabile lo sviluppo di reti di collaborazione con le diverse organizzazioni che si occupano di prevenzione del fumo e con i medici di medicina generale e i medici del lavoro, per favorire la diffusione di informazioni e di programmi di prevenzione in cui il cittadino sia soggetto attivo e sia direttamente coinvolto nelle diverse azioni volte alla riduzione dell’esposizione.

 

Azione 2.7 Connessioni con programmi di qualità dell’aria indoor ed efficientamento energetico

 

Azione 2.7 – Premessa

La presenza del gas radon negli edifici dipende da una moltitudine di fattori, in buona parte legati alle caratteristiche dell’edificio: ciò collega in modo naturale il tema radon con il più ampio concetto di qualità dell’aria indoor e con i recenti approcci di efficientamento energetico degli edifici in un’ottica di sostenibilità.

Volendo ottimizzare le risorse e l’organizzazione degli interventi negli edifici, perseguendo contestualmente o indipendentemente il risparmio energetico, è necessario impostare una logica normativa che spinga affinché questi tre temi – radon indoor, air quality ed efficientamento energetico – vengano affrontati in modo sinergico e virtuoso.

 

Azione 2.7 – Situazione in Italia

In Italia, come in Europa, stanno aumentando gli investimenti e le iniziative affinché gli edifici consumino meno energia. Questo indirizzo vale sia per il nuovo edificato, che per le ristrutturazioni, mettendo in gioco anche importanti incentivi.

Tecnicamente tali interventi incidono sull’involucro e/o sull’impiantistica, con frequenti conseguenze negative nei confronti della concentrazione di radon e di altri tipici inquinanti indoor (per esempio anidride carbonica, soprattutto negli edifici scolastici).

D’altra parte anche gli eventuali interventi di risanamento radon, previsti dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, possono modificare sia le caratteristiche energetiche e termiche dell’edificio, così come anche le concentrazioni di altri inquinanti indoor.

Della comprensibile interazione fra queste tre tematiche si ha ormai una chiara consapevolezza e dal fatto di non considerarle assieme possono nascere complicazioni e inconvenienti.

In Italia esistono già dei protocolli che prevedono una convergenza dei tre aspetti a cui si può aderire in modo esclusivamente volontario.

 

Azione 2.7 – Obiettivo

L’obiettivo da perseguire nell’ambito di questa Azione è armonizzare e coordinare gli interventi e le politiche legati al radon con quelli finalizzati all’efficientamento energetico degli edifici e al miglioramento della qualità dell’aria indoor. Bisogna assolutamente evitare che un intervento di riqualificazione energetica provochi problemi di radon, o viceversa che un risanamento radon pregiudichi un’opera di efficientamento energetico.

Passando per un censimento della normativa nazionale e regionale, degli standard e delle certificazioni per l’efficientamento energetico degli edifici, e per una analoga attività di ricognizione su iniziative e buone pratiche legate alla qualità di aria indoor negli edifici scolastici, vanno definiti i parametri tecnici rilevanti da prendere in considerazione oltre al radon.

È quindi necessario un atto normativo o almeno di indirizzo, che porti ad affrontare assieme il radon, l’efficientamento energetico degli edifici e la qualità dell’aria indoor in modo sinergico.

Questo nuovo approccio integrato va reso obbligatorio e incentivato tramite opportuni strumenti, che attualmente già sono disponibili limitatamente all’efficienza energetica.

Vanno previste valutazioni e monitoraggi ante operam e post operam, per poter garantire e documentare il rispetto e l’adozione virtuosa di questo nuovo approccio.

La strategia deve individuare come priorità iniziale gli edifici scolastici senza tralasciare gli ambienti di lavoro e le abitazioni.

I regolamenti edilizi comunali dovranno tenerne conto.

Capitolo 3.3 Asse 3. Coinvolgere: informazione, educazione, formazione e divulgazione

 

Asse 3 – Premessa

La comunicazione istituzionale è strategica per l’attuazione del Piano, al fine di diffondere la conoscenza sul radon e sulle differenti problematiche che da esso derivano, un efficace sistema di informazione nazionale può promuovere l’attività di prevenzione seguendo il principio di “conoscere per prevenire”.

In materia di rischio sanitario, la conoscenza è un aspetto che riveste un ruolo importante per favorire la profilassi e la partecipazione della popolazione, rappresentando uno strumento di cambiamento.

Oggi la comunicazione è attiva sia sui media tradizionali che sui nuovi canali e fornisce varie opportunità per la diffusione di una “cultura sensibilizzante” in grado di generare consapevolezza.

Il cittadino può raggiungere un livello di conoscenza in grado di promuovere comportamenti di prevenzione da applicare quotidianamente.

Sulla base delle scelte dettate dal principio di conoscenza acquisita si può incidere positivamente sull’abbassamento del rischio sanitario.

La conoscenza intesa come informazione può essere definita in maniera bidirezionale: in ingresso e in uscita, per cui se è importante informare il cittadino sullo stato attuale delle conoscenze, diventa importante anche ricevere informazioni dal cittadino e dagli utenti di settore al fine di percepire il territorio in tutta la sua estensione.

La scuola esercita un ruolo importante in quanto istituzione preposta all’educazione e alla formazione dei cittadini del futuro, trasferendo una conoscenza che amplifica la consapevolezza e gli strumenti necessari per capire la realtà e interagire con essa.

Acquisire e ampliare le conoscenze sul radon, sono le basi fondamentali per arrivare a capire meglio la problematica e l’entità dei rischi che da esso ne derivano.

 

Asse 3 – Situazione in Italia

Nello scenario nazionale, le informazioni sulla conoscenza delle problematiche sanitarie associate al radon e su come proteggersi sono presenti sui siti web di enti istituzionali (MASE, MS, ENEA, INAIL, ISIN, ISPRA e ISS). Su questo fronte anche le Regioni e Province autonome si sono impegnate, attraverso i loro siti web istituzionali o su quelli delle rispettive ARPA/APPA di riferimento, attivando delle pagine informative riguardanti il radon (tabella 12).

Oltre alle informazioni generiche sul radon e sui rischi a esso associati, in alcuni casi vengono riportate informazioni più dettagliate riguardanti misurazioni di radon indoor registrate nel territorio regionale oppure linee guida con indicazioni utili per gli interventi di prevenzione e risanamento.

 

Asse 3 – Obiettivo

Tra le possibili azioni in grado di determinare un abbassamento del rischio sanitario da radon è importante intervenire attraverso l’attività di informazione e divulgazione, per diffondere corrette notizie e generare la giusta attenzione sull’argomento.

Avere una fonte d’informazione nazionale, in grado di raccogliere ed esporre le conoscenze aggiornate sul radon, diventa un punto di riferimento dal quale attingere indicazioni e generare una informazione uniforme e completa.

Istituire un sistema informativo in grado di rafforzare il complesso delle conoscenze di settore e fornire un quadro della situazione attuale, attivare differenti forme comunicative in grado di rivolgersi alla popolazione, così come istruire le varie categorie di lavoratori, coinvolgendo anche la scuola come più alta istituzione formativa e fulcro educativo per costruire una conoscenza consapevole nella generazione futura.

Per una corretta gestione e percezione dell’argomento sull’intero territorio, è utile definire anche una interazione con la popolazione generando uno scambio reciproco di informazioni che innesca un processo partecipativo in grado di segnalare e dare utili informazioni.

È prevista l’istituzione di un Osservatorio nazionale radon per:

– interfacciarsi con gli utenti acquisendo e generando informazioni tematiche sull’argomento;

– interagire con la cittadinanza e fornire un supporto differenziato per le varie tipologie di utenze;

– proporre la rete delle strutture ministeriali e delle strutture regionali e locali in coerenza con le iniziative di elaborazione e di approvazione del Piano.

L’Osservatorio nazionale, nella sua funzionalità collegiale raccoglie informazioni e aggiornamenti in grado di fornire un quadro attuale della situazione dal quale poter ottenere anche aggiornamenti sull’andamento e sull’evolversi della situazione, al fine di permettere una corretta interpretazione delle tematiche e delle problematiche sottese a un argomento così ricco di fasi evolutive.

La sinergia tra le Azioni previste nell’Asse assolve a diverse funzioni, tra cui quelle di:

– migliorare il sistema informativo sull’argomento radon in Italia;

– favorire la diffusione di informazioni sui possibili rimedi per ridurre i rischi sanitari connessi al radon;

– favorire l’aggiornamento e lo scambio di informazioni tra istituzioni e cittadino;

– migliorare le capacità gestionali degli esperti di settore.

Azione 3.1. Osservatorio nazionale radon

 

Azione 3.1 – Premessa

Nell’ordinamento giuridico nazionale, gli Osservatori sono moduli organizzativi cui partecipano più amministrazioni competenti in una determinata materia, che assumono decisioni in forma collegiale e che, dal punto di vista funzionale, sono volti a conseguire gli obiettivi per i quali sono costituiti, attraverso il monitoraggio e la verifica delle fasi di attuazione e realizzazione delle indicazioni contenute nel provvedimento istitutivo.

Sempre dal punto di vista funzionale, con gli Osservatori, l’ordinamento giuridico intende conseguire anche l’obiettivo di garantire una adeguata informazione al pubblico in quanto sono tenuti a rendere disponibili gli elementi di conoscenza e analisi dello stato quali-quantitativo delle diverse componenti monitorate.

In particolare, gli Osservatori nascono allo scopo di verificare che le azioni e gli interventi che hanno particolare rilevanza territoriale sono conformi alle norme giuridiche e tecniche che le regolano.

Pertanto, l’Osservatorio può svolgere un’importantissima funzione nell’attuazione del PNAR, che necessita di uno strumento per la verifica, il monitoraggio, la restituzione dei risultati e delle conseguenti iniziative assunte o che è necessario assumere.

L’Osservatorio consentirà inoltre di diffondere l’informazione sull’attuazione del Piano in maniera costante e programmata, mettendo in grado le PA competenti e i cittadini di conoscere la situazione territoriale, le metodiche di misurazione e gli strumenti per intervenire e razionalizzare l’uso delle risorse private e pubbliche; anche in questa materia, infatti, assume un’importanza fondamentale conoscere l’efficacia delle differenti soluzioni sulla prevenzione e riduzione del rischio di esposizione al radon, nonché la connessione con altri strumenti amministrativi correlati, quali quelli riferiti all’efficientamento energetico, alla qualità dell’aria indoor e alla prevenzione del fumo anche passivo.

 

Azione 3.1 – Obiettivo

L’Osservatorio nazionale radon è un organismo collegiale che svolge compiti di verifica del Piano e opera quale garante per i cittadini e gli amministratori, assicurando la diffusione delle informazioni concernenti l’attuazione delle azioni previste dal Piano e la loro efficacia.

L’Osservatorio è costituito, entro un anno dall’adozione del Piano, con decreto del MASE e del MS e composto da rappresentanti delle istituzioni coinvolte nella istituzione del Piano: MASE, MS, MLPS, MIT, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, ISIN e ISS.

Ogni ente è rappresentato da un esperto o da un sostituto nominato dall’amministrazione di appartenenza (le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano nominano singolarmente un proprio esperto e un sostituto).

Nelle more della sua costituzione, in prima applicazione, il gruppo di lavoro tecnico per la redazione della proposta di Piano, formalizzato con il decreto n.75 del 15 marzo 2021 del MiTE e del MS, svolgerà le funzioni dell’Osservatorio nazionale radon.

L’Osservatorio garantisce la fruizione delle informazioni acquisite dalle banche dati dell’ISIN, dell’ISS e del MLPS, che devono essere tra loro interoperabili, nel rispetto delle norme sulla riservatezza e sulla protezione dei dati personali, di cui al regolamento generale per la protezione dei dati personali UE n. 2016/679 (GDPR).

L’accesso alle informazioni è reso possibile anche mediante una o più pagine web dedicate, con la pubblicazione di dati e rapporti di sintesi della situazione a livello nazionale.

L’Osservatorio assicura, in particolare:

1. la verifica della corretta esecuzione delle attività previste dal Piano;

2. il monitoraggio della corrispondenza tra quanto previsto dal Piano e quanto attuato, nel rispetto del cronoprogramma delle attività, esprimendo, se necessario, pareri specifici;

3. l’approvazione e il coordinamento del programma di comunicazione;

4. la diffusione e la gestione delle informazioni concernenti l’attuazione del Piano anche attraverso pagine web dedicate;

5. l’interoperabilità delle banche dati da parte delle amministrazioni competenti;

6. un’efficace azione di comunicazione e divulgazione;

7. l’istruttoria delle richieste di informazioni, documenti, segnalazioni di criticitàҒ in merito allo stato del Piano presentate da cittadini, enti pubblici e privati, associazioni di categoria;

8. la condivisione dei dati di monitoraggio e di analisi relativi alle diverse componenti;

9. la trasmissione e la condivisione con le Direzioni Generali competenti del MASE e del MS, alle quali segnala ogni problematica connessa con l’acquisizione dei dati e con le informazioni da rendere disponibili al cittadino;

10. il superamento di eventuali criticità emerse in sede di attuazione del Piano, proponendo soluzioni che non ne modificano i contenuti e gli obiettivi. Tali soluzioni che non costituiscono variazioni sostanziali del Piano sono adottate con decreto del MASE e del MS;

11. l’acquisizione di risultati di azioni non comprese nel programma di comunicazione attuate dalla PA;

12. la valutazione della necessità di aggiornamento del Piano;

13. l’individuazione di opportuni strumenti legislativi, da proporre agli uffici competenti, attraverso i quali incentivare le indagini di misurazione e le azioni di risanamento;

14. il supporto alle Regioni e Province autonome per le indagini volte all’individuazione delle aree prioritarie e degli edifici con situazioni di esposizione potenzialmente elevata;

15. la formulazione di proposte normative alle autorità competenti, sulla base degli esiti del Piano;

16. l’individuazione di opportune strategie per una riduzione diffusa dell’esposizione al radon nelle abitazioni.

 

Azione 3.2. Strategie di comunicazione e promozione di campagne informative

 

Azione 3.2 – Premessa

Per prevenire e ridurre il rischio sanitario dovuto all’esposizione al radon, occorre intervenire contestualmente su due piani: una puntuale informazione sui rischi associati alla presenza di gas radon negli edifici e adeguate azioni di risanamento. In particolare, l’informazione alla popolazione è lo strumento attraverso il quale è possibile diffondere la conoscenza sulla natura e sui rischi connessi alla presenza del radon con un messaggio che deve essere diretto, comprensibile e, soprattutto, che dia la consapevolezza dell’importanza della questione senza creare allarmismi.

L’esperienza di altri paesi suggerisce di impostare la comunicazione con uno stretto rapporto tra l’esperto di comunicazione e l’esperto di settore al fine di promuovere

una corretta divulgazione dell’argomento.

Una strategia comunicativa è necessaria ed è prevista dall’allegato III, punto 10 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101; l’informazione deve favorire la conoscenza del problema dell’inquinamento da radon con l’obiettivo di promuovere le metodiche di misurazione e gli strumenti per prevenire e ridurre le concentrazioni di gas radon negli ambienti chiusi e tutelare la salute della popolazione, tenendo conto che il fenomeno riguarda in modo diffuso ambienti di vita dove si trascorre la maggior parte del tempo, in particolare quello domestico che coinvolge anche la parte più fragile della popolazione quali i bambini e gli anziani.

Elenchi di esperti in interventi di risanamento radon potranno essere consultati sulla pagina web dedicata al PNAR, in un’apposita sezione collegata agli elenchi che gli ordini professionali predisporranno per gli esperti in possesso dei requisiti previsti ai sensi dell’allegato II, sezione I, punto 2, del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101.

Questa Azione è coordinata dall’Osservatorio radon che definisce le linee guida da rispettare nell’elaborazione e organizzazione del programma di comunicazione e ne verifica l’efficacia promuovendo, se necessario, attività aggiuntive.

Al fine di aggiornare i contenuti del programma di comunicazione, l’Osservatorio valuta, altresì, i risultati delle azioni attuate sul territorio nazionale, al di fuori del programma medesimo, da PA nell’ambito della propria autonomia organizzativa e operativa e da queste resi disponibili.

 

Azione 3.2 – Situazione in Italia

Numerosi siti internet sono attivi sulla tematica radon e molte istituzioni hanno pagine o sezioni dedicate, si rimanda alla tabella 12.

 

Azione 3.2 – Obiettivo

Divulgare e far conoscere l’esistenza del fenomeno, attraverso una comunicazione semplice, grafica e con immagini, che, soprattutto laddove il rischio di esposizione al radon è maggiore, raggiunga la popolazione tramite una campagna comunicativa efficace a livello nazionale e regionale.

Sul piano operativo dovrà garantire contemporaneamente l’accesso alle informazioni sui rischi e sulle soluzioni più idonee per prevenirli e ridurli.

La comunicazione sarà collegata con i programmi di prevenzione del fumo, di efficientamento energetico e di qualità dell’aria indoor che devono contenere elementi conoscitivi della problematica radon al fine di considerare le situazioni nel loro insieme e non settorialmente.

 

Azione 3.3. Sviluppo di un piano formativo rivolto ai lavoratori e alle figure professionali di sicurezza che operano in ambito pubblico e privato

 

Azione 3.3 – Premessa

La riduzione dei rischi a lungo termine dovuta all’esposizione al radon indoor, soprattutto per quanto concerne l’ambito occupazionale, richiede che le azioni previste dal PNAR siano supportate da un efficace piano di formazione rivolto ai lavoratori, ai datori di lavoro, agli esercenti, al personale degli uffici tecnici e degli enti responsabili della vigilanza e del controllo, e più in generale a diverse categorie di stakeholders.

Un’adeguata base di informazione/formazione sulla tematica radon, che tenga anche in considerazione i responsabili delle decisioni a livello locale, favorisce il dialogo tra i diversi soggetti istituzionali e le figure professionali coinvolte con un approccio multidisciplinare necessario per una efficace riduzione del rischio radon.

La necessità di predisporre adeguate azioni di formazione è stata sottolineata al livello sia internazionale dalla International Atomic Energy Agency (IAEA) [69,70], e dalla pubblicazione “WHO Handbook on indoor radon” [1], sia in ambito europeo dalla UE nel documento Radiation Protection n.193 “Radon in workplaces” [43], oltre che nell’Allegato XVIII della direttiva 2013/59/Euratom [38].

La formazione pianificata nella presente Azione non sostituisce l’informazione e formazione obbligatoria a cura dell’esperto di radioprotezione e del medico autorizzato prevista agli articoli 110 e 111 a seguito delle valutazioni dell’articolo 17, comma 4, ovvero nel caso che l’esposizione al radon rientri nel Titolo XI del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101.

 

Azione 3.3 – Situazione in Italia

Il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 ha meglio definito le modalità di applicazione della normativa di radioprotezione in analogia a quella relativa alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81 [71]): la modifica dell’articolo 180 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81 (di cui all’articolo 244 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101), definendo in modo più chiaro il legame tra le due norme e la loro applicazione coordinata.

In quest’ottica, è chiara la richiesta di inserire le valutazioni inerenti l’esposizione al radon nei luoghi di lavoro e le successive decisioni nel documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81.

La necessità di predisporre di un piano formativo per i diversi soggetti (datore di lavoro, Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione – RSPP, Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza – RLS, lavoratore) è evidenziata dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101 nell’Allegato III, punto 10, ed è importante che tale piano formativo sia coerente con quanto previsto dagli articoli 32, 34 e 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81. Riguardo quest’ultimo aspetto, gli accordi approvati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano del 2011 e del 2012 [72,73,74], definiscono i requisiti dei corsi e dei soggetti erogatori, le modalità di erogazione della formazione e la tempistica di aggiornamento. I moduli formativi sul radon da adottare nell’ambito della trattazione degli agenti fisici devono considerare quanto previsto dai suddetti accordi, allo scopo di garantire un approccio uniforme alla formazione delle diverse figure.

Inoltre, è previsto che i docenti dei corsi di formazione e di aggiornamento soddisfino i requisiti di cui decreto interministeriale del 6 marzo 2013, relativo ai “criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza del lavoro” [75].

 

Azione 3.3 – Obiettivo

Predisporre opportuni moduli formativi per i diversi soggetti coinvolti, al fine di accrescere le conoscenze e la consapevolezza dei rischi per la salute derivanti dall’esposizione al radon indoor e definire una maggiore partecipazione attiva. Particolare attenzione va posta alla formazione di coloro che sono impiegati nelle attività lavorative che rientrano nel campo di applicazione della norma.

 

Azione 3.4 Educazione

 

Azione 3.4 – Premessa

L’educazione ambientale persegue l’obiettivo di rendere consapevoli della rilevanza ambientale delle proprie azioni e della necessità di soddisfare le esigenze presenti senza compromettere analoghe possibilità per le future generazioni attraverso una gestione sostenibile dei comportamenti [76].

In questa materia la comunicazione è essenziale per trasformare linguaggi scientifici in linguaggi semplici che possano essere facilmente compresi dai differenti gruppi sociali.

In particolare, introdurre sin dalle prime esperienze scolastiche progetti di educazione ambientale suddivisi per età e competenze, permette di tradurre concetti scientifici complessi in un linguaggio più accessibile e innescare un cambiamento positivo in grado di sensibilizzare i giovani a una maggiore responsabilità e attenzione alle questioni ambientali e al buon governo del territorio.

Anche su un piano più generale riferito all’intera popolazione, l’educazione ambientale è una componente capace di generare nella società cambiamenti significativi di comportamento rispetto all’importanza dei valori culturali, sociali, politici, economici e relativi alla natura e, al tempo stesso, facilita meccanismi di acquisizione delle abilità intellettuali e fisiche, promuovendo la partecipazione attiva e decisa degli individui in maniera permanente, riflettendosi in un miglior atteggiamento umano verso l’ambiente e di conseguenza verso una adeguata qualità di vita.

La fiducia nel processo educativo in definitiva è in grado di contribuire alla risposta sui problemi ambientali.

 

Azione 3.4 – Situazione in Italia

L’educazione civica e ambientale è disciplinata dalla Legge 92/2019 in base alla quale devono essere dedicate annualmente non meno di 33 ore al suo insegnamento nelle istituzioni scolastiche, per promuovere la conoscenza della Costituzione italiana e delle istituzioni dell’Unione europea, con particolare riferimento alla conoscenza dei principi di legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale e diritto alla salute e al benessere della persona.

All’interno di questa programmazione, iniziata a partire dall’anno scolastico 2020-2021, sono affrontati anche i temi dell’educazione ambientale e sanitaria in cui possono rientrare le tematiche della radioattività naturale e del radon.

 

Azione 3.4 – Obiettivo

L’obiettivo specifico di questa Azione è migliorare le conoscenze giovanili sul tema della radioattività naturale e del radon.

Infatti, la conoscenza della natura e degli effetti di questo gas di origine naturale, proveniente dal suolo, acqua e materiali da costruzione, si può inserire in una visione di ampio respiro quale quella proposta dalla Legge 92/2019.

 

Azione 3.5. Partecipazione

 

Azione 3.5 – Premessa

La partecipazione è un diritto fondamentale dei cittadini nel governo delle comunità.

Garantire l’esercizio di questo diritto è il presupposto di ogni processo democratico, con particolare riferimento agli obiettivi da conseguire, agli strumenti da utilizzare e alle strategie organizzative; in tal modo il cittadino gioca un ruolo propositivo in termini di temi e possibili opzioni sulle politiche pubbliche, ne orienta il dialogo, ferma restando la responsabilità della decisione finale che resta comunque in capo al governo dell’amministrazione.

Un documento dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) [77] distingue la consultazione dalla partecipazione.

La prima è attività di ascolto dei cittadini che offrono all’amministrazione un ritorno di informazione su un tema definito dalla stessa amministrazione e sul quale si presuppone vi sia stata una adeguata attività informativa.

La partecipazione, invece, è una relazione di partenariato attivo dei cittadini impegnati nel processo decisionale concernente le politiche pubbliche. La distinzione riguarda anche i tempi del processo di ascolto e i contenuti dell’ascolto: si può offrire ai cittadini la possibilità di esprimersi a monte delle decisioni oppure in sede di valutazione delle stesse, ma si può chiedere ai cittadini di esprimersi in merito a un tema già definito e lasciare ampio spazio alle competenze, alle risorse, alle capacità di cui le collettività sono comunque espressione.

 

Azione 3.5 – Situazione in Italia

Un ruolo chiave nella partecipazione è svolto dal servizio di e-Government con il quale vengono razionalizzati e integrati i processi produttivi, al fine di fornire informazioni e servizi pubblici alla cittadinanza. L’e-Government Development Index (EDGI) [78] evidenzia che, a livello europeo, l’Italia ha compiuto progressi negli ultimi anni e nel 2020 ha conseguito un valore di 0,82314, su un valore massimo dell’indice pari a 1.

Dal rapporto sull’e-Government relativo al 2018 risulta invece che solo il 20% degli italiani aveva consultato i siti della PA, mentre tra i soggetti di età compresa tra i 25 e i 54 anni con titolo di studio elevato (laurea o titolo superiore) solo il 53% erano utilizzatori dei servizi di e-Government [79].

Un dato utile su tale argomento è quello dell’E-Participation Index (EPI), valutato sulla base delle caratteristiche dei portali nazionali di e-Government e altri siti web governativi dal “Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite” [80].

Nello scenario mondiale l’Italia si colloca nella classe a più alto livello (Very High EPI) con un valore corrispondente a 0,8214.

Questo scenario segue un trend crescente con risultati futuri incoraggianti.

 

Azione 3.5 – Obiettivo

Garantire una partecipazione dei cittadini ai processi decisionali con un approccio aperto e proattivo che favorisca la condivisione e lo scambio delle informazioni, e l’organizzazione di servizi mirati per gestire, individuare e poter arginare eventuali situazioni di criticità.

Allo stesso tempo fornire alle autorità una serie di strumenti che, attraverso i risultati di lettura, possono servire alla eventuale riprogettazione di interventi programmati o in corso, allineandoli alle esigenze dinamiche ed evolutive dei cittadini.

Valutare la possibilità, in futuro, di integrare la partecipazione con strumenti emergenti e innovativi aventi caratteristiche social di particolare impatto comunicativo.

 

Azione 3.6 Citizen science: una strategia per la riduzione dell’esposizione al radon nelle abitazioni

 

Azione 3.6 – Premessa

Concentrazioni relativamente basse di radon possono comportare un aumento della possibilità di insorgenza di patologie polmonari, poiché non esiste una concentrazione certa al di sotto della quale il rischio connesso all’esposizione al radon sia nullo.

L’introduzione dei livelli di riferimento sia per le abitazioni esistenti sia, in maniera più stringente, per le nuove costruzioni in sostituzione dei livelli di azione, ammette questa criticità e suggerisce di intraprendere azioni rivolte alla popolazione che facciano conoscere il radon, i suoi effetti e le misure per proteggersi.

La valutazione della distribuzione dei livelli di concentrazione di radon mostra come un relativamente piccolo numero di persone è esposto a elevate concentrazioni mentre la maggior parte della popolazione è esposta a livelli bassi o moderati.

Per intervenire sulle situazioni di moderata esposizione che coinvolgono un gran numero di persone occorre individuare delle strategie per la riduzione diffusa dell’esposizione al radon rivolte a tutta la popolazione che consentano una informazione e una partecipazione a cittadini, operatori del settore edilizio, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e decisori politici e istituzionali, a livello locale.

 

Azione 3.6 – Situazione in Italia

Numerose esperienze sono state fatte in questo campo.

A livello locale, sono state realizzate attività di citizen science [81] che hanno mostrato come la diffusione dell’informazione rappresenti la chiave strategica per realizzare le misurazioni e la riduzione dell’esposizione al radon nelle abitazioni.

La citizen science è la partecipazione di cittadini in rete o in gruppi organizzati nelle attivitàҒ di raccolta di dati e produzione di informazioni, attraverso misurazioni, stime, modelli, osservazioni, valutazioni, interpretazioni o elaborazioni, con l’obiettivo di ampliare la consapevolezza personale e la conoscenza scientifica della fenomenologia a cui sono connessi.

I progetti di citizen science, coinvolgendo i cittadini, promuovono la consapevolezza e l’attenzione per l’ambiente, i partecipanti contribuiscono significativamente alla ricerca e alla sperimentazione aumentando le proprie competenze scientifiche e implementando la raccolta dei dati.

Le esperienze già realizzate rappresentano un’importante testimonianza dell’importanza e della fattibilità di questo particolare tipo di azioni [82].

Vi sono progetti europei, in differenti settori che mettono a disposizione kit, processi e corsi di perfezionamento non solo per i cittadini, ma anche per policy maker, ricercatori e imprese.

A titolo esemplificativo si riportano due esperienze territoriali di successo. La Regione FriuliVenezia Giulia ha avviato un progetto nel 2017 in cui 1000 famiglie sono state coinvolte e accompagnate in un percorso di conoscenza, consapevolezza, misurazione e, quando necessario, interventi correttivi [83,84].

In Alto Adige, nel 2019, è stata realizzata l’iniziativa della Provincia autonoma di Bolzano “Misura il radon a casa tua”, che ha organizzato serate tematiche informative, distribuito 770 kit di misura in 4 comprensori e raccolto i dati di concentrazione che hanno popolato la mappa radon del territorio provinciale [85].

 

Azione 3.6 – Obiettivo

Per la realizzazione di questo obiettivo si individuano tre differenti misure da mettere in atto: sensibilizzazione, promozione di misure, diffusione di buone norme comportamentali.

I destinatari sono i decisori politici e istituzionali, a livello locale, gli stakeholders del settore edilizio, i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e la popolazione.

Capitolo 4.1 Appendice all’Azione 1.1

 

Parte 1 – Linee guida per la realizzazione di indagini volte all’individuazione delle aree prioritarie

Le Regioni e Province autonome sono state individuate dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, quali soggetti responsabili della individuazione delle aree prioritarie sulla base delle indicazioni e dei criteri tecnici contenuti nel PNAR.

Le Regioni e Province autonome che hanno già dati e informazioni sul loro territorio, sono tenute a effettuare l’individuazione delle aree sulla base del criterio transitorio stabilito dalla norma (articolo 11, comma 3).

A tale scopo possono essere considerati tutti i dati disponibili, sia quelli nelle abitazioni che nei luoghi di lavoro.

Le presenti linee guida sono invece indirizzate verso quelle Regioni e Province autonome che non hanno già nella loro disponibilità dati sufficienti per poter classificare tutto il territorio e pertanto necessitano di avviare specifiche indagini.

In particolare, il documento è utilizzabile anche dalle Regioni e Province autonome che hanno già dati sufficienti solo su parte del territorio per completare la classificazione del territorio.

L’obiettivo di questo documento è quello di fornire indicazioni sulle modalità di pianificazione e di esecuzione di indagini a livello regionale finalizzate alla individuazione delle aree prioritarie.

In particolare, si è tenuto conto dell’esigenza di acquisire in tempi rapidi dati necessari a una classificazione del territorio regionale al fine di facilitare e consentire un immediato avvio delle attività previste dalla normativa nelle aree individuate.

Inoltre, devono essere considerate le diverse organizzazioni e contesti specifici delle Regioni e Province autonome.

Pertanto, le indicazioni contenute in questa linea guida contengono molti elementi di flessibilità.

Un aspetto fondamentale riguarda la scelta delle tipologie di edifici da sottoporre a misurazione per l’individuazione delle aree prioritarie. Per un primo e rapido risultato è opportuno partire dalle abitazioni, come nelle precedenti esperienze di altri Paesi e molte Regioni e Province italiane; le abitazioni, infatti, sono più semplici da gestire, più omogenee nelle dimensioni e nell’uso degli ambienti rispetto a edifici adibiti a luoghi di lavoro.

Una volta definite le aree prioritarie, come stabilito dalla normativa, dovranno essere sottoposti a misurazione sicuramente tutti i luoghi di lavoro situati ai piani terra o sottostanti che si trovano all’interno di queste. Le informazioni relative alle misurazioni devono essere comunicate agli organi istituzionali previsti dalla norma e contribuiranno ad arricchire progressivamente il quadro conoscitivo e a migliorare l’accuratezza della classificazione delle aree.

Per questo aspetto dovranno essere attentamente analizzate le eventuali differenze tra i livelli di radon nelle due tipologie di edifici (luoghi di lavoro e abitazioni), al fine di ottimizzare in futuro l’utilizzo dell’insieme dei dati e delle informazioni disponibili.

 

Definizione delle unità territoriali oggetto di indagine di misurazione

Si considera come unità territoriale il Comune o un insieme di Comuni o, soprattutto per Comuni molto grandi, porzioni del Comune definite sulla base di caratteristiche determinate quali ad esempio quelle litologiche.

Tale scelta offre diversi vantaggi in termini di gestione amministrativa del territorio con particolare riferimento a iniziative che possano eventualmente essere attuate come supporto alle misure, supporto agli interventi di risanamento nonché ulteriori indagini di approfondimento.

 

Campionamento delle abitazioni

La tipologia di edifici da sottoporre a misurazione è principalmente quella delle abitazioni.

Il principale motivo di questa scelta è la maggiore omogeneità delle abitazioni in termini di tipologia di costruzione rispetto ai luoghi di lavoro.

Il numero di abitazioni da campionare deve tenere conto della numerosità della popolazione residente.

Il campione non può essere direttamente proporzionale alla popolazione per evitare un sovra campionamento dei grandi centri abitati.

Orientativamente, la dimensione del campione di abitazioni da misurare per ogni Comune è data dal numero di abitanti residenti elevato alla potenza 0,3 con un minimo di 10 abitazioni per Comune. In tal modo, ad esempio, per Comuni con 1.000, 10.000 e 100.000 abitanti il numero di abitazioni da sottoporre a misurazione sarebbe rispettivamente 10, 16 e 32.

In tabella 13 si riporta il risultato dell’applicazione del criterio descritto in termini di numero totale di abitazioni da misurare per ogni Regione.

Le Regioni e Province autonome che hanno diversi Comuni adiacenti con pochi abitanti, su terreni uniformi dal punto di vista geomorfologico e quindi con livelli di radon

presumibilmente simili possono accorpare tali Comuni.

In tal caso il numero di abitazioni da campionare deriva dalla somma della popolazione dei Comuni stessi elevata alla potenza sopra indicata con una suddivisione del campione proporzionale al numero di abitanti dei singoli Comuni.

Ad esempio, tre Comuni con 500, 1500 e 2000 abitanti avrebbero rispettivamente 6, 8 e 9 abitazioni che diventano 10, 10 e 10 per via del minimo numero di misure per Comune.

L’accorpamento dei tre Comuni porterebbe a un totale di 4000 abitanti con un numero di abitazioni da misurare pari a 12 che vanno scelte proporzionalmente al numero di abitanti dei Comuni.

In alcuni casi può essere utile, invece, suddividere il territorio di un Comune in più aree, in ragione della dimensione del Comune o delle informazioni geomorfologiche disponibili.

Ad esempio, nel caso di una grande città suddivisa in diverse unità amministrative può essere opportuno suddividere il campione al fine di individuare in modo più circoscritto le aree prioritarie.

Parimenti, in caso di differenze geomorfologiche significative nel territorio comunale, è consigliabile pianificare un campionamento per ogni singola zona. In tali casi il numero delle abitazioni dovrà essere stabilito sulla base della popolazione afferente alle singole aree individuate.

In tal caso, comunque, dovrà essere garantito, per tutte le aree individuate un numero sufficiente di campioni con un minimo di 10.

Al fine di semplificare la fase di selezione e reclutamento delle singole abitazioni possono essere utilizzati i dati EUROSTAT sulla distribuzione della popolazione fornita dall’ISTAT.

Si tratta di uno strato georeferenziato, utilizzabile nei programmi GIS, in cui viene restituito il numero di abitanti per ogni km2 su tutto il territorio italiano.

È possibile quindi, una volta determinato il numero complessivo di campioni per Comune, distribuire il numero di campioni per ogni maglia in modo proporzionale alla numerosità della popolazione, per ogni maglia.

In questo modo si rende immediatamente disponibile anche un piano di campionamento dettagliato.

Nelle figure che seguono sono riportati due esempi di campionamento.

Ai fini del campionamento, può anche essere utile, qualora già disponibile o fattibile velocemente, un’analisi di dati geolitologici, in particolare per indirizzare eventuali priorità di misurazioni, per suddividere aree comunali che presentano caratteristiche geolitologiche diverse, per accorpare eventualmente Comuni con piccole superfici ricadenti in aree geolitologiche uniformi o al fine di sottoporre a una maggiore densità di campionamento aree particolari per le quali si abbia una conoscenza di una maggiore incidenza del fenomeno.

Si ribadisce, tuttavia, che tali informazioni devono essere già in possesso all’atto della programmazione dell’indagine e non devono essere oggetto di ulteriori preliminari attività di studio che richiederebbero tempi di attuazione troppo lunghi e incompatibili con la necessità di svolgere al più presto le indagini.

 

Reclutamento

Una volta definito il campione in termini di numerosità ed eventualmente corredato da informazioni sulla possibile collocazione si passa alla fase di reclutamento del campione ossia della disponibilità di soggetti che risiedono in abitazioni a partecipare all’indagine.

È questa una fase particolarmente soggetta a molteplici fattori e variabili, correlate con le diverse disponibilità a livello regionale di collaborazioni con soggetti diversi, quali protezione civile, Croce Rossa italiana, associazioni di volontariato, ma soprattutto disponibilità delle strutture comunali, scuole, polizia municipale, addetti degli uffici tecnici, ecc.

Pur rimandando per questo aspetto alle singole valutazioni locali si ritiene utile fornire alcune indicazioni.

È possibile far precedere questa fase da una preliminare selezione effettuata tramite campionamento presso le anagrafi comunali per costituire un campione (si raccomanda in tal caso di raddoppiare o triplicare il campione rispetto al numero richiesto) nell’ambito del quale cercare le adesioni fino al raggiungimento del numero richiesto.

Può essere utile far precedere la richiesta delle adesioni da un avviso del Comune o da lettere direttamente inviate agli interessati chiedendo di comunicare l’eventuale adesione.

Si segnala l’opportunità di utilizzare alcuni canali attraverso i quali possono essere raggiunti in tempi rapidi i soggetti referenti delle abitazioni da sottoporre a misurazione, quali ad esempio le scuole, attraverso le famiglie degli alunni, i dipendenti comunali, in particolare per piccoli o medi Comuni, ma anche grandi aziende diffuse su tutto il territorio regionale.

In alternativa possono essere utilizzati contatti diretti porta a porta da parte di figure istituzionali dei Comuni, anche in questo caso per Comuni relativamente piccoli.

 

Campionamento dei locali da sottoporre e misurazione

Le misurazioni dovranno avere una durata complessiva di un anno, esponendo i rivelatori per 12 mesi consecutivi (al fine di ridurre i costi) oppure per due semestri consecutivi.

Per ogni abitazione si raccomanda di esporre i rivelatori in due locali abitati (soggiorno, camera da letto) al fine di valutare al meglio la concentrazione dell’abitazione e ridurre la probabilità di perdere tutti i rivelatori di un’abitazione. Nel caso di abitazioni a più piani posizionare uno dei rivelatori al piano più basso (piano terra) normalmente abitato, evitando locali utilizzati solo saltuariamente (ad esempio: taverne).

In alternativa al fine di ridurre il numero di rivelatori si può selezionare un solo locale per abitazione al piano più basso.

In questo caso dovrà essere incrementato di circa il 15-20% il numero di abitazioni selezionate al fine di compensare le inevitabili perdite di rivelatori.

La scelta di due locali o uno solo per abitazione, è subordinata alla valutazione dei costi e benefici, valutazione che viene lasciata alle singole Regioni e Province autonome.

Ove possibile andrebbero collocati rivelatori in duplicato in una frazione (circa il 10%) delle abitazioni, al fine di valutare l’incertezza in condizioni reali.

Definito il numero e la distribuzione delle abitazioni da campionare per ogni Comune le misurazioni vanno effettuate principalmente in abitazioni con piano terra.

Per abitazione al piano terra si intende sia una abitazione che si sviluppa interamente al piano terra sia una abitazione con più piani ma che abbiano anche un piano terra (ad esempio: abitazioni tipo villette monofamiliare con più piani).

In occasione delle indagini volte alla individuazione delle aree prioritarie, inoltre, è utile effettuare anche misurazioni ai piani superiori al piano terreno, per diverse ragioni: in primo luogo, la misura a piani diversi dal terreno serve per la valutazione dell’esposizione e l’aggiornamento delle stime di rischio previste nell’ambito del PNAR, che non possono essere interamente ottenute con fattori correttivi basati su dati che nella maggior parte dei casi risalgono a diversi decenni fa e erano limitati ai Comuni più grandi.

Inoltre, nelle realtà urbane la disponibilità di abitazioni al piano terreno è limitata e può non essere rappresentativa della tipologia edilizia prevalente. Infine, per le strategie di riduzione della concentrazione di radon, è importante acquisire un minimo di informazioni sulla presenza del radon ai piani diversi dal terreno, ad esempio per i materiali da costruzione impiegati.

Per questo scopo si suggerisce, facoltativamente, di prevedere un numero di misurazioni aggiuntive del 20% in abitazioni poste negli stessi edifici nelle quali sono state effettuate misure al piano terra o in quegli edifici in cui il piano terra è adibito a usi differenti da quelli abitativi.

Quest’attività è utile per ottenere informazioni sulla presenza del radon negli edifici a diversi piani e quindi ai fini delle strategie di intervento e di prevenzione, e della definizione delle priorità di intervento.

 

Informazioni a corredo delle misurazioni

I risultati delle misurazioni di concentrazione di radon devono essere accompagnati da alcune informazioni sulle caratteristiche dell’abitazione oggetto della misurazione, necessarie per l’analisi dei dati, tra cui assume evidente importanza la verifica della rappresentatività del campione rispetto alle caratteristiche censite dall’ISTAT, informazioni da raccogliersi in modo uniforme tra le Regioni e Province autonome.

Il PNAR vuole fornire strumenti rapidamente operativi per la realizzazione delle indagini sul radon nelle abitazioni finalizzate all’individuazione delle aree prioritarie, è perciò importante stabilire un set di informazioni da raccogliere fin dai prossimi mesi dalle Regioni e Province autonome.

A tale scopo è stato predisposto un questionario riportato di seguito.

Resta ferma la trasmissione dei dati a ISIN con le modalità previste ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101.

 

Parte 2 – Linee guida per l’individuazione, all’interno delle aree prioritarie, delle abitazioni con concentrazioni di radon superiori al livello di riferimento

L’individuazione delle aree prioritarie è un passo intermedio importante del processo – basato sul principio di ottimizzazione e sull’approccio graduale – che ha come scopo finale quello dell’individuazione (e successivo risanamento) delle abitazioni e dei luoghi di lavoro in cui la concentrazione di radon supera i rispettivi livelli di riferimento.

Per individuare le abitazioni che superano il livello di riferimento di cui all’articolo 19 comma 3 del decreto legislativo 31 luglio, n.101, all’interno delle aree prioritarie è necessario procedere a un approccio sistematico ma graduale, dando priorità alla misurazione della concentrazione di radon in tutte le abitazioni situate al piano terra (incluse quelle che si sviluppano su vari piani, ad esempio piccoli edifici monofamiliari a 2 o più piani) e al piano seminterrato (solo se abitato normalmente).

In caso di abitazioni con concentrazioni al piano terra (o seminterrato) superiori al livello di riferimento di 300 Bq/m3 andranno effettuate misurazioni di concentrazione di radon anche in un campione di abitazioni situato al primo piano dello stesso edificio: queste ultime misurazioni andranno eseguite preferibilmente dopo gli interventi effettuati per risanare i locali al piano terra, in quanto tali interventi possono avere un impatto significativo anche sulle concentrazioni di radon ai piani superiori.

La scelta del numero e della dislocazione delle abitazioni al piano superiore al piano terra potrà essere modulata sulla base delle risultanze di studi che evidenzino caratteristiche degli edifici, e dei luoghi, tali da sfavorire o favorire livelli alti di concentrazione di radon.

Tutte le misurazioni di concentrazione di radon devono essere effettuate secondo le modalità di cui all’Allegato II del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101.

I risultati delle misurazioni di concentrazione di radon devono essere accompagnati da alcune informazioni sulle caratteristiche dell’abitazione oggetto della misurazione, necessarie per l’analisi dei dati, da raccogliersi ovviamente in modo uniforme tra le Regioni e Province autonome utilizzando lo stesso questionario relativo alle indagini di cui alla parte I di questa Appendice.

Capitolo 4.2 Appendice all’Azione 1.2

 

Indicazioni e criteri per la caratterizzazione del territorio su base geologica

Il presente documento vuole illustrare i principali criteri e indicatori di natura geologica utili per caratterizzare il territorio nazionale riguardo alla prevenzione e riduzione del rischio di esposizione al radon, che ISPRA-Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia ha valutato quali criteri e indicatori per una prima applicazione del PNAR.

L’applicazione dei suddetti criteri e indicatori ha portato alla preparazione di elaborati cartografici e di sintesi analitica, allegati e descritti di seguito.

Considerata la differente disponibilità di dati geologici a livello nazionale e regionale, si è puntato ad affrontare il programma per fasi. In una prima fase di indagine l’indicatore geologico scelto è stata la tipologia litologica, disponibile su tutto il territorio nazionale, correlato con le concentrazioni di radon indoor potenzialmente elevate e con i dati disponibili sulla popolazione. Una seconda fase sarà dedicata a uno studio a livello di maggiore dettaglio, utilizzando altri indicatori geologici, quali la permeabilità e la fratturazione.

Per raggiungere l’obiettivo di una caratterizzazione del rischio radon su base geologica sono stati considerati gli approcci attuati in Italia e all’estero, riconducibili a politiche per ridurre i rischi a lungo termine dovuti all’esposizione al radon.

Negli ultimi 30 anni diverse ricerche hanno affrontato le correlazioni fra la concentrazione di radon indoor e le informazioni provenienti da cartografie geologiche e dalle misurazioni di radioattività naturale effettuate su campioni di roccia. Si tratta di studi spesso riferiti a zone specifiche, in alcuni casi a Regioni, che hanno visto coinvolti enti pubblici locali e università.

Pertanto, partendo dai dati disponibili a livello regionale, forniti dalle ARPA/APPA e dalle Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, e dai dati raccolti da pubblicazioni

tematiche scientifiche nazionali e internazionali [86,87,88,89,90,91,92,93,94], sono state definite delle classi relative di emissività radiogenica potenziale (alta, media e bassa) da assegnare alle tipologie litologiche riportate nella cartografia geologica di riferimento.

Sono state considerate, in particolare, alcune relazioni tecniche provenienti da Regioni e Province autonome (ad esempio Abruzzo [95], Bolzano, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia[96,97,], Piemonte [98,99], Sardegna [100], Toscana [101] e Veneto), lavori scientifici riguardanti il resto del territorio italiano (ad esempio Basilicata [102], Lazio [103,104,105,106,107], Liguria, Campania [108,109], Puglia [110,111] e Sicilia [112,113,114]), e alcuni altri lavori inerenti sia Stati europei (ad esempio Francia [115], Germania [116], Grecia [117] e Spagna [118]) sia Stati extraeuropei (ad esempio Brasile [119,120,121], Egitto [122,123], Finlandia, Giappone [124], India e Pakistan [125]).

 

Informazione geologica di base e radioattività naturale associata

La fonte di riferimento per l’informazione geologica di base è stata la Carta Litologica d’Italia (1:100.000) già disponibile e pubblicata da ISPRA attraverso il portale del Servizio Geologico d’Italia.

Questa informazione di base deriva dalla mosaicatura dei 277 Fogli geologici realizzati nel secolo scorso alla scala 1:100.000, opportunamente rielaborati, che nell’insieme coprono l’intero territorio nazionale e possono essere quindi adeguati alla realizzazione di una cartografia di prima approssimazione del rischio di esposizione al radon a scala nazionale [126].

La legenda della suddetta carta si compone di 9 gruppi litologici distinti tra le principali tipologie di rocce in affioramento sul territorio italiano (sedimentarie litoidi e sciolte; ignee effusive e intrusive; metamorfiche; litotipi particolari quali siti minerari e antropogenici); questi vanno a raggruppare 49 voci litologiche specifiche e una voce riservata per le superfici occupate dalle acque continentali (figura 11).

Il livello di dettaglio geologico di base, in considerazione del numero di classi litologiche, è comparabile con quello delle legende delle carte geologiche regionali italiane predisposte per gli studi regionali sul potenziale rischio di esposizione radiogenica al radon.

La variabilità dei dati di emissività radiogenica potenziale delle rocce riferiti a ogni singolo litotipo è in genere piuttosto elevata e, quindi, ha imposto di limitare la scelta alle tre classi relative di valori di emissività già citate. Infatti, nonostante alcuni tentativi effettuati, è risultato impraticabile proporre una classificazione basata su una suddivisione in un numero maggiore di classi di riferimento.

Questo perché, per valutare l’emissività, sono stati considerati i dati disponibili sulla radioattività delle rocce tramite alcuni degli elementi precursori del Radon (quali Uranio e Radio), facendo oltretutto una valutazione anche della variabilità statistica dei valori misurati su un numero di campioni che, purtroppo, per alcune litologie è piuttosto basso.

Le tre classi alle quali sono state assegnate le litologie distinte in legenda sono perciò da prendere in considerazione come riferimento approssimativo ma funzionale allo scopo dello studio in questa prima fase (tabella 14).

In estrema sintesi, le aree rappresentative della distribuzione spaziale delle litologie presenti in legenda sono state messe in relazione con una delle classi di emissività radiogenica potenziale definite in precedenza.

Tale relazione è stata condotta attraverso l’associazione qualitativa e univoca tra le tipologie di litologia affiorante e le suddette classi di emissività radiogenica.

La cartografia del potenziale grado di emissività radiogenica nelle rocce (qui rappresentata come Carta preliminare della Radioattività Naturale Potenziale, RNP), per quanto risulta, rappresenta il primo tentativo sistematico realizzato alla scala nazionale per classificare il territorio italiano dal punto di vista geologico rispetto alla problematica del rischio di esposizione al radon (figura 12).

 

Il contributo delle informazioni territoriali ISTAT

Sulla base dei risultati dello studio di associazione tra la tipologia litologica e la classe di emissività radiogenica potenziale del radon, sono state quindi considerate le delimitazioni territoriali curate e pubblicate dall’ISTAT [127] al fine di elaborare mappature e quadri di sintesi dei suddetti indicatori in relazione alle unità amministrative regionali e comunali.

Più in dettaglio, lo studio della distribuzione delle aree a maggior esposizione potenziale del radon è stato concretizzato attraverso processi di analisi geografiche con tecniche di overlay e spatial query in ambiente GIS.

La sovrapposizione dell’informazione della emissività radiogenica potenziale associata ai litotipi affioranti con la copertura comunale [128], ha consentito di selezionare le unità comunali interessate dall’alto grado di emissività potenziale radiogenico;

per questi Comuni è stato possibile calcolare, seppur in prima approssimazione, la percentuale di territorio coinvolto dall’alto grado potenziale di emissività radiogenica nelle rocce che in questa fase è stato ritenuto di primaria importanza, perché potrebbe costituire un indicatore preliminare per la successiva definizione delle aree prioritarie nelle quali condurre le analisi radiometriche secondo la normativa vigente (decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101).

In conformità con quanto indicato dal sopra citato decreto e sulla base della Carta preliminare della RNP rispetto alle litologie affioranti, sono stati individuati i Comuni con una percentuale soglia assoluta di almeno 15% del proprio territorio che ricade in area a elevato grado di esposizione, estendendo il suggerimento delle indicazioni per l’individuazione delle aree prioritarie (cfr. articolo11, comma 3 del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101), per le quali dovrà però essere pari o superiore al 15% la stima della percentuale di edifici che supera il livello di 300 Bq/m3; in via maggiormente precauzionale sono state individuate le amministrazioni comunali che detengono almeno il 10% di territorio interessato dal medesimo alto grado di esposizione potenziale e, in via totalmente cautelativa, individuati tutti i Comuni interessati, anche in minima parte, con percentuale di territorio interessato maggiore di 0 (tabella 15 e figure 13, 14 e 15).

L’intervento dei dati ISTAT di dettaglio a livello sub-comunale, individuabili nelle cosiddette località e nelle sezioni di censimento con le relative variabili censuarie (al momento aggiornati all’annualità 2011), ha consentito di conoscere sommariamente la distribuzione e la tipologia della presenza antropica permanente nel territorio, attraverso le quattro tipologie di località definite da ISTAT che suddividono il territorio comunale con le delimitazioni dei “centri abitati”, “nuclei abitati”, “località produttive” e “case sparse”. Le sezioni di censimento curate da ISTAT, che territorialmente frammentano ulteriormente le “località”, sono supportate dalla raccolta dati di censimento effettuati periodicamente e riportano la presenza abitativa e produttiva presente al momento del censimento nazionale (aggiornamento 2011).

Tuttavia, alcune sezioni di censimento, relative a territorio comunale classificato come “case sparse”, possono non essere relazionate ad alcuna variabile censuaria nei casi in cui, all’interno di queste sezioni, non risulti una presenza abitativa o produttiva. In questa precisa condizione, qualora queste stesse sezioni censuarie prive di tessuto abitativo o produttivo siano interessate da un alto grado di emissività potenziale del radon, non sono considerate in termini di superficie, diminuendo così, in questa prima valutazione, la percentuale di territorio interessato dalla presenza potenziale di radon.

Con questo approccio si va a determinare, per i Comuni coinvolti, la percentuale di territorio con potenziale presenza elevata e incidente di radon; tale valore percentuale mantiene il valore assoluto calcolato preliminarmente qualora non vengano interessate sezioni di censimento prive di dati censuari; può ridursi se invece si riscontrano in ambito comunale sezioni di censimento interessate da litologie con elevata presenza potenziale ma prive di dati censuari; o addirittura azzerarsi qualora il territorio comunale fosse interessato esclusivamente all’interno delle delimitazioni di sezioni di censimento prive di dati censuari.

I casi di esempio di seguito illustrati (Figg. 6, 7, 8 e 9) intendono mostrare come evolve la percentuale assoluta di territorio comunale con elevata radioattività potenziale di radon determinata su base geo-litologica verso la percentuale incidente di territorio comunale attraverso l’impiego dei dati pubblicati da ISTAT.

Un altro esempio di comune in cui la percentuale di territorio con elevata presenza potenziale di radioattività incidente diminuisce rispetto alla percentuale assoluta è rappresentato da Valdilana (BI).

Il territorio del comune di Valdilana, istituito nel 2019 dalla fusione dei Comuni di Mosso, Soprana, Trivero e Valle Mosso, insiste sulle rocce basiche della zona Ivrea-Verbano e sui graniti del Biellese e della Valsessera, che manifestano una radioattività medio-bassa.

Il Comune amministra anche un’isola montana distaccata che insiste sul plutone oligocenico della Valle del Cervo.

Quest’ultimo è formato da una sienite che registra una elevata attività radioattiva.

 

Attività previste per le successive fasi di elaborazione del PNAR e conclusioni

Nelle fasi successive di elaborazione del PNAR, si prevede di perfezionare l’elaborazione della Carta preliminare di RNP, prendendo in considerazione altri parametri geologici che condizionano in varia misura le esalazioni di radon dal sottosuolo quali la permeabilità relativa, la fratturazione e la distribuzione dei fenomeni carsici nelle rocce.

È opportuno precisare che la carta ad oggi elaborata rappresenta un prodotto preliminare che potrà essere modificato profondamente sulla base della valutazione dei parametri geologici sopra menzionati.

Questo significa che aree che in questa fase ricadono in zona a media o bassa radioattività naturale potenziale, potrebbero essere riclassificate come ad alta emissività

radiogenica sulla base della presenza di venute di acqua, elevata fratturazione e/o alta permeabilità.

Al contrario, le successive integrazioni al presente documento, non avranno modo di suggerire una diminuzione del grado delle classi di emissività.

Tale indicazione potrebbe essere verosimilmente proposta solo in seguito ad analisi dirette sul terreno, che potrebbero essere eseguite, o lo sono già state, dalle ARPA/APPA o altre istituzioni preposte.

A titolo esemplificativo, si riporta il caso della città di Trieste. Nella Carta preliminare RPN, il territorio della Regione Friuli Venezia Giulia è stato classificato quasi completamente in bassa radioattività naturale (figura 12). Focalizzando sull’area del comune di Trieste, si osserva che, in effetti, la radioattività delle rocce affioranti è nella fascia medio-bassa (figura 20a), ma i dati delle misure di Radon indoor, forniti da ARPA Friuli Venezia Giulia, evidenziano che nella parte nord-orientale della città si registrano valori di concentrazione di radon piuttosto elevati (figura 20b).

Una possibile ipotesi per spiegare tale fenomeno può essere l’alta permeabilità delle rocce affioranti proprio in quest’area, come si può osservare in figura 20c.

In conclusione, questo primo lavoro sulla potenziale radioattività naturale delle litologie affioranti, mostra sicuramente delle differenze con altri studi che hanno preso in considerazione anche analisi dirette sul terreno a scala di maggiore dettaglio e altri indicatori geologici.

Come sopra accennato, la valutazione delle caratteristiche quali permeabilità e fratturazione dei litotipi avverrà nelle prossime fasi di integrazione al presente documento e quindi solo allora potranno essere verificate alcune delle differenze tra le cartografie qui prodotte e quelle disponibili da altri studi e messe in evidenza quelle aree del territorio italiano nelle quali è riscontrabile questa incongruenza.

È importante ribadire che le nostre analisi non hanno evidenziato in alcuni settori o Regioni, quali le Marche e la Puglia, la presenza di aree caratterizzate da potenziale emissività radiogenica elevata, laddove era già stata riscontrata a seguito di analisi e indagini di dettaglio da parte di altre istituzioni una elevata esposizione al radon, come è stato mostrato nell’esempio della città di Trieste.

In definitiva, si ritiene che le elaborazioni qui presentate siano in linea con le finalità previste in questa prima fase di elaborazione, ossia di dare indicazioni al MASE e alle Regioni e Province autonome su quali sono i Comuni nei quali proseguire o iniziare con più urgenza un monitoraggio ambientale sull’esposizione potenziale della popolazione al radon ai fini della normativa vigente, soprattutto in quelle situazioni in cui, si ribadisce, queste importanti indagini ambientali non sono ancora state intraprese, o lo sono state con molto ritardo.

Si riporta, infine, che, oltre alle elaborazioni mostrate nel presente documento, saranno in seguito disponibili, in formato digitale e in tempi e modalità da definire, i seguenti prodotti:

1) shapefile della Carta preliminare della Radioattività Naturale Potenziale;

2) tabelle con elenco dei Comuni interessati da rocce in superficie con elevata radioattività potenziale relativamente a valori soglia percentuale assoluta di territorio almeno del 15 e 10% e maggiore di 0%.

Capitolo 4.3 Appendice all’Azione 1.3

 

Prima individuazione di specifiche tipologie di luoghi di lavoro, ai sensi dell’articolo 16, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101

Premesso che il decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, all’articolo 16, comma 1, lettera a) indica i luoghi di lavoro sotterranei oggetto dell’obbligo di misurazione e considerato che per luogo di lavoro sotterraneo si intende “locale o ambiente con almeno tre pareti interamente sotto il piano di campagna, indipendentemente dal fatto che queste siano a diretto contatto con il terreno circostante o meno” [129], lo stesso decreto all’articolo 16, comma 1, lettera c) nel campo di applicazione considera “specifiche tipologie di luoghi di lavoro identificate nel Piano nazionale d’azione per il radon”.

Inoltre l’allegato III del medesimo decreto ai punti 3 e 4 indica la necessità di identificare sia le “tipologie di luoghi di lavoro”, che le “attività lavorative” a maggior rischio dal punto di vista del radon.

Di seguito si riporta un primo elenco delle “specifiche tipologie di luoghi di lavoro” alle quali si applica quanto previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, articoli 17 e 18.

Inoltre, ai fini dei una corretta individuazione dei punti di misura, per l’applicazione degli obblighi per l’esercente di cui all’articolo 17 e a integrazione delle modalità di esecuzione della misurazione di concentrazione media annua di attività di radon, di cui all’Allegato II del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101, si riportano alcuni criteri per l’individuazione dei punti di misura.

Capitolo 4.4 Appendice alle Azioni 2.1 e 2.2

 

Specifiche tecniche di intervento – Progettazione di interventi mirati

Con intento introduttivo e divulgativo, si illustrano nel seguito, sinteticamente, i principali elementi tecnici riferiti alle metodologie di intervento normalmente impiegate nella pratica corrente per il risanamento o la prevenzione dell’inquinamento da radon, sia nel caso di nuove costruzioni o ristrutturazioni, sia per risanamenti specifici di edifici preesistenti.

Tra le diverse soluzioni, ovviamente, di volta in volta occorrerà individuare quella più adatta alla particolare situazione.

Per i necessari approfondimenti, si rimanda ai pregevoli lavori che vari enti, sull’intero territorio nazionale, hanno predisposto al fine di approfondire, in senso tecnico e con scopi immediatamente operativi e applicativi, le problematiche della prevenzione e del risanamento da radon.

Tra gli altri, si segnala il documento linee guida per la prevenzione delle esposizioni al gas radon in ambienti indoor, adottato dalla Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia con decreto n.12678 del 21 dicembre 2011.

Il documento intende proporsi come utile strumento operativo per i Comuni, per i progettisti e per i costruttori, fornendo indicazioni e suggerimenti riguardanti la realizzazione di nuovi edifici radon-resistenti e le azioni per ridurre l’esposizione al gas radon nel caso di edifici esistenti, anche in sinergia con gli interventi finalizzati al risparmio energetico.

Nel caso di ristrutturazioni e di interventi di mitigazione su edifici esistenti, sebbene la maggior parte delle tecniche possano essere adattate e trovare una applicazione generalizzata, ogni intervento va pianificato e progettato in funzione della particolare configurazione architettonica dell’edificio e delle sue caratteristiche costruttive.

In linea generale, non si possono escludere interventi che prevedano significative modifiche d’uso degli ambienti. In taluni casi possono esistere vincoli architettonici che limitano sensibilmente la scelta delle tecniche di intervento.

Per le nuove costruzioni, è inevitabile che le singole scelte progettuali, anche di dettaglio, possano avere una decisiva influenza in relazione alle problematiche di esposizione al radon.

Si riportano nel seguito, a puro titolo esemplificativo, alcune situazioni progettuali che, in determinate condizioni, possono essere messe in relazione a tali pericoli.

Quando si presentano i presupposti per temere un inquinamento da radon, l’attenzione volta a tali aspetti, sin dalla fase di pianificazione e di prima programmazione dell’iter progettuale, può poi consentire una maggiore flessibilità nella scelta delle soluzioni più adeguate al momento di definire le misure specifiche per la riduzione del rischio radon.

Naturalmente, ogni soluzione progettuale, seppure correttamente ideata, rischia poi di essere vanificata senza una corretta esecuzione a livello tecnico.

 

Destinazione d’uso dei locali

Generalmente, la concentrazione eccessiva di radon tende a manifestarsi di prevalenza negli ambienti posti a contatto, o comunque in prossimità, del terreno; analoghe problematiche possono insorgere in ambienti comunque realizzati su cantine o spazi seminterrati chiusi.

In determinate situazioni le problematicità si sono evidenziate anche in edifici realizzati su pendii o in zone scoscese.

Ne consegue che le soluzioni architettoniche che privilegino la «separazione» dal suolo dei locali di utilizzo, soggiorno o lavoro che sia, ovvero che prevedano l’assenza di passaggi intercomunicanti tra interrati/cantine e piani superiori, sono in sintonia con una strategia di protezione dal rischio radon.

Situazioni di maggiore problematicità, ovviamente, sussistono quando, dovendo affrontare una ristrutturazione, si è in presenza di locali seminterrati già utilizzati o, comunque, per i quali le esigenze progettuali indirizzino verso un loro riutilizzo futuro.

Una situazione potenzialmente insidiosa può determinarsi in presenza di vani o spazi caratterizzati da sviluppo verticale, relativamente delimitati verso l’esterno (ad esempio: vano scala o vano ascensori) ma direttamente comunicanti con il livello cantine o con gli ambienti interrati; sono situazioni, infatti, in cui si rischia, con una sorta di effetto camino, di rendere i locali superiori facilmente accessibili al radon.

In tali casi, il ricorso a soluzioni progettuali assai semplici da ideare (uso di porte isolanti opportunamente disposte; prevedere un accesso alle cantine solo dall’esterno, o da vano chiuso) possono risolvere adeguatamente il problema.

 

Tenuta stagna e isolamento dagli ambienti a contatto con il terreno

Realizzare una vera e propria sigillatura a tenuta stagna delle cantine e degli ambienti interrati, così da creare una completa separazione con gli altri ambienti sovrastanti della costruzione non è pensabile.

Si deve considerare che, di regola, gli edifici destinati a un utilizzo che preveda la presenza più o meno stabile di persone, sono dotati di uno strato di isolamento termico e di guaine impermeabilizzanti che chiudono gli spazi utili interni dall’ambiente esterno, l’uno per necessità di risparmio energetico, le altre per evitare o ridurre le problematiche di umidità come pure di infiltrazione o risalita dell’acqua.

Gli stessi elementi architettonici (pareti perimetrali, infissi eterni) svolgono tale duplice funzione di isolamento termico e di impermeabilizzazione.

Si può allora pensare di utilizzare opportunamente questi stessi sistemi di isolamento e impermeabilizzazione al fine di individuare soluzioni pratiche che consentano, laddove necessario, di realizzare efficaci sistemi di prevenzione dal radon: la guaina isolante posta sotto le fondamenta può essere utilizzata anche a questo fine; o ancora, si può concepire una ulteriore barriera separando le cantine dai livelli superiori a mezzo di una soletta continua in cemento armato.

 

Condutture di impianti

Le tubazioni degli impianti idrico e del gas, come le condutture a servizio dell’impianto di riscaldamento (spessore provenienti da serbatoi interrati) se introdotte nell’edificio a partire dal livello fondazionale, costituiscono un potenziale punto di infiltrazione del radon; la soluzione di ammorsare tali tubazioni nel calcestruzzo o nelle pareti perimetrali, o anche l’impiego di collanti speciali, non sempre danno le necessarie garanzie di durabilità.

Soluzioni più opportune possono prevedere il passaggio attraverso le pareti perimetrali, realizzando anche un riempimento drenante, ad esempio in ghiaia, che assicuri una adeguata ventilazione al fine di evitare concentrazioni di radon.

Analoghe problematiche si presentano per le condutture di più piccolo diametro, solitamente impiegate per il passaggio dei cavi elettrici, i quali troppo spesso risultano realizzati con una insufficiente sigillatura interna.

Anche l’impianto di fognatura dovrebbe prevedere l’attraversamento del pavimento dei locali cantina nel minor numero possibile di punti, minimizzando anche il numero di diramazioni sottostanti tali ambienti (con i relativi pozzetti di ispezione).

Da non sottovalutare gli sterri realizzati per le canalizzazioni degli impianti in ingresso, i quali possono costituire altrettanti punti di raccolta del radon: anche qui, la realizzazione di un adeguato riempimento drenante può aiutare a evitarne la concentrazione.

 

Ventilazione naturale del terreno sottostante la fondazione

Una soluzione progettuale semplice è quella di sfruttare lo strato di vespaio solitamente posizionato sotto le fondazioni e il riempimento posto a lato delle costruzioni a livello interrato, entrambi realizzati con fini drenanti, allo scopo di consentire l’allontanamento delle acque presenti nel terreno: il vespaio sottostante, drenante e permeabile, mantenuto in collegamento con il riempimento laterale, favorirà il transito dell’aria presente nel sottosuolo, che rischia di arricchirsi di radon, consentendone il passaggio verso gli strati laterali del riempimento e il continuo ricambio, così da evitare la possibilità di concentrazione di radon.

Si sottolinea ancora una volta che la lotta al radon, sia per le nuove costruzioni che per risanamenti o bonifiche di edifici esistenti, si avvale di tecniche di intervento abbastanza simili, che rimandano agli stessi principi teorico-scientifici.

Queste tecniche, siano esse mirate alla prevenzione o al risanamento/bonifica, concettualmente si distinguono in due differenti metodologie di intervento: l’Isolamento e la Ventilazione.

 

Eliminazione del radon tramite isolamento

In tali casi, la protezione dal radon, che ne ostacoli e impedisca l’infiltrazione attraverso l’aria proveniente dal sottosuolo, deve sempre prevedere una «intercapedine» o barriera chiusa tra l’edificio e il terreno, attraverso l’impiego di membrane sigillanti o rivestimenti isolanti.

Si può anche concepire un duplice intervento protettivo, uno che miri a isolare le parti della costruzione a diretto contatto con il terreno, l’altro localizzato al confine tra i locali interrati/cantine e gli ambienti adibiti a soggiorno di persone.

Nelle nuove costruzioni è più facile limitare l’infiltrazione di radon con tecniche di costruzione a tenuta stagna e/o con misure sistematiche di sigillatura, mentre in caso di risanamenti e ristrutturazioni, a causa della presenza di numerosi punti di accesso potenzialmente deboli (vano scale, in completa comunicazione con le cantine, locali interrati con pavimentazione in materiale naturale privo di adeguato isolamento, condutture e tubazioni variamente e disordinatamente disposti, pozzetti di ispezione a livello delle cantine…) spesso si deve intervenire principalmente attraverso la realizzazione di isolamenti tra il terreno e l’edificio o intorno ai locali per i quali si è rilevato il rischio di elevata concentrazione di radon.

Tuttavia, proprio negli interventi di risanamento e nel caso di ristrutturazioni, per i motivi ora indicati, le tecniche che fanno ricorso all’isolamento non sempre riescono a dare gli effetti sperati, per cui sovente si concepiscono strategie di intervento “miste”, che accoppiano soluzioni di isolamento con misure di ventilazione.

 

Eliminazione del radon tramite ventilazione

L’infiltrazione del radon attraverso l’aria è favorita dalla presenza di una depressione tra il sottosuolo e l’interno dell’edificio, innescata normalmente dalla presenza naturale di un gradiente termico tra l’interno e l’esterno, in particolare nel periodo invernale a causa della presenza di ambienti interni riscaldati.

Come già visto, la presenza di ambienti a diretto collegamento, ma anche l’esistenza di insospettabili aperture o fessure correlate a tubazioni e condutture, determinano un vero e proprio effetto camino che risucchia l’aria sino ai piani superiori.

Anche la presenza di stufe e camini, come pure gli impianti di aspirazione, contribuiscono a creare vie preferenziali per questo genere di fenomeno.

Le tecniche di intervento che fanno ricorso alla ventilazione, mirano a modificare la ripartizione della pressione tra interno ed esterno della costruzione, in modo da ostacolare l’infiltrazione dell’aria ricca di radon, impedendone o comunque limitandone la forte concentrazione.

Le strategie di intervento, in sostanza, si concentrano sulle seguenti metodologie, a volte onerose economicamente: ventilazione dell’area sottostante l’edificio (ad esempio ripristinando aperture di areazione preesistenti o realizzando un sistema coordinato di aperture e tubazioni); generazione di sovrappressione artificiale all’interno dell’edificio; espulsione dell’aria ricca di radon presente all’interno dei locali interrati o negli stessi ambienti di soggiorno, attraverso un sistema di ventilazione forzata.

Con particolare riferimento agli interventi di risanamento da radon, come pure alle ristrutturazioni di edifici esistenti, la esatta determinazione quantitativa del possibile livello di concentrazione di radon diventa particolarmente importante.

Pertanto, occorre innanzitutto scegliere con cura i punti in cui effettuare le misurazioni, privilegiando di regola i locali situati al piano terreno o a livelli interrati, mentre nelle zone ai piani superiori in genere è raro che si presenti un’elevata concentrazione di radon; ma, alcune situazioni particolari, come per esempio locali abitati sopra ampi spazi chiusi a contatto con il terreno, o un corpo scale parzialmente aperto all’esterno e in comunicazione con le cantine, possono innescare condizioni in cui le correnti ascensionali di aria trasportino per effetto termico aria a significativa concentrazione di radon fino ai locali situati ai piani superiori.

Al fine di evitare dispendiose misure basate su dati imprecisi delle misurazioni, è raccomandabile l’effettuazione di una vera e propria campagna di prove, commisurate all’entità dell’opera, che preveda la misurazione in diversi punti delle zone prescelte.

Ugualmente di primaria importanza è poter disporre di informazioni puntuali sulla costruzione esistente (materiali impiegati, tipi e dislocazione delle condutture dei vari impianti…), che dovranno essere organizzate e catalogate per gli usi futuri.

Inoltre, sempre avendo a riferimento il reale livello di potenziale rischio del radon (attraverso la conoscenza del sito sulla base dei dati a disposizione, ovvero a seguito di misurazioni dirette), una programmazione lungimirante può a volte prevedere l’opportunità di procedere gradualmente, concependo misure di risanamento “semplici”, o comunque soluzioni tecniche di carattere provvisorio (ad esempio, stuccatura sistematica di giunti e fessure con materiali speciali, isolamento attraverso un sistema di porte a tenuta stagna, areazione dei vespai sotto il pavimento e delle intercapedini, apertura di vani per garantire la ventilazione a livello di scantinati….) e solo dopo averne verificato l’effetto, progettare misure più complesse e definitive, che possono anche consistere nel solo completamento di quelle già attuate.

Con particolare riferimento alle nuove costruzioni, è da considerare che può capitare spesso, al momento dell’avvio dei lavori, di non disporre di tutte le informazioni necessarie a livello geotecnico in relazione al sedime di fondazione.

Solo dopo l’inizio della costruzione, sulla base di ulteriori indagini di affinamento, si potranno avere dati in relazione alla permeabilità del terreno, il che influirà sulla scelta delle specifiche misure da adottare per la riduzione del rischio radon.

Per altro verso, laddove si conosca perfettamente la situazione di partenza, si potranno meglio elaborare una strategia di intervento flessibile che permetta la scelta tra più soluzioni.

Inoltre, da tener presente che nel caso di nuove costruzioni, almeno laddove permangano incertezze sulla reale significatività del livello di rischio da radon da affrontare, un sano principio di efficiente pianificazione in termini progettuali, può essere quello di prevedere, in fase costruttiva, una serie coordinata di interventi e predisposizioni tali da poter realizzare, ove se ne presentasse la necessità, le misure per affrontare adeguatamente eventuali situazioni di criticità da radon che dovessero nel tempo sopravvenire.

In particolare per le nuove costruzioni, è da considerare che molte scelte effettuate a livello di progettazione possono aumentare o diminuire il rischio radon, per cui diviene importante che l’attenzione del progettista sia volta, da subito, anche a tale problematica, al fine di attuare, qualora dovessero presentarsi le condizioni, le misure protettive o preventive più adeguate ed efficaci.

In ogni caso, sia che si tratti di nuove costruzioni o di interventi su edifici esistenti, tenendo comunque sempre presenti le singolarità e le specificità delle singole situazioni, i diversi tipi di intervento possono non avere tutti la stessa efficacia in termini di riduzione o prevenzione del rischio radon.

In linea di principio, sono da privilegiare le tecniche di intervento a livello del contatto suolo edificio, quali ad esempio depressurizzazione attiva o passiva del vespaio o realizzazione del cosiddetto pozzetto-radon nel caso di fondazioni a platea: peraltro, si tratta di soluzioni comunemente utilizzate e di non particolare complessità tecnica.

La soluzione della sigillatura, seppure sistematicamente perseguita, da sola è certamente meno efficace e in genere è complementare ad altri interventi principali.

 

Tecniche di isolamento

In sede di pianificazione occorre considerare che, laddove non siano da temere alte concentrazioni di radon, l’isolamento può essere garantito dalla stessa struttura della parte interrata dell’edifico, se realizzata interamente in cemento armato.

Nonostante la maggiore possibilità di diffusione/permeabilità del radon rispetto al vapore d’acqua, in generale va considerato che le tecniche impiegate contro l’umidità sono solitamente efficaci anche contro il radon.

 

Tecniche di ventilazione

Come già accennato, laddove vi siano problematiche legate alla presenza di radon, questo tende a infiltrarsi naturalmente negli edifici, a partire dagli ambienti a contatto con il sottosuolo, a causa della differenza di pressione nell’aria circolante e per effetto del gradiente termico.

Le strategie di intervento tendenti a modificare la differenza di pressione tra interno ed esterno della costruzione, pertanto, hanno tutte le potenzialità per rivelarsi abbastanza efficaci nel contrasto all’infiltrazione in forti concentrazioni del radon.

Si tratta di tecniche di intervento destinate ad avere maggiore successo per le nuove costruzioni, potendo ragionevolmente sperare – se esse sono realizzate correttamente – di impedire in assoluto le infiltrazioni di radon; nel caso di edifici esistenti, i risultati possono rivelarsi meno consistenti e, comunque, non sempre perseguibili in termini economicamente sostenibili, in quanto possono comportare significativi interventi di ristrutturazione.

Si è soliti distinguere tra “ventilazione passiva” (sono le tecniche che sfruttano il gradiente termico naturale) e “ventilazione attiva” (prevedono l’impiego di impianti di ventilazione): per quest’ultima, l’elevato costo in termini di consumo di energia elettrica e le problematiche di manutenzione, che possono rivelarsi complesse e dispendiose, costituiscono evidenti svantaggi.

Per le nuove costruzioni, soprattutto quando siano ipotizzabili significative problematiche legate al radon, è raccomandabile, già in fase di progettazione iniziale, impostare la pianificazione tecnica degli interventi prevedendo un sistema di predisposizioni che consentano in futuro, a opera conclusa, l’eventuale installazione di un impianto di ventilazione.

Ad esempio, durante la realizzazione delle fondazioni, porre in opera un sistema di tubi flessibili microforati, collegati a uno o più pozzetti esterni all’edificio (pozzetti-radon), dove, se ci fosse poi necessità, potrà essere posizionato un adeguato impianto di ventilazione per aspirare l’eventuale radon in eccesso.

Le tecniche di ventilazione usualmente impiegate, a livello di interventi edilizi e impiantistici, per grandi linee possono essere così identificate e descritte:

– Contrasto degli effetti naturali del gradiente termico (modifica della distribuzione del sistema di depressioni presente)

Si tratta di tecniche di ventilazione passiva di vario tipo:

-negli ambienti interrati, procedere all’isolamento

– per quanto possibile

– dei pozzi di installazione e dei camini presenti; dotare tali elementi di una presa d’aria esterna; realizzare aperture verso l’esterno al fine di controbilanciare la depressione rispetto al suolo;

-negli ambienti abitati, dotare le caldaie e le stufe di prese dirette per l’approvvigionamento d’aria fresca esterna (peraltro, si tratta di accorgimenti attualmente prescritti dalle normative impiantistiche per motivi di sicurezza); valutare la possibilità di impiegare valvole a tenuta stagna nei camini e nelle stufe (questa misura può però essere in contrasto con la normativa tecnica degli impianti)

-nelle camere di combustione degli impianti di riscaldamento è raccomandabile creare un apporto controllato di aria esterna (attraverso tubi di diametro adeguato) così da diminuire la depressione creata dai bruciatori a iniezione; analoga situazione la si riscontra per camini e stufe;

– Ventilazione (messa in depressione) del terreno sottostante la costruzione

Tali soluzioni possono anche prevedere interventi di ventilazione attiva.

Le tecniche di intervento più usuali sono le seguenti:

a) areazione adeguata dei vespai: le buone tecniche costruttive, peraltro utili anche per evitare la risalita dell’umidità, prevedono già la realizzazione di vespai con intercapedini dotate di aperture o griglie di aerazione, le quali devono essere di adeguate dimensioni; si può anche creare una vera e propria depressurizzazione del vespaio introducendo una tubazione di diametro opportuno e collegandovi un ventilatore, così da determinare una differenza di pressione rispetto all’ambiente sovrastante;

b) drenaggio sotto la base dell’edificio: realizzazione di un sistema di tubi di drenaggio o canali, aventi la parte inferiore perforata al fine di convogliare e allontanare il radon presente; la presenza continua di aria satura di radon rende tale tecnica plausibile solo se si riesce a creare comunque anche una depressione generalizzata rispetto agli ambienti interrati sovrastanti (ad esempio, posando una guaina impermeabilizzante tra terreno e tubi, che ostacoli l’afflusso d’aria satura);

c) creazione di uno o più pozzetti di raccolta sotto il pavimento dei locali interrati (“pozzetti radon”) completi di tubazioni (eventualmente dotati di ventilatori) per l’allontanamento del radon all’esterno; tali pozzetti, che devono comunque previsti in combinazione con un sistema di drenaggio a vespaio, è bene che siano approfonditi sino allo strato impermeabile del sottosuolo;

d) in presenza di punti preferenziali di infiltrazione (ad esempio i giunti di dilatazione tra pareti e plinto di fondazione) sono state concepite soluzioni che prevedono la realizzazione di canali di raccolta dell’aria dotati di piccoli ventilatori e collegati all’esterno tramite tubazioni di scarico;

e) (nelle ristrutturazioni) realizzazione di un nuovo pavimento sull’esistente, dotato di intercapedine; l’eliminazione del radon nell’intercapedine avviene tramite aspirazione dell’aria e allontanamento all’esterno attraverso canalizzazione; si può anche ipotizzare l’aspirazione, generalmente con ventilazione attiva, dalle intercapedini e dalle condutture di drenaggio preesistenti;

f) creazione di appositi pozzi per il radon all’esterno dell’edificio; la soluzione, come già anticipato, può essere prevista in fase di progettazione delle nuove costruzioni, con la predisposizione di un sistema di canalizzazioni sottostanti gli edifici.

L’esito di molte di queste soluzioni dipende dalle tecniche costruttive; ad esempio in presenza di vespai estesi e privi di isolamento o gettata di calcestruzzo, la depressione generata all’interno del pozzetto si esaurisce nelle immediate vicinanze e non riesce a raggiungere l’intero perimetro dell’edificio; ciò consente al radon lontano dal pozzetto di concentrarsi nel vespaio e diffondersi nell’edificio.

Si segnale, infine, che in concomitanza al posizionamento di condotti di raccolta del radon, è sempre importante effettuare una efficace sigillatura della pavimentazione e delle pareti.

Lo stesso accorgimento vale per le coperture dei pozzetti destinati alla raccolta del radon, per evitare vie di fuga del gas.

– Aspirazione o ventilazione dell’aria dai locali interrati

Soluzioni che prevedono l’aspirazione del radon dai locali interrati, o al piano terreno, tramite ventilazione naturale (abbondante ricambio di aria; creazione di aperture permanenti aggiuntive, o ampliamento delle preesistenti) costituiscono misure provvisorie d’emergenza, in attesa di interventi definitivi, e non possono essere prese in considerazione nell’ambito di risanamenti che vogliano essere effettivamente risolutivi.

Metodi di ventilazione attiva sono, in linea di principio, più efficaci. In tali casi si può adottare una tecnica di depressurizzazione, creando una depressione tramite l’impianto di ventilazione: si instaura una depressione nel locale che favorisce il richiamo di aria ricca di radon e la sua concomitante espulsione; la concentrazione di radon all’interno della cantina aumenta, ma la depressione impedisce al gas di fluire verso gli ambienti superiori.

Si può anche utilizzare l’impianto di ventilazione per immettere aria esterna, creando una sovrappressione che tende a innescare un flusso opposto a quello d’ingresso del radon.

Il ricorso a impianti di ventilazione diviene però economicamente gravoso e di impegnativa esecuzione nel caso di locali piuttosto ampi e con disposizioni planimetriche complesse.

– Ventilazione forzata all’interno dei locali di soggiorno

In genere si tratta di realizzare impianti di ventilazione, anche a carattere centralizzato, dotati di recupero del calore: con questo sistema, tramite una pompa di calore l’umidità e il calore dell’aria raccolta vengono trasferiti all’aria fresca immessa negli ambienti interessati; l’aria di scarico viene raccolta in appositi locali ed espulsa all’esterno.

Si può ricorrere all’applicazione di un sistema di ventilazione meccanica controllata, con diluizione continua dell’aria, anche per interventi mirati e localizzati: ad esempio, attraverso elementi igro-regolabili di immissione di aria esterna da posizionare al di sopra delle finestre degli ambienti principali di soggiorno; o anche, attraverso piccoli ventilatori installati nelle cappe dei camini o nella la cappa d’aspirazione delle cucine, favorendo l’espulsione dell’aria viziata.

In generale, per interventi di tipo massivo, sono soluzioni che devono essere attentamente pianificate in coerenza con la progettazione impiantistica complessiva della costruzione (si pensi, ad esempio alle problematiche di inquinamento acustico).

– Fase di monitoraggio in corso d’opera e finale

Indipendentemente dalle tecniche di intervento impiegate, è di fondamentale importanza prevedere un adeguato monitoraggio, sia in corso d’opera che finale.

In corso d’opera le misure di protezione contro il radon devono essere oggetto di attenzione da parte della direzione dei lavori e del collaudatore.

In particolare, occorre eseguire verifiche intermedie, se non veri e propri collaudi parziali, delle misure poste in opera, nonché misurazioni della effettiva concentrazione di radon.

Infine, solo dopo aver verificato la regolare effettuazione delle lavorazioni a regola d’arte, si potrà procedere all’esecuzione degli ulteriori lavori che comportino la ricopertura delle lavorazioni effettuate e ne impediscano ulteriori controlli.

Da non sottovalutare la possibilità di utilizzare strumentazioni per rilevazioni della presenza di radon in tempo reale, al fine di effettuare una immediata verifica delle scelte adottate in prima istanza.

E’ opportuno che le fasi di verifica in corso d’opera siano contrattualizzate nel Capitolato Speciale d’Appalto o in apposite procedure e istruzioni operative, preferibilmente all’interno del Sistema di Gestione della Qualità dedicato alla realizzazione delle opere.

Analogamente, a opere ultimate, la verifica finale dell’efficacia degli interventi deve essere affidata alla specifica attività e responsabilità del collaudatore, anche attraverso misurazioni della effettiva concentrazione di radon, protratte per un tempo adeguato in relazione alle operazioni di collaudo finale delle opere. Inoltre, è auspicabile che le misurazioni successive della concentrazione di radon, a carattere periodico, facciano parte dei controlli pianificati all’interno di un Programma di uso e manutenzione dell’opera.

Nel caso in cui si sia fatto ricorso a soluzioni di “ventilazione attiva”, tale Programma deve contenere necessariamente un Piano di esercizio e manutenzione degli impianti di ventilazione, che preveda la misurazione periodica dell’intensità dei flussi d’aria.

 

Capitolo 4.5 Appendice all’Azione 2.4

 

Attività 2.4: Indicazioni riguardanti la formazione degli esperti in interventi di risanamento radon

Il presente documento vuole illustrare i principali contenuti da affrontare nell’ambito della formazione degli esperti di interventi di risanamento radon. L’allegato II del decreto legislativo 31 luglio 2020, n.101prevede infatti che gli esperti in interventi di risanamento radon seguano un corso di formazione della durata di 60 ore.

A valle del corso di formazione deve essere prevista una verifica, che vincoli il rilascio dell’attestato di partecipazione e che accerti le competenze acquisite dai partecipanti.

Lo scopo principale del corso di formazione deve essere quello di fornire ai futuri esperti di intervento di risanamento radon le conoscenze tecniche di base necessarie al fine di poter progettare, realizzare e verificare gli interventi di prevenzione e risanamento del radon.

Sarà dunque necessario prevedere una parte del corso più teorica con particolare riguardo ad aspetti generali di formazione sul radon, agli effetti sanitari ad esso collegati, agli strumenti di misura e alla normativa di riferimento, una formazione specifica sulle tecniche di prevenzione del radon negli edifici di nuova costruzione e di mitigazione per gli edifici esistenti, ed una parte più applicativa dove presentare dei casi di studio su interventi di risanamento radon.

Alla fine del corsodovrà essere prevista una verifica dell’apprendimento.

Di seguito sono riportate indicazioni più dettagliate circa i contenuti da trattare durante il corso di formazione:

Introduzione al radon

– Informazioni generali sulla radioattività e sulle sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti;

– Informazioni sul radon e sulle sue caratteristiche;

– Effetti sanitari dell’esposizione al radon;

– Quadro nazionale sul radon;

– Normativa di riferimento;

– Sistemi di misura del radon attivi e passivi per la stima della concentrazione di radon media annua e servizi di dosimetria;

– Sorgenti di radon con particolare riferimento alla migrazione del radon dal suolo, ai materiali da costruzione e alla presenza del radon nelle acque

Tecniche e strumenti di misurazione e mitigazione

– Vie di ingresso del radon indoor, variabilità spaziale e temporale;

– Radon, qualità dell’aria ed efficientamento energetico;

– Metodi e protocolli per la misura della concentrazione di radon;

– Riferimenti tecnici nazionali ed internazionali;

– Principali interventi di risanamento radon in edifici esistenti, con particolare riferimento ai sistemi di risanamento attivi e passivi;

– Principali interventi di prevenzione nei nuovi edifici;

– Accorgimenti tecnici in fase di realizzazione di un intervento di risanamento: buone prassi;

– Verifica e monitoraggio degli interventi di risanamento.

Casi studio

– Parametri da considerare per progettare un intervento di risanamento;

– Progettazione di un intervento di risanamento, dal sopralluogo fino al monitoraggio dell’intervento di risanamento;

– Presentazione di casi studio di interventi di risanamento in edifici di piccole dimensioni, quali le abitazioni unifamiliari; Presentazione di casi studio di interventi di risanamento in edifici di grandi dimensioni (condomini, scuole, ospedali, ecc.);

– Presentazione di casi studio di interventi di risanamento in luoghi di lavoro sotterranei;

– Presentazione di casi studio di interventi di risanamento in edifici con elevata concentrazione di radon;

– Presentazione di casi studio di interventi di risanamento in edifici in aree con caratteristiche geologiche particolari ad esempio in aree carsiche;

– Presentazioni di casi studio di interventi di risanamento in edifici con caratteristiche strutturali particolari, ad esempio utilizzo di materiali di origine vulcaniche;

– Presentazioni di casi studio di interventi di risanamento in edifici con vincoli architettonici.

Capitolo 5.1 Acronimi

 

– AIEA Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica

– AIRC Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro

– ANPA Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente

– ANR Archivio Nazionale Radon

– ASL Aziende Sanitarie Locali

– ANCE Associazione Nazionale Costruttori Edili

– ARPA/APPA Agenzie Regionali e Provinciali per la Protezione dell’Ambiente

– CCM Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie

– CEN European Committee for Standardization

– CENELEC European Committe for Electrotechnical Standardization

– CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche

– CPR Regolamento Prodotti da Costruzione

– CRR Centro di Riferimento Regionale per il controllo della Radioattività Ambientale

– CSR Conferenza Stato-Regioni

– DA Decreto assessoriale

– DGR Delibera di Giunta Regionale

– DoP Dichiarazione di Prestazione

– EAD Documenti per la Valutazione Europea

– ENEA Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’Energia e lo sviluppo economico sostenibile

– EOTA European Organization for Technical Assessment

– FAD Formazione a Distanza

– GDPR Regolamento generale per la protezione dei dati personali UE n.2016/679

– GU Gazzetta Ufficiale

– ICRP International Commission on Radiological Protection

– IAEA International Atomic Energy Agency

– INAIL Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro

– INL Ispettorato Nazionale del Lavoro

– ISIN Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione

– ISS Istituto Superiore di Sanità

– ISPESL Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro

– ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale

– ISTAT Istituto Nazionale di Statistica

– LR Legge Regionale

– MASE Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica

– MI Ministero dell’interno

– MIMIT – Ministero delle imprese e del made in Italy

– MIMS Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili

– MiSE Ministero dello sviluppo economico

– MIT Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

– MiTE Ministero della transizione ecologica

– MLPS Ministero del lavoro e delle politiche sociali

– MS Ministero della salute

– NORM Naturally Occurring Radioactive Materials

– OMS Organizzazione Mondiale della Sanità

– ONU Organizzazione delle Nazioni Unite

– PA Pubblica Amministrazione

– PNAR Piano nazionale d’azione per il radon

– PNP Piano nazionale di prevenzione

– PRP Piano regionale della prevenzione

– RLS Rappresentanti Lavoratori per la Sicurezza

– RNP Radioattività Naturale Potenziale

– RSPP responsabile Servizio Prevenzione e Protezione

– SSN Sistema Sanitario Nazionale

– UNEP United Nations Environment Programme

– UNSCEAR Comitato scientifico delle Nazioni Unite per lo studio degli effetti delle radiazioni ionizzanti – United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation

– VVF Vigili del Fuoco

– WHO World Health Organization

 

Per visionare la normativa con le relative tabelle, clicca qui

NUOVA VERSIONE GRAFICA DEL PIANO NAZIONALE D’AZIONE PER IL RADON 2023 – 2032

È disponibile una nuova versione grafica del Piano nazionale d’azione per il radon 2023-2032, adottato tramite il DPCM dell’11 gennaio 2024, per facilitare la lettura e rendere più agevole l’interpretazione dei dati.

Questo documento descrive la strategia nazionale per affrontare i rischi a lungo termine legati all’esposizione al radon nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni.

Il Piano è stato elaborato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, dal Ministero della Salute e dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione.

Clicca qui per visionare la nuova veste grafica.

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