Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero
DECRETO MINISTERIALE 5 febbraio 1998 e successive modifiche ed integrazioni
Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22
Testo vigente al 3 giugno 2006
MINISTERO DELLA SANITA’
Sommario:
Art. 1 – Principi generali
Art. 2 – Definizioni
Art. 3 – Recupero di materia
Art. 4 – Recupero energetico
Art. 5 – Recupero ambientale
Art. 6 – Messa in riserva
Art. 7 – Quantità impiegabile
Art. 8 – Campionamenti e analisi
Art. 9 – Test di cessione
Art. 10 – Requisiti soggettivi
Art. 11 – Norme transitorie
Art. 11-bis – Attività di monitoraggio e controllo delle operazioni di recupero
Art. 1 – Principi generali
1. Le attività, i procedimenti e i metodi di recupero di ciascuna delle tipologie di rifiuti individuati dal presente decreto non devono costituire un pericolo per la salute dell’uomo e recare pregiudizio all’ambiente, e in particolare non devono:
a) creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora;
b) causare inconvenienti da rumori e odori;
c) danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.
2. Negli allegati 1, 2 e 3 sono definite le norme tecniche generali che, ai fini del comma 1, individuano i tipi di rifiuti non pericolosi e fissano, per ciascun tipo di rifiuto e per ogni attività e metodo di recupero degli stessi, le condizioni specifiche in base alle quali l’esercizio di tali attività è sottoposto alle procedure semplificate di cui all’art. 33, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (1), e successive modifiche e integrazioni.
3. Le attività, i procedimenti e i metodi di recupero di ogni tipologia di rifiuto, disciplinati dal presente decreto, devono rispettare le norme vigenti in materia di tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente, nonché di sicurezza sul lavoro; e in particolare:
a) le acque di scarico risultanti dalle attività di recupero dei rifiuti disciplinate dal presente decreto devono rispettare le prescrizioni e valori limite previsti dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 e successive modificazioni (2);
b) le emissioni in atmosfera risultanti dalle attività di recupero disciplinate dal presente decreto devono, per quanto non previsto dal decreto medesimo, essere conformi alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203 (3), e successive modifiche e integrazioni.
4. Le procedure semplificate disciplinate dal presente decreto si applicano esclusivamente alle operazioni di recupero specificate ed ai rifiuti individuati dai rispettivi codici e descritti negli allegati.
Art. 2 – Definizioni
1. Ai fini dell’applicazione del presente decreto si intende per:
a) co-combustione: utilizzazione mista di combustibili e rifiuti, compreso il combustibile da rifiuto (CDR);
b) impianto dedicato: impianto destinato esclusivamente al recupero energetico dei rifiuti, compreso il combustibile da rifiuto (CDR);
c) impianto termico: impianto industriale per la produzione di energia, con esclusione degli impianti termici per usi civili;
d) raccolta finalizzata: raccolta di frazioni omogenee di rifiuti speciali destinati ad attività di recupero.
Art. 3 – Recupero di materia
1. Le attività, i procedimenti e i metodi di riciclaggio e di recupero di materia individuati nell’allegato 1 devono garantire l’ottenimento di prodotti o di materie prime o di materie prime secondarie con caratteristiche merceologiche conformi alla normativa tecnica di settore o, comunque, nelle forme usualmente commercializzate. In particolare, i prodotti, le materie prime e le materie prime secondarie ottenuti dal riciclaggio e dal recupero dei rifiuti individuati dal presente decreto non devono presentare caratteristiche di pericolo superiori a quelle dei prodotti e delle materie ottenuti dalla lavorazione di materie prime vergini.
2. I prodotti ottenuti dal recupero dei rifiuti, individuati ai sensi del presente decreto e destinati a venire a contatto con alimenti per il consumo umano, devono inoltre rispettare i requisiti richiesti dal decreto del Ministro della sanità 21 marzo 1973, e successive modifiche e integrazioni.
3. Restano sottoposti al regime dei rifiuti i prodotti, le materie prime e le materie prime secondarie ottenuti dalle attività di recupero che non vengono destinati in modo effettivo ed oggettivo all’utilizzo nei cicli di consumo o di produzione.
Art. 4 – Recupero energetico
1. Le attività di recupero energetico individuate nell’allegato 2 devono garantire, al netto degli autoconsumi dell’impianto di recupero, la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico del rifiuto in energia termica pari al 75% su base annua oppure la produzione di una quota minima percentuale di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia elettrica determinata su base annua secondo la seguente formula:
16 + potenza elettrica (espressa in MW) / 5
2. La formula di calcolo di cui al comma 1 non si applica quando la quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia elettrica assicurata dall’impianto di recupero è superiore al 27% su base annua.
3. Qualora la quota minima percentuale di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia elettrica, calcolata ai sensi del comma 1, non sia raggiunta, l’utilizzo di rifiuti in schemi cogenerativi per la produzione combinata di energia elettrica e calore deve garantire una quota di trasformazione complessiva del potere calorifico del rifiuto, in energia termica ed in energia elettrica, non inferiore al 65% su base annua.
Art. 5 – Recupero ambientale
1. Le attività di recupero ambientale individuate nell’allegato 1 consistono nella restituzione di aree degradate ad usi produttivi o sociali attraverso rimodellamenti morfologici.
2. L’utilizzo dei rifiuti nelle attività di recupero di cui al comma 1 è sottoposto alle procedure semplificate previste dall’art. 33, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (4), a condizione che:
a) i rifiuti non siano pericolosi;
b) sia previsto e disciplinato da apposito progetto approvato dall’autorità competente;
c) sia effettuato nel rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche previste dal presente decreto per la singola tipologia di rifiuto impiegato, nonché nel rispetto del progetto di cui alla lett. b);
d) sia compatibile con le caratteristiche chimico-fisiche, idrogeologiche e geomorfologiche dell’area da recuperare;
d-bis) in ogni caso, il contenuto dei contaminanti sia conforme a quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, in funzione della specifica destinazione d’uso del sito.
Art. 6 – Messa in riserva
1. La messa in riserva dei rifiuti non pericolosi è sottoposta alle disposizioni di cui all’articolo 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (5), e successive modificazioni, qualora vengano rispettate le condizioni di cui al presente articolo.
2. La quantità massima dei rifiuti non pericolosi sottoposti ad operazioni di messa in riserva presso l’impianto di produzione e presso impianti che effettuano, unicamente, tale operazione di recupero è individuata nell’allegato 4 sotto l’attività «Messa in riserva».
3. La quantità massima dei rifiuti non pericolosi sottoposti ad operazioni di messa in riserva presso l’impianto di recupero coincide con la quantità massima recuperabile individuata nell’allegato 4 per l’attività di recupero svolta nell’impianto stesso. In ogni caso, la quantità dei rifiuti contemporaneamente messa in riserva presso ciascun impianto o stabilimento non può eccedere il 70% della quantità di rifiuti individuata all’allegato 4 del presente regolamento. Il predetto limite, per i rifiuti combustibili, è ridotto al 50% fatta salva la capacità effettiva di trattamento dell’impianto.
4. La quantità di rifiuti non pericolosi sottoposti ad operazioni di messa in riserva presso l’impianto di produzione del rifiuto non può eccedere la quantità di rifiuti prodotti, in un anno, all’interno del medesimo impianto. I rifiuti prodotti devono essere avviati ad operazioni di recupero entro un anno dalla data di produzione.
5. Fatto salvo il comma 2, la quantità di rifiuti non pericolosi sottoposti ad operazioni di messa in riserva in impianti che effettuano, unicamente, tale operazione di recupero, non deve in ogni caso eccedere la capacità di stoccaggio autorizzata ai sensi dell’articolo 31, comma 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (6), e successive modificazioni. I rifiuti messi in riserva devono essere avviati ad operazioni di recupero entro un anno dalla data di ricezione.
6. La quantità di rifiuti non pericolosi messi in riserva presso gli impianti che effettuano anche le altre operazioni di recupero previste dal presente decreto, non può eccedere, in un anno, la quantità di rifiuti che, ai sensi dell’articolo 7, può essere sottoposta ad attività di recupero nell’impianto stesso. In ogni caso, i rifiuti messi in riserva devono essere avviati alle altre operazioni di recupero entro un anno dalla data di ricezione.
7. La messa in riserva dei rifiuti non pericolosi deve essere effettuata nel rispetto delle norme tecniche individuate nell’allegato 5 al presente regolamento.
8. Per i rifiuti di cui all’allegato 1, suballegato 1, del presente decreto, il passaggio fra i siti adibiti all’effettuazione dell’operazione di recupero «R13 – messa in riserva» è consentito esclusivamente per una sola volta ed ai soli fini della cernita o selezione o frantumazione o macinazione o riduzione volumetrica dei rifiuti.
Art. 7 – Quantità impiegabile
1. La quantità massima impiegabile di rifiuti non pericolosi è individuata nell’allegato 4 al presente decreto in relazione alle diverse attività di recupero ammesse a procedura semplificata.
2. Fermi i limiti di cui al comma 1, la quantità di rifiuti che può essere sottoposta ad attività di recupero in procedura semplificata non deve in ogni caso eccedere la capacità dell’impianto autorizzata ai sensi dell’articolo 31, comma 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (7), ovvero, qualora l’autorizzazione rilasciata in base alla normativa vigente non contempli la capacità autorizzata, la quantità impiegabile è determinata dalla potenzialità dell’impianto. Il limite della potenzialità dell’impianto deve essere rispettato anche nell’ipotesi in cui, nello stesso impianto, vengano recuperate più tipologie di rifiuti.
3. Le quantità annue di rifiuti non pericolosi avviati al recupero devono essere indicate nella comunicazione di inizio di attività, precisando il rispetto delle condizioni di cui al presente articolo.
4. Le quantità massime dei rifiuti non pericolosi individuati nell’allegato 4 al presente decreto possono essere oggetto di aggiornamento annuale, anche per tener conto dell’esigenza di incentivare il recupero dei rifiuti.
Art. 8 – Campionamenti e analisi
1. Il campionamento dei rifiuti, ai fini della loro caratterizzazione chimico fisica, è effettuato sul rifiuto tal quale, in modo tale da ottenere un campione rappresentativo secondo le norme UNI 10802, “Rifiuti liquidi, granulari, pastosi e fanghi – Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati”.
2. Le analisi sui campioni ottenuti ai sensi del comma 1, sono effettuate secondo metodiche standardizzate o riconosciute valide a livello nazionale, comunitario o internazionale.
3. Il campionamento e le determinazioni analitiche del combustibile derivato dai rifiuti (CDR) sono effettuate in conformità alla norma UNI 9903.
4. Il campionamento e le analisi sono effettuate a cura del titolare dell’impianto ove i rifiuti sono prodotti almeno in occasione del primo conferimento all’impianto di recupero e, successivamente, ogni 24 mesi e, comunque, ogni volta che intervengano modifiche sostanziali nel processo di produzione.
5. Il titolare dell’impianto di recupero è tenuto a verificare la conformità del rifiuto conferito alle prescrizioni ed alle condizioni di esercizio stabilite dal presente regolamento per la specifica attività svolta.
6. Il campionamento, l’analisi e la valutazione delle emissioni in atmosfera devono essere effettuate secondo quanto previsto dagli specifici decreti adottati ai sensi dell’articolo 3, comma 2, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203 (8), e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 9 – Test di cessione
1. Ai fini dell’effettuazione del test di cessione di cui in allegato 3 al presente decreto, il campionamento dei rifiuti è effettuato in modo da ottenere un campione rappresentativo secondo le norme UNI 10802, “Rifiuti liquidi, granulari, pastosi e fanghi – Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati”.
2. Il test di cessione sui campioni ottenuti ai sensi del comma 1, ai fini della caratterizzazione dell’eluato, è effettuato secondo i criteri e le modalità di cui all’allegato 3 al presente regolamento.
3. Il test di cessione è effettuato almeno ad ogni inizio di attività e, successivamente, ogni 12 mesi salvo diverse prescrizioni dell’autorità competente e, comunque, ogni volta che intervengano modifiche sostanziali nel processo di recupero.
Art. 10 – Requisiti soggettivi
1. Ai fini dell’applicazione della procedura semplificata di cui all’art. 33, comma 1, del decreto legislativo 22 febbraio 1997, n. 22 (9), alle attività di recupero disciplinate dal presente decreto, il titolare dell’impresa, nel caso di impresa individuale, i soci amministratori delle società in nome collettivo e gli accomandatari delle società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di rappresentanza, in tutti gli altri casi, e gli amministratori di società commerciali legalmente costituite appartenenti a Stati membri della UE ovvero a Stati che concedano il trattamento di reciprocità:
a) devono essere cittadini italiani, cittadini di Stati membri della UE oppure cittadini, residenti in Italia, di un altro Stato che riconosca analogo diritto ai cittadini italiani;
b) devono essere domiciliati, residenti ovvero con sede o una stabile organizzazione in Italia;
c) devono essere iscritti nel registro delle imprese, ad eccezione delle imprese individuali;
d) non devono trovarsi in stato di fallimento, di liquidazione, di cessazione di attività o di concordato preventivo e in qualsiasi altra situazione equivalente secondo la legislazione straniera;
e) non devono aver riportato condanne con sentenza passata in giudicato, salvi gli effetti della riabilitazione e della sospensione della pena:
1. a pena detentiva per reati previsti dalle norme a tutela dell’ambiente;
2. alla reclusione per un tempo non inferiore ad un anno per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico, contro l’economia pubblica, ovvero per un delitto in materia tributaria;
3. alla reclusione per un tempo non inferiore a due anni per un qualunque delitto non colposo;
f) devono essere in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella del Paese di residenza;
g) non devono essere sottoposti a misure di prevenzione di cui all’art. 3, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modifiche ed integrazioni;
h) non devono essersi resi colpevoli di false dichiarazioni nel fornire informazioni che possono essere richieste ai sensi del presente articolo.
Art. 11 – Norme transitorie
1. I valori ed i sistemi di controllo delle emissioni derivanti dalle attività di recupero di rifiuti individuati negli allegati 1 e 2, in esercizio ai sensi dell’art. 33, comma 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (10), devono essere adeguati ai limiti ed alle modalità di monitoraggio previsti dai predetti allegati entro sedici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Le attività di recupero dei rifiuti individuati alle voci 6, limitatamente ai poliaccoppiati, 7, 9 e 14 dell’allegato 1 al decreto ministeriale 16 gennaio 1995, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 1995, n. 24, in esercizio ai sensi dell’art. 33, comma 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n, 22, devono adeguarsi alle disposizioni fissate alla voce 1, punto 1.1, dell’allegato 2 al presente decreto, entro 3 mesi dall’entrata in vigore dello stesso. Sino a tale data l’esercizio delle predette attività di recupero continua ad essere consentito secondo le modalità e nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche stabilite dal citato decreto ministeriale 16 gennaio 1995.
3. Ai sensi dell’art. 33, comma 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le norme tecniche del decreto del Ministro dell’ambiente 5 settembre 1994, pubblicato nel supplemento ordinario n. 126, alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212, e del decreto del Ministro dell’ambiente 16 gennaio 1995, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 1995, n. 24, che disciplinano le attività di recupero dei rifiuti non pericolosi.
4. Le attività di recupero dei rifiuti già autorizzate ai sensi degli articoli 30, 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (11), e successive modificazioni si adeguano alle norme tecniche di cui all’Allegato 5 entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento (12). Sino a tale data l’esercizio delle predette attività di recupero continua ad essere consentito secondo le modalità e nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche stabilite dal presente regolamento, fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 21 del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133.
5. I soggetti che effettuano attività di raccolta, trasporto e recupero dei rifiuti non pericolosi ai sensi degli articoli 30, 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e che non soddisfano più, a seguito delle modifiche apportate al presente decreto, i requisiti per l’applicazione della procedura semplificata o per i quali non è stato individuato il parametro quantità, inoltrano richiesta all’ente competente per territorio, entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente regolamento (13), presentando domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 28 o iscrizione ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (14), e successive modificazioni. Le attività di raccolta, trasporto e recupero possono essere proseguite fino all’emanazione del conseguente provvedimento da parte dell’ente competente al rilascio delle autorizzazioni o iscrizioni di cui al citato decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
6. Agli impianti ricadenti nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, ad esclusione di quelli della categoria 5 dell’allegato I allo stesso decreto, si applicano le disposizioni di detto decreto.
Art. 11-bis – Attività di monitoraggio e controllo delle operazioni di recupero
1. Sono adottati i provvedimenti necessari, ivi compresi accordi e contratti di programma con gli operatori economici interessati, al fine di garantire il rispetto della gerarchia comunitaria dei rifiuti.
2. Con decreto del Ministro dell’ambiente e tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, d’intesa con la Conferenza unificata, sono determinati i criteri per assicurare che gli impianti di recupero dei rifiuti disciplinati dal presente regolamento, in funzione delle attività di recupero svolte e delle peculiarità antropiche del sito, adottino un piano di monitoraggio e controllo delle matrici ambientali interessate, finalizzato a garantire che le operazioni di recupero avvengano senza recare pregiudizio all’uomo e all’ambiente.
NOTE
1) Si veda ora l’art. 216 del d.lgs. n. 152/2006.
2) Si veda ora la parte terza, sezione seconda, del d.lgs. n. 152/2006.
3) Si veda ora la parte quinta, titolo primo, del d.lgs. n. 152/2006.
4) Si veda ora l’art. 216 del d.lgs. n. 152/2006.
5) Si veda ora l’art. 216 del d.lgs. n. 152/2006.
6) Si veda ora l’art. 214 del d.lgs. n. 152/2006.
7) Si veda ora l’art. 214 del d.lgs. n. 152/2006.
8) Si veda ora la parte quinta, titolo primo, del d.lgs. n. 152/2006.
9) Si veda ora l’art. 216 del d.lgs. n. 152/2006.
10) Si veda ora l’art. 216 del d.lgs. n. 152/2006.
11) Si vedano ora gli artt. 212, 214 e 216 del d.lgs. n. 152/2006.
12) Ovvero, più esattamente “entro sei mesi dall’entrata in vigore del d.m. n. 183/2006 di modifica al presente regolamento” e quindi entro il 3 dicembre 2006.
13) Ovvero, più esattamente “entro trenta giorni dall’entrata in vigore del d.m. n. 183/2006 di modifica al presente regolamento” e quindi entro il 3 luglio 2006.
14) Si vedano ora gli artt. 208 e 212 del d.lgs. n. 152/2006.
Allegato 1 – Suballegato 1 – Norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi scarica file
Allegato 1 – Suballegato 2 – Valori limite e prescrizioni per le emissioni convogliate in atmosfera delle attività di recupero dai rifiuti non pericolosi scarica file
Allegato 2 – Suballegato 1 – Norme tecniche per l’utilizzazione dei rifiuti non pericolosi come combustibili o come altro mezzo per produrre energia scarica file
Allegato 2 – Suballegato 2 – Determinazione dei valori limite e prescrizioni per le emissioni in atmosfera delle attività di recupero di energia dai rifiuti non pericolosi scarica file
Allegato 2 – Suballegato 3 – Determinazione dei valori limite per le emissioni dovute al recupero di rifiuti come combustibile o altro mezzo per produrre energia tramite combustione mista di rifiuti e combustibili tradizionali scarica file
Allegato 3 – Criteri per la determinazione del test di cessione scarica file
Allegato 4– Suballegato 1 – Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 1, suballegato 1 del dm 5/2/1998 Limiti quantitativi per le operazioni di sola messa in riserva scarica file
Allegato 4– Suballegato 2 – Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 2, suballegato 1 del dm 5/2/1998 scarica file
Allegato 5 – Norme tecniche generali per gli impianti di recupero che effettuano l’operazione di messa in riserva dei rifiuti non pericolosi scarica file