LAVANDA – Lavandula angustifolia Mill. – Lamiaceae
Caratteristiche
Tutte le specie di lavanda sono soffrutici, di altezza variabile da 40 (Lavanda vera) a 100 cm (Lavandino).
I fusti sono eretti, legnosi e densamente ramificati.
Il lavandino si differenzia per il maggior sviluppo vegetativo e per la maggior dimensione delle brattee ascellari dei fiori.
L’infiorescenza è una spiga; i fiori, zigomorfi, presentano corolla purpureo-violacea.
Le foglie, lineari ed opposte sono coriacee: grigio verdi, tomentose, misurano 1,5-2 x 15-40 mm nella lavanda vera; più tendenti al verde, meno tomentose e di dimensioni maggiori nel lavandino.
L’apparato radicale è costituito da una radice principale legnosa, contorta e numerose radici secondarie, superficiali.
Il frutto della lavanda vera è un achenio marrone scuro-nero; la facoltà germinativa di 3-4 anni.
Il lavandino è un ibrido sterile che non produce semi.
Grazie all’elevato contenuto di olio essenziale, l’intera pianta emana un odore fragrante e penetrante e tutte le specie sono ottime mellifere.

Tre specie del genere Lavandula, famiglia Labiate, sono attualmente coltivate ed impiegate per l’estrazione dell’olio essenziale:
• Lavanda vera, L. angustifolia Mill. (sin. L. officinalis Chaix, L. vera DC.)
• Lavanda spica, L. latifolia Medik. (sin L. spica DC.)
• Lavandino, L. hybrida Rev., ibrido naturale di L. officinalis x L. spica.
Delle tre specie, la prima fornisce l’essenza più pregiata, oltre ad essere l’unica di uso officinale.
Habitat
Proveniente dall’Arabia o dall’Nord Africa, poi in tutto il bacino mediterraneo.
Cresce spontanea in Liguria (Alpi Marittime), Piemonte, sulle coste della Toscana, nel Salernitano e sul Pollino.
Lo spigo (Lavanda spica) è tipica delle regioni mediterranee ed è più sensibile al freddo della lavanda vera.
Cresce spontanea in Liguria, Toscana, Umbria e Abruzzo e nelle Marche fra 0 e 1000 m.s.l.m.
Il lavandino (dal francese “lavandin”) si può incontrare ad altitudini fino ai 1000 m.s.l.m. ed ha uno sviluppo maggiore sia in altezza che in diametro, steli fiorali robusti, lunghi e numerosi con spighe formate da molte spighette raggruppate in palchi.

Il posizionamento
La lavanda predilige terreni assolati e richiede un’abbondante illuminazione.
Le condizioni ottimali di coltivazione sono i pendii collinari protetti dai venti freddi ed esposti a sud, mentre si adatta con difficoltà a posizioni di fondo valle.
Le specie del genere Lavandula preferiscono terreni asciutti, leggeri, a reazione alcalina e/o calcarei.
Tollerano molto male invece quelli argillosi od acidi, umidi o soggetti a ristagno idrico.
Per il suo apparato radicale profondo, la lavanda viene utilizzata contro l’erosione dei terreni declivi instabili.
Le specie del genere Lavandula sono tipiche del clima temperato dell’area mediterranea e sono xerofite.
Resiste alle basse temperature (fino a –20°C) in fase di riposo invernale, ma teme le gelate tardive, particolarmente dannose per il lavandino.
La prima, più pregiata e redditizia, si adatta quindi alla coltivazione nelle zone di montagna; il lavandino, meno pregiato, ma più produttivo, alle zone al di sotto dei 700 m.s.l.m.


Moltiplicazione e cure
La scelta della cultivar all’interno delle specie, influenza molto le rese e la qualità.
Le varietà più note sono:
Lavanda vera: Maillette e Matheronne (Francia), Casola (Italia), Galactica (Russia), Budakaslaszi (Ungheria) etc.
Lavandino: Abrialis (sviluppo modesto) selezionato nel 1930 è capace di dare 2kg di o.e./q di infiorescenze, però il suo olio è molto canforato.
L’ibrido R-C, selezionato dal prof. Rinaldi Ceroni di Casola Valsenio, dà un’elevatissima resa in essenza.
Esistono inoltre moltissime varietà per impiego ornamentale.
La durata della coltura va da 7 a 9 anni per il lavandino; fino a 12 anni per la lavanda.
Sostanze contenute:
Olio essenziale (linalolo, lavandulolo e loro acetati),
flavonoidi, acidi idrossicinnamici (acido rosmarinico).
Per la lavanda vera si può ricorrere alla semina, febbraio-marzo oppure in autunno, (tuttavia le colture da seme risultano eterogenee e di grande variabilità) oppure alla propagazione per talea, in autunno o inizio primavera; per il lavandino solo alla propagazione per talea.
Nel taglio di separazione dalla pianta madre deve essere netto e va praticato sotto un nodo; le foglie basali vanno rimosse per evitare marciumi e ridurre la traspirazione e vanno interrate a 3-4 cm di profondità (si possono utilizzare anche ormoni radicanti).
Nel primo anno di impianto è consigliabile cimare un paio di volte le piante, in modo da favorire lo sviluppo di branche.
Solo nell’anno d’impianto sono necessarie sarchiature lungo la fila, mentre in seguito è sufficiente sarchiare soltanto tra le file.
Le lavorazioni devono essere leggere per non danneggiare l’apparato radicale, a sviluppo superficiale.
Normalmente le operazioni di raccolta sostituiscono quelle di potatura.
In ogni caso è bene evitare lo sviluppo di eccessive porzioni legnose che vanno eliminate prima della ripresa vegetativa.
L’irrigazione non è normalmente necessaria, tranne in fase d’impianto, ed eventualmente un’irrigazione di soccorso nel primo anno, in caso di siccità.

Raccolta
La prima raccolta si effettua nel secondo anno d’impianto.
L’epoca ottimale per raccogliere il prodotto da distillare è l’inizio della sfioritura in quanto la percentuale di essenza ed i suoi componenti principali non variano dopo l’avvizzimento dei fiori ed, in ogni caso, quando le piante non sono più bottinate dalle api. Per il prodotto erboristico invece è l’inizio della fioritura.
La resa in infiorescenze cresce nei primi 6-7 anni d’impianto, raggiungendo un massimo di 50-70 kg/100 m2 per la lavanda vera e 120-150 kg/100 m2 per il lavandino, per poi decrescere negli anni successivi.
La resa in prodotto erboristico (fiori sgranati) è di 10- 15 kg/100 m2 per il lavandino, e poco inferiore per la lavanda vera.
Come già detto, il contenuto di olio differisce fra le tre specie, variando da 0,5 a 1,5% nella lavanda vera, da 0,9 al 3% nel lavandino e da 0,5 a 0,8% nello spigo.
L’essiccazione delle infiorescenze si effettua all’ombra, in locali aerati, disponendole in mazzi appesi.
Il materiale, una volta essiccato, viene battuto per ottenere il distacco dei fiori che dovranno essere conservati in recipienti di vetro o ceramica, al riparo dalla luce.

Proprietà e utilizzi
La droga sono i fiori, foglie essiccate.
Ha proprietà aromatiche, purificanti delle vie urogenitali (in caso di leucorrea e cistite utilizzare irrigazioni vaginali), antisettiche, balsamiche, sedative (aggiunto all’acqua del bagno) antidepressiva antispasmodiche, antiinfiammatorie.
Ottimo contro le affezioni delle vie respiratorie e in caso di emicrania, per sciacquare i capelli dopo lo shampoo in caso di seborrea.
Molto utilizzata a livello industriale per la profumazione di saponi e di altri prodotti cosmetici.
Anche se può risultare strano, la lavanda può anche essere impiegata in cucina in dosi molto piccole per dare alle pietanze un aroma insolito.
Uso interno:
Per facilitare la digestione e in caso di infiammazioni intestinali.
Infuso: 30-40 g di infiorescenze e foglie per 1 litro d’acqua.
Berne una tazzina dopo i pasti, dolcificando con miele.
Come coleretico e blando sedativo.
Infuso:
10 g per litro di acqua. Una tazzina al giorno.
Evitare l’uso prolungato.
Uso esterno:
Lavare direttamente ulcere e ferite con l’infuso e quindi impregnare una pezza da appoggiare sulla zona malata per alcuni minuti.
Lasciar macerare 250 g di infiorescenze secche in 1 litro d’alcol per 2 settimane.
Trascorso questo tempo, colare il liquido attraverso un filtro di carta e conservarlo in recipienti ben chiusi.
Il prodotto può essere utilizzato come antireumatico, antinfiammatorio e rilassante, applicandolo esternamente con bagni e frizioni.
Storia e curiosità
Le spighe fiorali mantengono a lungo il profumo intenso e possono essere conservate in sacchetti e vasetti per profumare ambienti e armadi.
In Italia sono presenti diverse specie di lavanda, che dimostrano, però, tutte le medesime proprietà medicinali.
Sebbene la lavanda ha una storia che affonda le sue origini in un passato lontanissimo, la scoperta del suo luogo di origine rimane un mistero.
Sembra che la lavanda provenisse dall’Arabia o dal Nord Africa.
La storia dell’uso della lavanda si perde nella notte dei tempi: già gli antichi Romani erano soliti profumare l’acqua del bagno con i suoi fiori ed è, infatti, dal latino “lavare” che deriva il suo nome.
Si deve infatti ai Romani la diffusione della lavanda in Europa: essi la portavano ovunque andassero per avere sempre a disposizione scorte di olio di lavanda che usavano abbondantemente nell’acqua del bagno e nei saponi.
Anche gli Egizi costruirono alambicchi per estrarre l’olio di lavanda che utilizzavano nel processo di mummificazione.
Oltre ad essere amata per le sue proprietà rinfrescanti e profumanti, Plinio il Vecchio la descrive come una delle erbe curative più utilizzate dell’epoca.
Nel Medioevo era utilizzata specialmente la Lavandola Stoechas con cui veniva preparato un medicinale chiamato Sticadore utilizzato per crampi intestinali, nausea vomito e singhiozzo.
Durante il periodo elisabettiano la lavanda inizia il suo periodo di gloria nel campo della profumeria: a tutti è noto il più famoso profumo inglese “The Lavender”.
All’epoca, inoltre, le dame cucivano sacchetti contenenti fiori di lavanda all’interno delle loro sottane ed è da questa usanza che ancora oggi si inseriscono sacchetti di lavanda tra la biancheria. Il beneficio di questo atto non sta solo nel lasciare un gradevole aroma sui tessuti ma anche come sistema anti-tarme.
Arrivando al XX secolo, bisogna ringraziare la lavanda per aver dato spunto a René Maurice Gattefossé, il padre dell’aromaterapia moderna, a iniziare i suoi studi sugli oli essenziali. Nel suo libro “Aromathérapie” del 1937, Gattefossé narra come durante uno dei suoi esperimenti si ustionò gravemente una mano.
Sapendo che in medicina la lavanda veniva utilizzata per lenire le scottature e l’infiammazione, immerse immediatamente la mano in un recipiente contenente olio di lavanda che si trovava sul suo banco di lavoro.
Rimase così sbalordito e impressionato dai risultati che iniziò ad analizzare altre piante officinali e a studiarne le proprietà terapeutiche.
BISCOTTI ALLA LAVANDA
Ingredienti:
300 g di farina 00
100 g di burro
1 uovo
80 g di zucchero
1 cucchiaio di miele
una manciata di fiori di lavanda
1 cucchiaino raso di lievito vanigliato per dolci
1 pizzico di sale
Preparazione:
Miscelare la farina con lo zucchero, il lievito ed il sale.
Formare una fontana, al centro mettere il miele, l’uovo e il burro freddo a pezzetti. Impastare rapidamente aggiungendo i fiori di lavanda.
Formare una palla e lasciare riposare l’impasto in frigorifero per mezz’ora.
Trascorso questo tempo stendere la pasta sottile e ritagliare i biscotti con un coppapasta o degli stampini.
Mettere i biscotti alla lavanda in una teglia rivestita di carta forno e cuocere a 180° per circa 20 minuti.

RISOTTO ALLA LAVANDA
Ingredienti:
riso: 250 gr
burro: 30 gr
Pecorino fresco: 80 gr
parmigiano: 30 gr
cipolle: 1
Rosmarino: qb
Lavanda biologica Angustifolia in fiore: 3-4 spighe
sale: qb
pepe: qb
acqua: 1 litro
carote: 1
Preparazione:
Per prima cosa facciamo il brodo alla lavanda, prendete una pentola e mettete dentro l’acqua, mezza cipolla, la carota e due spighe di rosmarino, cuocete per circa 20 minuti.
In un tegame sciogliete il burro e aggiungete la cipolla tritata, cuocetela e poi unite il riso e un po’ di sale, fatelo tostare un minuto e poi mettete un mestolino di brodo filtrato e mescolate.
Procedete così fino a portare il riso a cottura.
Aggiungete quindi il parmigiano e il pecorino e mescolate per farli sciogliere. Aggiustate di sale e pepe e dividete il risotto nei piatti.
Completate con la lavanda e servite.

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Dicembre 2024