Il caffè è la bevanda più studiata al mondo, è un concentrato di numerosissime sostanze molte delle quali con attività biologica.

Nonostante contenga alcuni nutrienti e numerosissimi composti l‟OMS lo ha definito come “non nutritive dietary component”.

Il caffè occupa il secondo livello mondiale di scambi commerciali dopo il petrolio infatti, insieme al tè, dopo l’acqua, è la bevanda più consumata al mondo e ha un particolare e preciso significato di aggregazione sociale essendo consumato in particolari momenti della giornata.

Bere il caffè è un’esigenza, un rito, un atto unico e speciale, un’occasione d’incontro secondo le abitudini e le usanze di ciascun popolo, capace di superare le barriere del linguaggio e delle diverse culture.

Tra storia e leggenda

Le origini del caffè si perdono nella leggenda; certo è che quando Linneo decise di chiamare Coffea arabica, la pianta dai cui semi si ricava il caffè, fece un errore geopolitico.

La pianta infatti è originaria dell’Etiopia, paese che non ha mai fatto parte del mondo arabo.

Anzi, il Regno di Axum, che precedette l’attuale Etiopia, è stata una delle prime nazioni del pianeta ad accettare ufficialmente il cristianesimo nel corso del IV secolo e ancora oggi oltre il 60% della popolazione dell’Etiopia è cristiana.

L’area originaria di C. arabica si trova in un altipiano montagnoso sudoccidentale dell’Etiopia, la cosiddetta Zona di Kafa, attualmente sede della Kafa Coffee Biosphere Reserve; se il nome del caffè derivi da Kafa è ancora argomento di discussione.

La leggenda

Narra la leggenda che un pastore etiope del IX secolo di nome Kaldi avesse osservato che, quando le sue capre mangiavano certe bacche rosse, si eccitavano e si “mettevano a ballare”.

Kaldi portò allora alcune bacche al santone del suo villaggio e raccontò delle capre che ballavano; il santone stabilì che quelle bacche erano un “frutto del diavolo” e le gettò nel fuoco.

Dopo poco per tutto il villaggio si sparse un aroma delizioso e tutti gli abitanti accorsero presso la casa del santone; tirarono via le bacche tostate dal fuoco, le macinarono e le fecero bollire nell’acqua.

Era nata la prima tazza di caffè e, già all’inizio, in contrasto con l’autorità religiosa.

Si tratta di una leggenda senza molto fondamento e decisamente postuma, visto che nessun autore del tempo, né arabo né cristiano, ne fa cenno.

La leggenda di Kaldi comparirà alla ribalta solo sei secoli più tardi, con l’avvento dell’Impero Ottomano, quando il primo a citarla fu Shehabeddin Ben, autore di un manoscritto del XV secolo.

Fondata o no, la leggenda è ancora viva e oggi, in tutto il mondo, molti locali in cui si serve il caffè portano il nome di Kaldi e le sue capre nell’insegna.

Se per storia vogliamo intendere quella che si basa su documenti scritti, dobbiamo dire che la storia del caffè inizia nel 1587, quando Abd al-Qadir al-Jaziri, un erudito ottomano, scrive un libro sull’argomento.

Egli racconta che il caffè veniva importato dall’Etiopia verso lo Yemen in quanto veniva utilizzato dai monaci Sufi, una setta mistica dell’Islam, che lo usavano per mantenersi svegli durante le preghiere notturne e per creare una specie di trance quando cantavano in estasi il nome di Allah.

Quindi il caffè inizia la sua storia non solo come stimolante, ma anche come droga che altera la coscienza.

Del resto, la parola araba per caffè è qahwah, un termine talvolta usato anche per indicare il vino, e questo ci fa capire che all’inizio il caffè non ebbe vita facile nel mondo islamico, dove l’alcool è assolutamente proibito.

Parlando infatti delle controversie legali e religiose subite dal caffè, Abd al-Qadir scrive: «I sufi dello Yemen ebbero un ruolo significativo nell’opporsi agli imam, che emanavano fatwa vietando la bevanda e condannando chi la beveva, al punto che alcuni fanatici demolivano i caffè, rompendo bicchieri e tegamini, distruggendo i chicchi di caffè e punendo coloro che bevono caffè».

Apprendiamo quindi che gli imam, cioè le guide spirituali dei fedeli, avevano proibito l’uso del caffè, così come era proibito l’uso del vino.

Nonostante ciò, il buon senso prevalse, diremmo noi: nel 1550 il sultano Solimano il Magnifico tolse la fatwa e l’uso della bevanda si diffuse presto nell’Impero Ottomano.

Il primo locale per il consumo del caffè fu aperto a Istanbul nel 1554 e divenne presto un centro di aggregazione tanto politica, quanto culturale.

Affermazione nel mondo

Originario dall’Etiopia come già detto (il nome “caffè” infatti deriverebbe da Kaffa, regione abissina in cui questa pianta era maggiormente diffusa allo stato spontaneo), il caffè fu importato in Arabia dove la coltivazione conobbe il primo successo.

All’inizio i semi venivano schiacciati e lasciati fermentare per ottenere una sorta di vino detto qahwa, solo alla fine del 1300 gli arabi iniziarono a tostarlo e a trasformarlo nella bevanda che oggi conosciamo.

Il caffè raggiunse poi l’Egitto e di qui si diffuse nell’impero turco Ottomano e verso Oriente, fino all’India.

In Europa fu introdotto nella seconda metà del 500 per iniziativa soprattutto dei mercanti veneziani e, nel corso del XVII secolo, nel Vecchio Continente si diffuse ” il rito del caffè”, furono aperti i primi caffè letterari e attorno a questa bevanda, presero vigore grandi correnti artistiche e culturali.

In Inghilterra nel XVII sec. si diffusero le Coffee Houses soprannominate “penny universities” perché, al prezzo di un solo penny, tutti potevano recarsi in quei luoghi per consumare caffè e ascoltare le conversazioni di scrittori, artisti, avventurieri, ecc..

Il Café Le Procope è il primo caffè di Parigi (1686), secondo molti anche il più antico caffè d’Europa.

Fu fondato dal ristoratore Francesco Procopio dei Coltelli, emigrato a Parigi nella prima metà del Seicento da Acitrezza, paese a poca distanza da Catania.

I caffè di Vienna sono famosi in tutto il mondo e qualcuno ha detto che “bere il caffè” sia il principale sport al coperto praticato dagli austriaci.

Questa abitudine ha origine nel lontano 1683 quando i Turchi, sconfitti alle porte di Vienna, nella ritirata abbandonarono sul campo di battaglia numerosi sacchi contenenti strani e scuri grani, di cui i viennesi ignoravano l’impiego.

Dal chicco alla tazzina

Caratteristiche della pianta

Il caffè è una pianta tropicale sempreverde appartenente alla famiglia delle Rubiaceae.

Tutte le specie sono legnose variando da piccoli arbusti ad alberi alti oltre 10 metri; la loro fioritura e la conseguente fruttificazione, non dipendono dall’aumento di temperatura primaverile, come avviene nei nostri paesi, ma deriva dalle piogge: quanto più sono numerose, tanto più saranno numerose le fioriture: i frutti della pianta, quindi, non maturano tutti contemporaneamente, anzi è normale trovare sulla stessa pianta fiori, frutti acerbi e frutti maturi.

Il frutto è una piccola drupa simile a una ciliegia che, raggiunta la maturità, assume un colore rosso-nerastro.

All’interno si trovano la polpa e due semi, posti uno di fronte all’altro, avvolti dal pergamino, una pellicola rigida e spessa che li protegge.

Sotto il pergamino si trova un’altra pellicola molto sottile e perfettamente aderente al seme: la pellicola argentea.

Ogni frutto contiene normalmente due semi verdastri che sono appunto i chicchi di caffè; talvolta se ne trova uno solo, chiamato caffè perla ocaracolito.

Tra le diverse specie esistenti la più pregiata è la Coffea arabica seguita dalla Coffea robusta.

1) solco centrale

2) chicco di caffè

3) pellicola argentea

4 ) pergamino

5) strato di pectina

6) polpa

7) buccia esterna

Dall’arabica si ottiene un caffè di qualità migliore con

sapore meno amaro e più persistente.

Ha una percentuale di caffeina dell’0,9-1,7% e rappresenta i 3/4della produzione mondiale.

Il seme dell’arabica è allungato.

La robusta costituisce 1/4 della produzione e produce un caffè di qualità inferiore, con un aroma debole, un gusto molto amaro, talvolta astringente, e una più elevata percentuale di caffeina, dal 1,6 al 2,8%.

Il seme della robusta è tondo con un solco abbastanza dritto.

Coltivazione

La pianta del caffè cresce in paesi compresi fra il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno, e trova il suo habitat naturale tra i 200 e i 2000 m di altitudine, con temperature variabili da 15 a 25 °C, in un clima caldo e umido con abbondanti piogge intervallate da stagioni secche.

È una pianta che teme il vento, il gelo, la brina e il calore eccessivo.

Attualmente il primo produttore e esportatore di caffè è il Brasile seguito dalla Colombia.

La Raccolta

La raccolta dei frutti può essere manuale o meccanica, quest’ultima avviene con macchine che scuotono la pianta e prelevano le bacche cadute.

La raccolta manuale avviene in due modi: picking oppure stripping.

Il metodo picking prevede che i lavoratori passino più volte per la piantagione, raccogliendo solo le bacche mature e sane; è il sistema migliore, anche se meno usato per i costi elevati.

Il metodo stripping consiste nell’attendere che la maggioranza dei frutti sia a giusta maturazione, poi si passa nella piantagione una sola volta raccogliendo tutti i frutti presenti, a prescindere dal grado di maturazione.

Con lo stripping si ottiene un prodotto non omogeneo per maturazione, non selezionato, con una qualità finale inferiore, ma raccolto rapidamente e quindi con un costo molto più basso.

Estrazione dei semi

Dopo il raccolto, è importante estrarre in pochi giorni i chicchi dal frutto, altrimenti si deteriorano; per far ciò si può operare con il trattamento a secco o con il trattamento in umido: nel trattamento a secco i frutti sono fatti essiccare al sole o in essiccatoi quindi si effettua la separazione dei chicchi dalla polpa e dal pergamino.

Il caffè così prodotto si chiama naturale o non lavato; nel trattamento in umido le drupe vengono fatte macerare in apposite vasche colme per 36-72 ore, finchè si stacca la polpa; i chicchi lavati e asciugati al sole o artificialmente vengono , quindi separati dal pergamino.

I caffè così ottenuti si chiamano lavati e sono di qualità superiore ai caffè naturali.

Dopo questi passaggi il caffè verde è spedito in sacchi di juta (in genere da 60 kg) verso i paesi consumatori.

Torrefazione e miscelazione

All’arrivo in azienda, dopo l’eventuale miscelazione, il caffè è pronto per essere torrefatto, a una temperatura di circa 200-230 °C, per 10-15 minuti.

Il chicco cala di peso, il volume aumenta a causa dello sprigionarsi dell’anidride carbonica che ne provoca il rigonfiamento ed il caratteristico crepitio ben conosciuto ai torrefattori, prende un colore bruno per caramellizzazione degli zuccheri e sviluppa al proprio interno molti componenti aromatici volatili.

È dunque la tostatura che dona al caffè il gusto, l’aroma e il colore che lo caratterizzano.

Il grado di tostatura varia da paese a paese, in Italia, dove si preferisce una bevanda dal gusto forte e marcato, la tostatura è effettuata con temperature e tempi più elevati (al sud più che al nord); nei paesi che gradiscono un caffè dal gusto più leggero (come in Nord Europa e America del Nord) il grado di torrefazione è inferiore.

Dopo la tostatura, il caffè è velocemente raffreddato con getti d’aria fredda (più raramente con acqua), per evitare surriscaldamenti e bruciature, dovuti anche ai fenomeni chimici che si verificano all’interno dei singoli chicchi.

È importante evidenziare che un caffè forte non è indice di un caffè di qualità maggiore, ma solo di una maggiore tostatura.

Conservazione

Terminata la torrefazione il caffè è pronto per essere consumato, poiché ciò avviene in luoghi e tempi diversi, sorge il problema di trasportare e conservare i chicchi tostati.

Va ricordato che l’umidità e l’ossigeno presenti nell’atmosfera accelerano i processi di ossidazione impoverendo la miscela.

Nel caso di confezioni non ermetiche, quando si acquista da torrefazioni artigianali locali, il consumo deve avvenire entro tempi brevissimi.

Se il caffè è confezionato sottovuoto deve essere consumato entro dieci settimane.

Quando la confezione è stagna il prodotto si mantiene indenne per un anno, mentre le confezioni pressurizzate permettono di conservare il caffè per più di due anni: nella confezione viene tolta completamente l’aria e aggiunti gas inerti.

Preparazione del caffè

Per ottenere un buon caffè è importante seguire la regola delle tre m: miscela, macchina e mano, vale a dire la cura e l’attenzione dell’esecutore.

Non va, poi, dimenticato che non ci può essere un buon caffè senza una buona acqua, pura da cloro, minerale o filtrata, senza un caffè macinato da poco e una macinatura adatta alla propria caffettiera.

Samovar e caffettiere a stantuffo

Il metodo più efficace per fare il caffè rimase, dal XIV al XVIII secolo, quello a infusione o alla francese.

Si mette la polvere di caffè in un sacchetto di tela legato ad un piccolo cordone, si immerge in un bricco con beccuccio detto samovar, contenente acqua bollente, e si lascia in infusione per alcuni minuti.

Si può utilizzare anche la caffettiera a stantuffo o coffee plunger, un contenitore in vetro in cui si versa la polvere di caffè e l’acqua bollente, lasciando in infusione per il tempo desiderato.

Attaccato al coperchio dell’apparecchio, si trova uno stantuffo che termina in un filtro circolare.

Si raccoglie lo stantuffo verso l’alto, e si preme delicatamente verso il basso.

Nel movimento il filtro raccoglie la polvere di caffè sul fondo, lasciando solo l’infuso, che verrà versato dal beccuccio dell’apparecchio.

Ibrik

In Turchia troviamo l’ “ibrik”.

L’ibrik è un pentolino alto e stretto, generalmente in rame, variamente decorato, provvisto di un lungo manico, in cui si mettono due parti di caffè, una di zucchero e circa una dozzina di acqua.

Si mescola, si pone sul fuoco e si porta ad ebollizione.

Si leva quindi l’Ibrik dal fuoco e si lascia freddare.

L’operazione viene ripetuta 3 volte, infine si lascia sedimentare la polvere, si scalda il caffè e si beve.

Il caffè che ne deriva ha un gusto forte e viene detto “caffè arabo” o “caffè turco”.

Caffettiera napoletana

Verso la fine del 1800 in Italia comincia a diffondersi la caffettiera napoletana; la cosa curiosa è che l’invenzione non è Napoletana, ma Francese (1691).

Questa caffettiera è composta da due cilindri, divisi da un filtro a cestello, nel quale si mette il caffè macinato.

Si incomincia, riempiendo il cestello con caffè tostato scuro e macinato fine nella parte inferiore si mette l’acqua, quindi si avvita a testa in giù la parte superiore, detta “di servizio” con beccuccio, si mette la macchinetta sul fuoco e quando l’acqua bolle (un piccolo getto di vapore è il segnale), si toglie dal fuoco e si capovolge, con una certa maestria, in modo che l’acqua calda scorra attraverso il caffè nel contenitore inferiore (quello con beccuccio).

Caffettiera moka

Tra tutte le macchine da caffè “da fuoco” il riconoscimento più prestigioso va sicuramente alla “moka”, apparecchio inventato e messo in commercio prima della seconda guerra mondiale da Alfonso Bialetti.

Moka è il nome di un antico porto situato sulla riva yemenita del Mar Rosso dove veniva imbarcato il caffè destinato ai mercati dell’ Occidente

Nella caffettiera moka l’acqua, contenuta in una caldaia metallica esagonale, quando inizia a bollire, spinta dalla pressione del vapore (circa 2 atmosfere), risale verso l’alto, attraversa il filtro contenente la polvere di caffè e raggiunge la zona sovrastante dove la bevanda viene raccolta.

Il caffè nel filtro va messo raso senza comprimerlo e un occhio di riguardo va dato anche al calore: quando le prime gocce di caffè cominciano a salire, meglio abbassare un po la fiamma, così l’acqua ha il tempo per estrarre dalla polvere tutte le sostanze aromatiche.

Normalmente si utilizzano circa 6 g di caffè tostato da medio a scuro per tazza (40/50 ml).

Caffè filtro per percolazione

Questo è il metodo più usato in America e nel Nord Europa.

La macchina è costituita da due parti: una superiore e una inferiore.

L’acqua calda viene versata sul caffè macinato grossolanamente che è contenuto in un filtro di carta collato nella parte superiore.

La bevanda sgocciola per gravità, passa attraverso il filtro e finisce nel contenitore sottostante.

Il risultato non contiene particelle in sospensione, ma scarso aroma perché pochi sono gli olii che riescono a superare il filtro di carta.

Macchina espresso

La macchina espresso, inventata nel 1902 ad opera del milanese G. Bezzera, è costituita da una caldaia in cui l’acqua viene riscaldata, mediante resistenza elettrica, e sospinta attraverso la dose di caffè macinato, con una pressione di circa 9 atm.

Metodo di preparazione e contenuto di caffeina

Contrariamente a quanto si pensi, il contenuto di caffeina non dipende tanto dal volume di caffè bevuto, quanto da fattori come il tipo di miscela utilizzata (la Robusta ha un contenuto di 2,5 volte superiore rispetto all’Arabica), la quantità di caffè impiegata e soprattutto il metodo di preparazione.

Il caffè americano, ad esempio, viene preparato mantenendo a lungo il caffè a contatto con l’acqua calda e, quindi, la quantità di caffeina estratta è elevata; al contrario, nel caffè preparato con la moka e nell’espresso del bar l’acqua bollente passa rapidamente nella miscela macinata, e il caffè contiene meno caffeina.

Espresso: 60-120 mg

Caffè fatto con Moka (35-50 ml): 60-120 mg

Caffè americano (100 ml): 95-125 mg.

La tazzina calda

Curiosa è la tradizione della tazzina calda, essa permette il mantenimento della temperatura del caffè, favorendone una migliore degustazione.

Un particolare: inizialmente le tazzine venivano tenute calde in una tinozza di acqua calda affiancata alla macchina del caffè; quando necessario, le tazzine usate venivano blandamente sciacquate e poi immerse in questa tinozza creata apposta per favorire la proliferazione batterica, in quanto l’acqua calda veniva messa la mattina e quasi mai sostituita o integrata con dell’altra acqua calda durante l’arco della giornata.

Solo in anni recenti si è cominciato a sfruttare il calore stesso prodotto dalla macchina.

Varietà commerciali del caffè

Caffè decaffeinato e solubile

Il caffè può essere commercializzato in grani o già macinato.

Si possono acquistare anche prodotti che hanno subito un trattamento particolare:

il caffè decaffeinato, ovvero con un ridotto contenuto di caffeina.

La normativa USA permette di etichettare come decaffeinato un prodotto che contiene meno del 2,5% di caffeina, in Europa il caffè decaffeinatone deve contenere non più dello 0,1%;

il caffè solubile in polvere, ottenuto per liofilizzazione dell’infuso del caffè, si consuma con l’aggiunta di acqua o di latte caldi.

Caffè equo e solidale

L’economia del caffè non è stata mai un modello etico.

Un tempo, infatti, le grandi potenze coloniali ricorrevano sistematicamente al lavoro forzato degli schiavi per coltivare le grandi piantagioni e oggi , troppo spesso la coltivazione del caffè, faticosa e legata alle condizioni climatiche, non è giustamente retribuita.

Nei paesi consumatori alcune associazioni hanno preso coscienza di questo fenomeno e tentano di correggerlo.

La fondazione Max Havelaar, ad esempio, si impegna in tutto il mondo per un commercio equo e condizioni di lavoro corrette.

I piccoli contadini ricevono il prezzo minimo garantito per i loro prodotti e un premio fairtrade.

Con il premio i produttori realizzano progetti che migliorano la vita nella regione, come la costruzione di pozzi per l’acqua potabile e scuole.

Molti prodotti fair trade (giusto commercio), inoltre, provengono da agricoltura biologica .

Surrogati del caffè nella seconda guerra mondiale

Negli anni della guerra, lo spettro della fame torna prepotentemente alla ribalta.

Esso coinvolge non solo i ceti contadini e operai, ma strati della piccola e media borghesia che da tempo se ne sentivano indenni.

E‟ il trionfo del surrogato: dolci senza zucchero, creme senza uovo, cioccolato senza cacao, caffè senza caffè.

Ed ecco che, un brutto giorno, una tazzina di vero caffè non fosse potuto sorseggiare più! Tutto sparito!

Sparito appena che fra l’ulular delle sirene, il tuonar dei cannoni e l’infernale infuriar della bufera che tuttora sconvolge il mondo intero venne chiuso ogni confine e sbarrata ogni via del mare.

Oh, quanto dolorosa e difficile sarebbe stata la completa rinuncia ad una sì dolce e ormai inveterata usanza, se tutti quanti, non potendo più avere il bello e il buono, non ci fossimo adattati al meno peggio, a far cioè ricorso all’uno o all’altro dei tanti “nuovi caffè”.

E sono tutti, questi caffè degli attuali tempi, veramente salutari perché a base di cereali; hanno tutti un colore quasi uguale a quello del vero caffè perché ugualmente ottenuti tostando (riducendo cioè in bruno caramello) gli amidi contenuti nella farina di semi; sono tutti di sapore amarognolo perché dolce-amaro è ogni caramello; sono tutti blandamente digestivi perché digestiva è ogni bibita calda sorseggiata dopo i pasti; tutti però valgono poco in quanto azione eccitante, sebbene nessun altro seme è ricco di quell’olio essenziale e di quell’alcaloide che fanno tanto pregiati i semi del caffè.

Ma non si è dovuto fare di necessità virtù? Ecco così tutti quanti, in quei tempi, o comperare il surrogato che si reputò il migliore o nella propria cucina prima tostare e poi macinare i semi o dell’orzo o del frumento, o dell’astragalo, o della soia, o del cece, o dell’una, e persino tostare e macinare le pelli delle patate pelate crude.

Il caffè fa bene o fa male?

Aspetti nutrizionali

Il consumo di caffè non comporta assunzione di nutrienti e calorie, escludendo naturalmente l’aggiunta di zucchero o di latte.

Le principali valutazioni nutrizionali sul consumo di caffè sono da relazionare al contenuto in caffeina, alcaloide dalle proprietà tonico-nervine. In una dieta bilanciata e completa, sono concesse 3/4 tazze al giorno.

Una tazzina di caffè contiene in media 4-8 milligrammi di caffeina e per avere effetti farmacologici bisogna consumarne dosi elevate in un tempo ristretto (300mg-4/6 caffè moka o espressi in una sola dose).

E’ considerata letale una dose di 10 g di caffeina assunta nel giro di trenta minuti, equivalente a 120 espressi. La caffeina se ingerita in una sola dose (4mg/kg di peso corporeo) a una emivita di 2,5- 4,5 ore e viene eliminata con le urine.

Caffè e cuore

A patto che non se ne consumi in quantità rilevanti, il caffè non può essere considerato tra i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari.

Può infatti provocare aritmie solo se si superano i 5/7 caffè espressi (300-500 mg di caffeina).

Caffè e asma

La caffeina ha una modesta azione broncodilatatoria e pertanto il consumo moderato sembra ridurre crisi di asma

Caffè e stomaco

Stimola la secrezione acida dello stomaco migliorando cosi la digestione.

Viceversa le persone che soffrono di ulcera o gastriti dovrebbero limitarne il consumo.

Caffè e dieta

Il caffè viene classificato come un “no nutritive dietary components” in quanto non apporta nutrienti e energia.

Infatti un caffè non apporta più di due calorie.

Interessante è notare che il caffè possa aiutare ad attenuare la sensazione di fame quando magari ci si sottopone a dieta.

Diversi studi hanno evidenziato come un consumo di tre caffè al giorno possa incrementare di circa il 10%, l’attività metabolica in condizioni di riposo aumentando il dispendio di energia.

Caffè e invecchiamento

È noto come il caffè sia in grado di incrementare la performance psicologica soprattutto negli anziani dove aumenterebbe l’attenzione e la capacità di concentrazione.

Si è scoperto che dall’aroma si sprigionano circa 900 sostanze chimiche dotate di alto potere antiossidante che ritardano gli effetti dell’invecchiamento bloccando l’azione lesiva nelle dei radicali liberi.

Questo effetto è legato sia ai composti fenolici che alla caffeina.

Caffè e sport

La caffeina del caffè, la teofillina del tè e la teobromina della cioccolata appartengono alla famiglia delle metilxantine ossia sostanze che stimolano il sistema nervoso centrale e soprattutto la contrazione cardiaca.

Aumenta cosi la frequenza e la quantità di sangue pompato.

Una simile azione beneficia coloro che praticano sport di lunga durata.

Inoltre la caffeina rilascia la muscolatura liscia dei bronchi favorendo così una migliore respirazione necessaria durante una performance atletica.

Il problema di quanta sia la dose di caffè permessa agli sportivi per non risultare come dopati se sottoposti al test anti doping è assai dibattuto.

Spesso il tema non è trattato dalla stampa in modo corretto in quanto il termine caffeina viene associato nei titoli al caffè e non agli analgesici contenenti caffeina .

Per rientrare tra coloro che si dopano è necessario superare i 12 milligrammi di caffeina per litro di urina.

Se ci riferiamo al caffè espresso o moka in dosi modeste non può costituire un pericolo.

Il caffè: vero e proprio fenomeno sociale

“Bere un caffè” per estraniarsi nello spazio-tempo

A partire dall’ Ottocento, anche grazie alla notevole diminuzione del prezzo, il caffè diventa un prodotto di ampio consumo da bere non solo fuori casa, ma anche tra le mura domestiche e rappresenta forse l’unica abitudine che nessuno di noi vorrebbe mai perdere nella vita, perchè simboleggia piccole pause di piacere dopo una dura giornata, è un momento di relax strappato alla fatica quotidiana quei cinque minuti davanti alla tazzina ci ricordano che è nostro dovere assaporare fino in fondo anche le piccole cose.

Pasquale Lojacono nel secondo atto dell’opera Questi fantasmi ( Eduardo De Filippo 1946), mentre parla con l’immaginario dirimpettaio il prof. Sant’Anna dice: “[ ] Io per esempio, a tutto rinuncerei, tranne a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori al balcone, dopo quell’oretta di sonno fatta dopo pranzo, Io stesso me la devo preparare con le mie mani, mia moglie non collabora, mia moglie è molto più giovane di me, e la nuova generazione ha perduto queste abitudini che, secondo me, sono la poesia della vita; perché oltre a farvi occupare il tempo, vi danno una certa serenità di spirito, Il caffè deve avere il colore del manto di monaco, questo non è caffè è cioccolato, vedete quanto poco ci vuole per rendere felice un uomo, prendere il caffè fuori al balcone scambiando due parole con il dirimpettaio simpatico, il caffè bisogna prenderlo con tranquillità”.

La bevanda ideale per la borghesia

L’ideologia della borghesia esaltava il lavoro contro l’ozio e la pigrizia, lo stato di veglia e di attenzione contro il sonno indotto dall’alcol, l’impegno contro l’indolenza e l’apatia: il caffè quindi si presentava come la bevanda ideale per la nuova classe sociale.

All’inizio del Settecento il caffè veniva bevuto in pubblico, in locali specificamente destinati a questo scopo.

I Caffè erano in realtà dei luoghi di incontro e di comunicazione: ci si incontrava lì per discutere prima di tutto di affari ma poi anche di politica, di arte, di letteratura e di giornalismo.

Da questo punto di vista perciò il Caffè è paragonabile ad altre due istituzioni tipiche del Settecento, il teatro e il salotto, da cui si differenzia soprattutto perché era aperto a chiunque potesse pagarsi una consumazione.

Caffè letterari in Italia

“Questa preziosa bibita che diffonde per tutto il corpo un giocondo eccitamento, fu chiamata la bevanda intellettuale, l’amica dei letterati, degli scienziati e dei poeti, perché, scuotendo i nervi, rischiara le idee, fa l’immaginazione più viva e più rapido il pensiero.” (Pellegrino Artusi)

Anche in Italia i Caffè letterari sono stati punto d’incontro di cultura e di vita mondana.

Al Florian a Venezia, al Greco a Roma, al Giubbe Rosse, Michelangiolo e Gilli a Firenze, all’Ussero a Pisa, al Pedrocchi a Padova, al Gambrinus a Napoli, al Cova a Milano artisti e scrittori si scambiavano idee, facevano nascere riviste e libri di poesia, progetti per il teatro e spettacoli.

Famosissimi sono i caffè di Trieste, la città, che poteva vantare un porto tra i più importanti del Mediterraneo in grado di collegare l’impero austro-ungarico con l’oriente, era meta di visitatori provenienti da un po tutto il mondo.

Esistevano importanti colonie di tedeschi, svizzeri, greci che individuavano in qualcuno dei tanti locali sparsi per la città la sede di ritrovo più adatta per incontrarsi e creare delle piccole comunità.

Alla metà dell’Ottocento esistevano a Trieste 54 caffè, e appena qualche decennio dopo, esattamente nel 1911, si censivano ben 98 esercizi.

Oggi, entrare in un Caffè come il Tommaseo, significa ripercorrere le orme di Italo Svevo, che qui vi passava giornate intere a scrivere, a leggere i suoi “maestri”, a chiacchierare con l’amico James Joyce.

Ricette con il caffè

Il Tiramisù

ll tiramisù è uno dei capisaldi della cucina italiana, uno dei dolci al cucchiaio più amati e realizzati in tutto il mondo.

Le origini del tiramisù sono molto incerte e diverse città ne rivendicano la paternità. Ciò di cui siamo certi è che dal 1980 in poi, anno in cui questo termine venne inserito nel vocabolario italiano, il tiramisù ha avuto un successo enorme!

Ad oggi è tra le parole italiane più conosciute all’estero.

Ma cosa rende il tiramisù così speciale? Sicuramente amiamo il fatto che sia molto semplice da preparare, la sua crema al mascarpone è irresistibile, così gustosa e vellutata, intervellata da strati di savoiardi inzuppati nel caffè!

C’è chi ama aromatizzare la bagna con il marsala e chi invece preferisce utilizzare altri liquori, ma noi lo amiamo così, in purezza e vi proponiamo la versione più classica, perfetta per ogni occasione!

Ingredienti (per una teglia di 30×20 cm)

Mascarpone 750 g

Uova (freschissime, circa 5 medie) 260 g

Savoiardi 250 g

Zucchero 120 g

Caffè (della moka, zuccherato a piacere) 300 g

per decorare

Cacao amaro in polvere q.b.

Come preparare il Tiramisù

Per preparare il tiramisù preparate il caffè con la moka per ottenerne 300 g, poi zuccherate a piacere (noi abbiamo messo un cucchiaino) e lasciatelo raffreddare in una ciotolina bassa e ampia.

Separate le uova dividendo gli albumi dai tuorli (1), ricordando che per montare bene gli albumi non dovranno presentare alcuna traccia di tuorlo.

Montate i tuorli con le fruste elettriche, versando solo metà dose di zucchero (2).

Non appena il composto sarà diventato chiaro e spumoso, e con le fruste ancora in funzione, potrete aggiungere il mascarpone, poco alla volta (3).

Incorporato tutto il mascarpone avrete ottenuto una crema densa e compatta (4); tenetela da parte.

Pulite molto bene le fruste e passate a montare gli albumi (5).

Quando saranno schiumosi versate il restante zucchero un po’ alla volta (6).

Dovrete montarli a neve ben ferma (7); otterrete questo risultato quando rovesciando la ciotola la massa non si muoverà.

Prendete una cucchiaiata di albumi e versatela nella ciotola con la crema di mascarpone (8) e mescolate energicamente con una spatola (8), così stempererete il composto. Dopodiché procedete ad aggiungere la restante parte di albumi, poco alla volta mescolando molto delicatamente dal basso verso l’alto (9).

La crema al mascarpone è ora pronta (10).

Distribuitene una generosa cucchiaiata sul fondo di una pirofila di vetro, grande 30×19,5cm e distribuite per bene su tutta la base (11).

Inzuppate per pochi istanti i savoiardi nel caffè freddo prima da un lato e poi dall’altro (12).

Man mano distribuite i savoiardi imbevuti nella pirofila, cercando di sistemarli tutti in un verso (13), così da ottenere un primo strato di biscotti (14).

Aggiungete altra crema al mascarpone e livellatela in modo da coprirli completamente (15).

E continuate a distribuire i savoiardi imbevuti nel caffè (16), poi realizzate un altro strato di crema (17) e livellate bene la superficie (18).

Trasferite la crema rimasta in un sac-à-poche con beccuccio liscio di diametro 12 mm e realizzare dei ciuffetti per tutta la dimensione della teglia (19).

Spolverizzatela con del cacao amaro in polvere (20) e lasciate rassodare in frigorifero per un paio d’ore (21).

Il vostro tiramisù è pronto per essere gustato!

Conservazione

Si consiglia di consumare il tiramisù preparato con uova fresche entro la giornata o conservare al massimo per 1 giorno in frigo, in un contenitore ermetico.

Se utilizzate uova pastorizzate anche 2-3 giorni. Si può congelare per circa 2 settimane in freezer.

 

La grappa al caffè

Una bevanda estiva molto particolare

Ingredienti

1 litro di grappa bianca a 40 gradi

150 grammi di caffè in chicchi

400 grammi di zucchero

preparazione

Mettete a macerare i chicchi di caffè in un recipiente di vetro con tappo a vite assieme alla grappa e allo zucchero per almeno 30 gg agitando ogni tanto .

Filtrate il tutto e mettete in bottiglia il liquido.

Tenete la bottiglia in frigo e consumate freddo .

E’ una bontà ma attenzione a non berne troppo alla sera ; potreste compromettere il sonno!

Fonte:

Rielaborazione in esclusiva per i clienti di CED INGEGNERIA – Bergamo – Milano – Lombardia – Italia

Dicembre 2024