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Approvazione linee guida interventi DPR 380 2001

DECRETO MINISTERIALE INFRASTRUTTURE 30 aprile 2020

Approvazione delle linee guida per l’individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui all’articolo 94-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’articolo 93.

Data di pubblicazione del “D.M. Infrastrutture 30/04/2020” sulla GU n. 124 del 15/05/2020

MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE

IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

Vista la legge 5 novembre 1971, n. 1086;

Vista la legge 2 febbraio 1974, n. 64;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, che tra l’altro riordina e armonizza il disposto delle leggi n. 1086/1971 e n. 64/1974;

Visto il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, come modificato con la legge di conversione 14 giugno 2019, n. 55, recante: «Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di

rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici»;

Visto in particolare l’art. 3, comma 1, lettera d), del predetto decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55;

Visto l’art. 94-bis, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, introdotto dalla legge 14 giugno 2019, n. 55;

Vista la legge 12 dicembre 2019, n. 156, che ha introdotto modifiche all’art. 94-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;

Viste le «Linee guida per l’individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui all’art. 94-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’art. 93» predisposte dalla Presidenza del Consiglio superiore dei lavori pubblici;

Vista l’intesa sancita in Conferenza unificata Stato-regioni nella seduta del 12 marzo 2020, come da atto rep. n. 28/CU del 12 marzo 2020;

decreta

Art. 1. – Approvazione

È approvato il testo, allegato al presente decreto, delle «Linee guida per l’individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui all’art. 94-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’art. 93», previste dall’art. 94-bis, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, introdotto dalla legge 14 giugno 2019, n. 55 e modificato dallaù legge 12 dicembre 2019, n. 156.

Art. 2. – Ambito di applicazione

Come previsto dall’art. 94-bis, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e successive modificazioni ed integrazioni, dopo l’entrata in vigore delle linee guida di cui all’art. 1, le regioni adottano specifiche elencazioni di adeguamento alle stesse, in relazione agli interventi di cui al citato art. 94-bis, comma 1.

Art. 3. – Entrata in vigore

Le linee guida di cui all’art. 1, entrano in vigore il giorno dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

ALLEGATO

Linee guida per l’individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui all’art. 94- bis, comma 1, del decreto del presidente della repubblica n. 380/2001, nonché delle varianti di carattere non sostanziale, per le quali non occorre il preavviso di cui all’art. 93 del decreto del presidente della repubblica n. 380/2001, approvate con decreto ministeriale 30 aprile 2020.

Premesse

Come è noto, il decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia» nasceva dall’esigenza di riordinare – senza introdurre innovazioni significative – la complessa normativa edilizia, caratterizzata da una serie di iniziative legislative e regolamentari che nel corso degli anni si erano sommate, spesso in modo caotico, senza una coerenza logica e sistematica. Tuttavia, anche il decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, nato per dare un filo logico alla struttura legislativa e regolamentare del settore, non sembra essere riuscito nel proprio intento, tanto da essere stato oggetto, nel corso di questi ultimi quindici anni, di decine di modifiche le quali, lungi dal semplificare, ne hanno reso di fatto più difficile l’applicazione.

Per il futuro occorre quindi, senza dubbio, una ristrutturazione organica dell’intera disciplina delle costruzioni che individui chiaramente i principi fondamentali, riorganizzi le procedure e definisca con altrettanta chiarezza i confini della legislazione regionale concorrente.Nelle more della suddetta riorganizzazione, con il medesimo intento di snellimento del quadro normativo delle costruzioni, il legislatore, nell’ambito del decreto-legge n. 32 del 18 aprile 2019, cosiddetto «sbloccacantieri», convertito con la legge n. 55 del 14 giugno 2019, ha introdotto, fra le altre, una significativa modifica all’art. 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, aggiungendo l’art. 94-bis.

Il medesimo art. 94-bis è stato poi modificato, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156, nella formulazione attuale che recita:

«Art. 94-bis (Disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche).

1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui ai capi I, II e IV della parte seconda del presente testo unico, sono considerati, nel rispetto di quanto previsto agli articoli 52e 83:

a) interventi “rilevanti” nei riguardi della pubblica incolumità:

1) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (zona 1) e a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di a g compresi fra 0,20 g e 0,25 g);

2) le nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche situate nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità (zone 3 e 4);

3) gli interventi relativi ad edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso, situate nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità (zone 3 e 4).

b) interventi di “minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità:

1) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di a g compresi fra 0,15 g e 0,20 g), e zona 3;

2) le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti, compresi gli edifici e le opere infrastrutturali di cui alla lettera a), numero 3);

3) le nuove costruzioni che non rientrano nella fattispecie di cui alla lettera a), n. 2);

3-bis) le nuove costruzioni appartenenti alla classe di costruzioni con presenza solo occasionale di persone e edifici agricoli di cui al punto 2.4.2 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 17 gennaio 2018;

c) interventi “privi di rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità:

1) gli interventi che, per loro caratteristiche intrinseche e per destinazione d’uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità.

2. Per i medesimi fini del comma 1, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, definisce, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, le linee guida per l’individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui al medesimo comma 1, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’art. 93. Nelle more dell’emanazione delle linee guida, le regioni possono confermare le disposizioni vigenti. Le elencazioni riconducibili alle categorie di interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, già adottate dalle regioni, possono rientrare nelle medesime categorie di interventi di cui al comma 1, lettere b) e c). A seguito dell’emanazione delle linee guida, le regioni adottano specifiche elencazioni di adeguamento alle stesse.

3. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, non si possono iniziare lavori relativi ad interventi “rilevanti”, di cui al comma 1, lettera a), senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione, in conformità all’art. 94.

4. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, e in deroga a quanto previsto all’art. 94, comma 1, le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano per lavori relativi ad interventi di “minore rilevanza” o “privi di rilevanza” di cui al comma 1, lettera b) o lettera c).5. Per gli stessi interventi, non soggetti ad autorizzazione preventiva, le regioni possono istituire controlli anche con modalità a campione.

6. Restano ferme le procedure di cui agli articoli 65 e 67, comma 1, del presente testo unico.»

La suddivisione degli interventi edilizi in tre macro-categorie, interventi «rilevanti» nei riguardi della pubblica incolumità, interventi di «minore rilevanza» e interventi «privi di rilevanza», ha l’intento di consentire una più razionale e graduale applicazione delle procedure tecnico-amministrative, sulla base, appunto, della maggiore o minore «rilevanza» dell’intervento. Per rendere concreta l’applicazione di tale principio, è tuttavia necessaria una chiara identificazione delle caratteristiche sulla base delle quali un intervento può essere collocato in una delle macro-categorie.

Pertanto, nel rispetto delle regole che disciplinano la legislazione concorrente, la presente linea guida, prevista dal comma 2 del citato art. 94-bis, ha il compito di fornire i criteri di carattere generale sulla base dei quali ciascuna regione potrà redigere la specifica elencazione che assegni le diverse tipologie di interventi ad una specifica macrocategoria, uniformandosi a principi validi sull’intero territorio nazionale, pur nel rispetto delle peculiarità e delle specificità che caratterizzano ogni area regionale.

È opportuno infine sottolineare, in questa sede, come il legislatore, nella citata legge di conversione n. 55 del 14 giugno 2019, con particolare riferimento all’art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, abbia più volte sottolineato che il deposito al SUE, sia del progetto sia della relazione a strutture ultimate, debba avvenire tramite pec; si ritiene al riguardo di poter desumere che, nell’ottica di una generale semplificazione delle procedure, come attestazione di avvenuto deposito possa intendersi valida anche la semplice stampa della certificazione dell’avvenuto ricevimento della pec, evidentemente sotto la responsabilità del soggetto che ha effettuato il deposito, per quanto attiene alla regolarità e completezza della documentazione. In tale ottica le regioni potrebbero quindi, nel provvedimento di recepimento delle disposizioni della legge n. 55/2019, prevedere la suddetta semplificazione, riservandosi, qualora ad un successivo esame della documentazione depositata si riscontrassero gravi carenze, di attivare la procedura di controllo sull’opera in questione, ancorché iniziata.

Tipologie di interventi.

a) Interventi «rilevanti» nei riguardi della pubblica incolumità.

La macro-categoria a), in termini di carattere generale, comprende quelle categorie di interventi i quali, per caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati, possono comportare, in caso di fallimento, un elevato rischio per la pubblica incolumità e per l’assetto del territorio. Si tratta in sostanza, come si vedrà nel seguito – dove verrà trattata ogni singola categoria prevista per questo punto a) – di opere o interventi che richiedono la corretta applicazione dei principi che regolano la scienza e la tecnica delle costruzioni, dei criteri posti a base delle norme tecniche, della modellazione delle strutture e dei più aggiornati software di calcolo; presupposti necessari per la progettazione di opere le quali, si ribadisce, pur nell’ambito dell’approccio probabilistico alla sicurezza valido in generale per tutte le costruzioni, devono fornire più solide e attendibili garanzie sulla corretta impostazione progettuale. Per questo motivo, peraltro, i progetti delle predette opere devono essere sottoposti a più accurati controlli.

1 – Interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (zona 1) e a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di accelerazione a g compresi fra 0,20 g e 0,25 g).

Sono compresi in questa categoria, gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti, in tutte le località del territorio nazionale nelle quali siano attesi, in caso di sisma, valori dell’accelerazione massima su suolo rigido a g (espressa come percentuale di g) superiori a 0,20 g. Il motivo per cui i predetti interventi sono stati inseriti nella macro-categoria a), è da ricercarsi nella particolare complessità insita in un progetto di significativo miglioramento ovvero di adeguamento di una costruzione esistente, quando i predetti interventi siano necessari per ottemperare ai casi previsti dalle norme tecniche o per usufruire delle agevolazioni previste dalla legge di stabilità 11 dicembre 2016, n. 232, art. 1, comma 2-septies, cosiddetto «sismabonus».

In questi casi infatti la progettazione dell’intervento non può prescindere da una approfondita conoscenza delle caratteristiche strutturali, da una precisa diagnosi delle eventuali criticità, da un’accurata conoscenza della modellazione di calcolo nonché dei materiali e delle moderne tecnologie di consolidamento.

Appare opportuno precisare, in questa sede, che il valore dell’accelerazione massima da considerare ai fini dell’applicazione delle disposizioni tecnico-amministrative di cui all’art. 3 della legge n. 55 del 14 giugno 2019, è il valore dell’accelerazione su suolo rigido con superficie topografica orizzontale come definito dalle norme tecniche al § 3.2 e riferito ad un sisma con tempo di ritorno di 475 anni.

2 – Nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche.

Per comprendere appieno i criteri di appartenenza a questa categoria di opere, è bene precisare, preliminarmente, cosa si intende per «usuali tipologie», quelle cioè che si ritrovano, nel seguito, nella categoria b), n. 3). Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui ai capi I, II e IV della parte II del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, sono in generale considerate usuali tipologie tutti gli interventi realizzati con i materiali ed i sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche; un elemento discriminante ai fini dell’attribuzione di un intervento a questa categoria a), n. 2) non può essere quindi il materiale impiegato, anche se diverso dal calcestruzzo armato o acciaio o muratura tradizionale, quale ad esempio il legno, l’alluminio, il calcestruzzo fibrorinforzato o altri materiali compositi; anche le dimensioni, magari notevoli, di una costruzione non costituiscono di per sé un elemento discriminante, atteso che una costruzione di notevoli dimensioni può essere molto semplice nella sua concezione strutturale, mentre costruzioni anche di modesta entità potrebbero essere caratterizzate da una eccezionale complessità strutturale, tale da richiedere una particolare modellazione di calcolo ed una particolare conoscenza dei legami costitutivi dei materiali (si veda, per restare nell’esempio precedente, un edificio molto alto e snello, concepito in modo tale da rispondere positivamente ad una eventuale azione sismica mediante l’impiego di una serie di accorgimenti strutturali quali l’utilizzo di dissipatori o isolatori sismici, l’assunzione di fattori di struttura q o molto elevati o che si discostino sensibilmente da quelli suggeriti dalle norme tecniche nella tabella 7.3.II, la previsione di una massa accordata in sommità, etc.).

In definitiva, l’elemento discriminante che può far appartenere una costruzione alla categoria a) delle costruzioni rilevanti per la pubblica incolumità è da ricercarsi nella particolare e non usuale concezione strutturale.

Per citare degli esempi, in una elencazione assolutamente non esaustiva ma solo indicativa, si può pensare ad edifici caratterizzati da un rapporto tra l’altezza e la minore dimensione in pianta superiore a 3, a ciminiere, a torri, a serbatoi e silos, a complesse strutture idrauliche o marittime, a particolari strutture strallate che non siano i ponti (questi ultimi rientrano infatti nella successiva categoria a), n. 3), a costruzioni industriali caratterizzate dalla presenza di grandi macchine che inducono rilevanti sollecitazioni dinamiche, a costruzioni dotate di isolatori sismici o dissipatori, a opere geotecniche di contenimento del terreno complesse e di altezza significativa.

3 – Interventi relativi ad edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso.

Sono compresi nella presente categoria tutte le nuove costruzioni e tutti gli interventi eseguiti sulle costruzioni esistenti, situati nelle località sismiche, attribuibili alle classi d’uso III e IV di cui al § 2.4.2 delle norme tecniche, realizzate nelle zone ad alta sismicità (zona 1) e media sismicità (zona 2), escluse quindi quelle a bassa sismicità (zone 3 e 4). Ai soli fini della individuazione delle tipologie, possono costituire utile riferimento gli elenchi A e B di cui all’allegato 1 al decreto del Dipartimento della Protezione civile 21 ottobre 2003, sia che trattasi di interventi a competenza statale che non.

Le regioni confermano o modificano eventuali propri elenchi già adottati, coerentemente con le presenti linee guida.

b) Interventi di «minore rilevanza» nei riguardi della pubblica incolumità.

La macro-categoria b), in termini di carattere generale, comprende quelle categorie di interventi caratterizzati da una concezione strutturale più facilmente riconducibile alle fattispecie previste dalle norme tecniche e/o dalla letteratura di settore, che richiedono quindi sufficienti e comuni conoscenze tecniche; si tratta di opere e interventi per le quali, nell’ambito dell’approccio probabilistico alla sicurezza valido in generale per tutte le costruzioni, è plausibile attendersi sufficienti garanzie sulla corretta impostazione progettuale. Per tali interventi, non soggetti ad autorizzazione preventiva, le regioni possono istituire controlli anche con modalità a campione.

1) Interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di PGA compresi fra 0,15 g e 0,20 g) e zona 3.

Sono compresi in questa categoria, gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti, in tutte le località del territorio nazionale nelle quali siano attesi, in caso di sisma, valori dell’accelerazione massima su suolo rigido a g (espressa come percentuale di g), minori o uguali a 0,20 g. Essendo collocati in zone caratterizzate da minori sollecitazioni simiche, la progettazione dei predetti interventi, pur richiedendo sempre una precisa diagnosi delle eventuali criticità, raggiunge più facilmente le finalità di miglioramento o adeguamento, con soluzioni e tecnologie ben conosciute. Per tale motivo, in sostanza, gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti, nella zona 2, con valori di a g compresi fra 0,15 e 0,20 g e, ovviamente, nelle zone 3 (bassa sismicità) e 4 (bassissima sismicità), non sono soggetti a preventiva autorizzazione sismica.

2) Riparazioni ed interventi locali sulle costruzioni esistenti.

Come è noto, il capitolo 8 delle norme tecniche, al § 8.4.1 prevede la fattispecie «Riparazione o intervento locale». Le caratteristiche di tale tipo di intervento sono ampiamente definite dallo stesso § 8.4.1 delle norme tecniche e dal corrispondente § C8.4.1 della circolare 21 gennaio 2019, n. 7, ai quali si rimanda.

3) Nuove costruzioni che non rientrano nella fattispecie di cui alla lettera a), n. 2).

Richiamando quanto già espresso nell’ambito della categoria a), n. 2), rientrano nella presente categoria tutte le nuove costruzioni «usuali», realizzate con i materiali ed i sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche, indipendentemente dalle dimensioni. Si tratta in sostanza di tutte le costruzioni che non rientrano nella categoria a), n. 2), in quanto possono essere progettate con una buona conoscenza dei principi che regolano la scienza e la tecnica delle costruzioni, dei criteri posti a base delle norme tecniche, della modellazione delle strutture e dei comuni software di calcolo.

Per citare degli esempi, si può pensare alle opere appartenenti alla classe d’uso II, ad edifici regolari in pianta e in elevazione, oppure edifici non regolari in pianta e/o in elevazione ma caratterizzati da un rapporto tra l’altezza e la minore dimensione in pianta non superiore a 3, ad opere di sostegno prive di particolari complicazioni di ordine geotecnico, a passerelle pedonali.

3-bis) Nuove costruzioni appartenenti alla classe di costruzioni con presenza solo occasionale di persone e edifici agricoli di cui al punto 2.4.2 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 17 gennaio 2018.

Sotto il profilo della sicurezza, ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui ai capi I, II e IV della parte II del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, si tratta in generale di usuali costruzioni realizzate con i materiali ed i sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche, ma caratterizzati, per la loro specifica funzione, dalla presenza solo occasionale di persone al loro interno o nelle immediate vicinanze; si fa riferimento ad esempio agli edifici destinati all’attività agricola quali magazzini o silos, a costruzioni destinate ad accogliere impianti tecnici ai quali il personale accede sporadicamente per la manutenzione, a locali destinati ad attrezzature di manovre che si svolgono con scarsa frequenza. Con riferimento ai contenuti del § 2.4.2 delle norme tecniche possono rientrare nella categoria b), n. 3-bis), le opere appartenenti alla classe d’uso I.

Sono in sostanza strutture per le quali – pur essendo comunque necessari un titolo abilitativo, un progetto redatto nel rispetto delle norme tecniche ed una esecuzione a norma – nell’ambito dell’approccio probabilistico alla sicurezza, la presenza saltuaria delle persone al loro interno o nelle immediate vicinanze, rende possibile una temperata applicazione delle procedure di verifica e di controllo.

c) Interventi «privi di rilevanza» nei riguardi della pubblica incolumità.

La macro-categoria c), in termini di carattere generale, comprende quelle categorie di interventi i quali per caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati, non costituiscono pericolo sotto il profilo della pubblica incolumità, fermo restando il rispetto delle disposizioni che regolano l’urbanistica e l’assetto del territorio.

1) Interventi che, per loro caratteristiche intrinseche e per destinazione d’uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità.

Ricadono in questa categoria tutte quelle opere ed interventi che per destinazione d’uso, caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità, e che pertanto possono essere realizzate con preavviso scritto allo sportello unico comunale, secondo modalità e contenuti disciplinati dalle regioni, eventualmente semplificati rispetto alle disposizioni di cui all’art. 93 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e successive modificazioni ed integrazioni, fermo restando il rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e di tutte le normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia (in particolare, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42/2004).

In sintesi sono da ritenersi privi di rilevanza urbanistico-edilizia le opere, gli interventi e i manufatti non incidenti in modo significativo o permanente sull’assetto del territorio, in quanto privi di rilevanza strutturale o per i loro oggettivi caratteri di facile amovibilità, oppure in ragione della temporaneità dell’installazione, oppure perché presentano parametri geometrici, strutturali, dimensionali, di peso o di utilizzo limitati.

Quindi, sono considerati interventi privi di rilevanza quelli relativi agli elementi che non presentano rigidezza, resistenza e massa tali da risultare significativi ai fini della sicurezza e/o dell’incolumità delle persone.

Varianti di carattere non sostanziali.

Si premette che l’art. 93 – Denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche – del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, al comma 1 recita:

«1. Nelle zone sismiche di cui all’art. 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, indicando il proprio domicilio, il nome e la residenza del progettista, del direttore dei lavori e dell’appaltatore.».

La disposizione suddetta esprime un principio fondamentale in base al quale, nelle zone sismiche di cui all’art. 83 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, chiunque intenda procedere alla realizzazione degli interventi di cui all’art. 94-bis, comma 1, lettere a) e b) deve darne preavviso scritto allo sportello unico, preposto al controllo ed alla vigilanza sull’assetto e la sicurezza del territorio; quest’ultimo provvede poi a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione. Ciò comporta, evidentemente che, ultimate tutte le procedure previste per la categoria di intervento, una volta iniziati i lavori si debba dare preavviso scritto allo sportello unico anche delle varianti sostanziali che si intende apportare all’intervento.

Nello spirito di snellimento delle procedure che caratterizza l’art. 3 del decreto «sbloccacantieri», sono evidentemente esonerate dal preavviso scritto di cui al citato comma 1, dell’art. 93, tutte quelle varianti che si possono definire non sostanziali.

Per definire i criteri in base ai quali una variante si può definire sostanziale o meno, occorre sottolineare come un intervento è sempre soggetto al rispetto di precise disposizioni di legge e regolamenti sotto due profili principali: gli aspetti urbanistici ed architettonici, e gli aspetti legati alla sicurezza. Fermi restando gli aspetti urbanisticiarchitettonici, restando nell’ambito della sicurezza delle costruzioni e quindi dell’applicazione delle disposizioni di cui ai capi I, II e IV della parte II del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, ai fini dell’applicazione dell’art. 94-bis cui fanno riferimento le presenti linee guida assume particolare rilievo la definizione dei criteri strutturali in base ai quali una variante si può definire non sostanziale. A tale scopo si può fare riferimento ai medesimi criteri che distinguono le riparazioni o interventi locali dal miglioramento o adeguamento sismico.

In definitiva, sulla base delle caratteristiche strutturali dell’intervento, una variante si può definire non sostanziale se interviene solo su singole parti o elementi dell’opera, senza produrre concrete modifiche sui parametri che determinano il comportamento statico o dinamico della struttura nel suo complesso, quali ad esempio: il periodo fondamentale T1, il taglio alla base VR, le sollecitazioni massime (M, N, T) sugli elementi strutturali.

Le regioni possono individuare eventuali ulteriori ipotesi di varianti non sostanziali, conformemente al principio generale appena esposto.

Rientrano, inoltre, tra le varianti non sostanziali le realizzazioni in corso d’opera di interventi privi di rilevanza di cui alla categoria c), n. 1).

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