Home | Norme Tecniche | Energia e ambiente | Testo unico in materia di foreste

Testo unico in materia di foreste

DECRETO LEGISLATIVO 03 aprile 2018, n. 34

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
Visto l’articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154, recante deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale, e, in particolare, il comma 2, lettera h);
Visto il regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, recante riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani;
Visto il regio decreto 16 maggio 1926, n. 1126, recante approvazione del regolamento per l’applicazione del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, concernente il riordinamento e la riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani;
Visto il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137;
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 1° dicembre 2017;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 21 dicembre 2017;
Acquisita l’intesa della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espressa nella seduta dell’11 gennaio 2018;
Acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica in data 14 marzo 2018, con il quale l’on. dott. Paolo Gentiloni Silveri, Presidente del Consiglio dei ministri, è stato incaricato di reggere, ad interim, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 16 marzo 2018;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e, ad interim, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze;

Emana il seguente decreto legislativo

Art. 1. – Principi
1. La Repubblica riconosce il patrimonio forestale nazionale come parte del capitale naturale nazionale e come bene di rilevante interesse pubblico da tutelare e valorizzare per la stabilità e il benessere delle generazioni presenti e future.
2. Nel rispetto delle competenze sancite dalla Costituzione, delle potestà attribuite dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano e in attuazione del principio di leale collaborazione, il presente decreto reca le norme fondamentali volte a garantire l’indirizzo unitario e il coordinamento nazionale in materia di foreste e di filiere forestali, nel rispetto degli impegni assunti a livello internazionale ed europeo.
3. Lo Stato e le regioni, nell’ambito delle rispettive competenze, promuovono attraverso il fondamentale contributo della selvicoltura la gestione forestale sostenibile con particolare riferimento a quanto previsto dalle risoluzioni delle Conferenze ministeriali per la protezione delle foreste in Europa del Forest Europe, al fine di riconoscere il ruolo sociale e culturale delle foreste, di tutelare e valorizzare il patrimonio forestale, il territorio e il paesaggio nazionale, rafforzando le filiere forestali e garantendo, nel tempo, la multifunzionalità e la diversità delle risorse forestali, la salvaguardia ambientale, la lotta e l’adattamento al cambiamento climatico, lo sviluppo socio-economico delle aree montane e interne del Paese.
4. Lo Stato, le regioni e gli enti da queste delegati, promuovono in modo coordinato la tutela, la gestione e la valorizzazione attiva del patrimonio forestale anche al fine di garantire lo sviluppo equilibrato delle sue filiere, nel rispetto degli impegni assunti a livello internazionale ed europeo.
5. Ogni intervento normativo incidente sul presente testo unico o sulle materie dallo stesso disciplinate va attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute ai sensi dell’articolo 13-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Art. 2. – Finalità
1. Le disposizioni del presente decreto sono finalizzate a:
a) garantire la salvaguardia delle foreste nella loro estensione, distribuzione, ripartizione geografica, diversità ecologica e bio-culturale;
b) promuovere la gestione attiva e razionale del patrimonio forestale nazionale al fine di garantire le funzioni ambientali, economiche e socio-culturali;
c) promuovere e tutelare l’economia forestale, l’economia montana e le rispettive filiere produttive nonché lo sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali attraverso la protezione e il razionale utilizzo del suolo e il recupero produttivo delle proprietà fondiarie frammentate e dei terreni abbandonati, sostenendo lo sviluppo di forme di gestione associata delle proprietà forestali pubbliche e private;
d) proteggere la foresta promuovendo azioni di prevenzione da rischi naturali e antropici, di difesa idrogeologica, di difesa dagli incendi e dalle avversità biotiche ed abiotiche, di adattamento al cambiamento climatico, di recupero delle aree degradate o danneggiate, di sequestro del carbonio e di erogazione di altri servizi ecosistemici generati dalla gestione forestale sostenibile;
e) promuovere la programmazione e la pianificazione degli interventi di gestione forestale nel rispetto del ruolo delle regioni e delle autonomie locali;
f) favorire l’elaborazione di principi generali, di linee guida e di indirizzo nazionali per la tutela e la valorizzazione del patrimonio forestale e del paesaggio rurale, con riferimento anche agli strumenti di intervento previsti dalla politica agricola comune;
g) favorire la partecipazione attiva del settore forestale italiano alla definizione, implementazione e sviluppo della strategia forestale europea e delle politiche ad essa collegate;
h) garantire e promuovere la conoscenza e il monitoraggio del patrimonio forestale nazionale e dei suoi ecosistemi, anche al fine di supportare l’esercizio delle funzioni di indirizzo politico nel settore forestale e ambientale;
i) promuovere e coordinare, nel settore, la formazione e l’aggiornamento degli operatori e la qualificazione delle imprese;
l) promuovere l’attività di ricerca, sperimentazione e divulgazione tecnica nel settore forestale;
m) promuovere la cultura forestale e l’educazione ambientale.
2. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con la Conferenza unificata ed in coordinamento, per quanto di rispettiva competenza, con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, adotta gli atti di indirizzo e assicura il coordinamento delle attività necessarie a garantire il perseguimento unitario e su tutto il territorio nazionale delle finalità di cui al comma 1.
3. Per l’ordinato perseguimento delle finalità di cui ai comma 1, lo Stato e le regioni promuovono accordi, intese istituzionali e progetti di valenza interregionale e internazionale.
4. All’attuazione delle finalità di cui al presente articolo si fa fronte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 3. – Definizioni
1. I termini bosco, foresta e selva sono equiparati.
2. Si definiscono:
a) patrimonio forestale nazionale: l’insieme dei boschi, di cui ai commi 3 e 4, e delle aree assimilate a bosco, di cui all’articolo 4, radicati sul territorio dello Stato, di proprietà pubblica e privata;
b) gestione forestale sostenibile o gestione attiva: insieme delle azioni selvicolturali volte a valorizzare la molteplicità delle funzioni del bosco, a garantire la produzione sostenibile di beni e servizi ecosistemici, nonché una gestione e uso delle foreste e dei terreni forestali nelle forme e ad un tasso di utilizzo che consenta di mantenere la loro biodiversità, produttività, rinnovazione, vitalità e potenzialità di adempiere, ora e in futuro, a rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali a livello locale, nazionale e globale, senza comportare danni ad altri ecosistemi;
c) pratiche selvicolturali: i tagli, le cure e gli interventi volti all’impianto, alla coltivazione, alla prevenzione di incendi, al trattamento e all’utilizzazione dei boschi e alla produzione di quanto previsto alla lettera d);
d) prodotti forestali spontanei non legnosi: tutti i prodotti di origine biologica ad uso alimentare e ad uso non alimentare, derivati dalla foresta o da altri terreni boscati e da singoli alberi, escluso il legno in ogni sua forma;
e) sistemazioni idraulico-forestali: gli interventie le opere di carattere intensivo ed estensivo attuati, anche congiuntamente, sul territorio, al fine di stabilizzare, consolidare e difendere i terreni dal dissesto idrogeologico e di migliorare l’efficienza funzionale dei bacini idrografici e dei sistemi forestali;
f) viabilità forestale e silvo-pastorale: la rete di strade, piste, vie di esbosco, piazzole e opere forestali aventi carattere permanente o transitorio, comunque vietate al transito ordinario, con fondo prevalentemente non asfaltato e a carreggiata unica, che interessano o attraversano le aree boscate e pascolive, funzionali a garantire il governo del territorio, la tutela, la gestione e la valorizzazione ambientale, economica e paesaggistica del patrimonio forestale, nonché le attività di prevenzione ed estinzione degli incendi boschivi;
g) terreni abbandonati: fatto salvo quanto previsto dalle normative regionali vigenti, i terreni forestali nei quali i boschi cedui hanno superato, senza interventi selvicolturali, almeno della metà il turno minimo fissato dalle norme forestali regionali, ed i boschi d’alto fusto in cui non siano stati attuati interventi di sfollo o diradamento negli ultimi venti anni, nonché i terreni agricoli sui quali non sia stata esercitata attività agricola da almeno tre anni, in base ai principi e alle definizioni di cui al regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 e relative disposizioni nazionali di attuazione, ad esclusione dei terreni sottoposti ai vincoli di destinazione d’uso;
h) terreni silenti: i terreni agricoli e forestali di cui alla lettera g) per i quali i proprietari non siano individuabili o reperibili a seguito di apposita istruttoria;
i) prato o pascolo permanente: le superfici non comprese nell’avvicendamento delle colture dell’azienda da almeno cinque anni, in attualità di coltura per la coltivazione di erba e altre piante erbacee da foraggio, spontanee o coltivate, destinate ad essere sfalciate, affienate o insilate una o più volte nell’anno, o sulle quali è svolta attività agricola di mantenimento, o usate per il pascolo del bestiame, che possono comprendere altre specie, segnatamente arbustive o arboree, utilizzabili per il pascolo o che producano mangime animale, purché l’erba e le altre piante erbacee da foraggio restino predominanti;
l) prato o pascolo arborato: le superfici in attualità di coltura con copertura arborea forestale inferiore al 20 per cento, impiegate principalmente per il pascolo del bestiame;
m) bosco da pascolo: le superfici a bosco destinate tradizionalmente anche a pascolo con superficie erbacea non predominante;
n) arboricoltura da legno: la coltivazione di impianti arborei in terreni non boscati o soggetti ad ordinaria lavorazione agricola, finalizzata prevalentemente alla produzione di legno a uso industriale o energetico e che è liberamente reversibile al termine del ciclo colturale;
o) programmazione forestale: l’insieme delle strategie e degli interventi volti, nel lungo periodo, ad assicurare la tutela, la valorizzazione, la gestione attiva del patrimonio forestale o la creazione di nuove foreste;
p) attività di gestione forestale: le attività descritte nell’articolo 7, comma 1;
q) impresa forestale: impresa iscritta nel registro di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, che esercita prevalentemente attività di gestione forestale, fornendo anche servizi in ambito forestale e ambientale e che risulti iscritta negli elenchi o negli albi delle imprese forestali regionali di cui all’articolo 10, comma 2;
r) bosco di protezione diretta: superficie boscata che per la propria speciale ubicazione svolge una funzione di protezione diretta di persone, beni e infrastrutture da pericoli naturali quali valanghe, caduta massi, scivolamenti superficiali, lave torrentizie e altro, impedendo l’evento o mitigandone l’effetto;
s) materiale di moltiplicazione: il materiale di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 10 novembre 2003, n. 386.
3. Per le materie di competenza esclusiva dello Stato, sono definite bosco le superfici coperte da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale in qualsiasi stadio di sviluppo ed evoluzione, con estensione non inferiore ai 2.000 metri quadri, larghezza media non inferiore a 20 metri e con copertura arborea forestale maggiore del 20 per cento.
4. Le regioni, per quanto di loro competenza e in relazione alle proprie esigenze e caratteristiche territoriali, ecologiche e socio-economiche, possono adottare una definizione integrativa di bosco rispetto a quella dettata al comma 3, nonché definizioni integrative di aree assimilate a bosco e di aree escluse dalla definizione di bosco di cui, rispettivamente, agli articoli 4 e 5, purché non venga diminuito il livello di tutela e conservazione così assicurato alle foreste come presidio fondamentale della qualità della vita.

Art. 4. – Aree assimilate a bosco
1. Per le materie di competenza esclusiva dello Stato, fatto salvo quanto già previsto dai piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sono assimilati a bosco:
a) le formazioni vegetali di specie arboree o arbustive in qualsiasi stadio di sviluppo, di consociazione e di evoluzione, comprese le sugherete e quelle caratteristiche della macchia mediterranea, riconosciute dalla normativa regionale vigente o individuate dal piano paesaggistico regionale ovvero nell’ambito degli specifici accordi di collaborazione stipulati, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dalle regioni e dai competenti organi territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per il particolare interesse forestale o per loro specifiche funzioni e caratteristiche e che non risultano già classificate a bosco;
b) i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del territorio, di miglioramento della qualità dell’aria, di salvaguardia del patrimonio idrico, di conservazione della biodiversità, di protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale;
c) i nuovi boschi creati, direttamente o tramite monetizzazione, in ottemperanza agli obblighi di intervento compensativo di cui all’articolo 8, commi 3 e 4;
d) le aree forestali temporaneamente prive di copertura arborea e arbustiva a causa di interventi antropici, di danni da avversità biotiche o abiotiche, di eventi accidentali, di incendi o a causa di trasformazioni attuate in assenza o in difformità dalle autorizzazioni previste dalla normativa vigente;
e) le radure e tutte le altre superfici di estensione inferiore a 2.000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco, non riconosciute come prati o pascoli permanenti o come prati o pascoli arborati;
f) le infrastrutture lineari di pubblica utilità e le rispettive aree di pertinenza, anche se di larghezza superiore a 20 metri che interrompono la continuità del bosco, comprese la viabilità forestale, gli elettrodotti, i gasdotti e gli acquedotti, posti sopra e sotto terra, soggetti a periodici interventi di contenimento della vegetazione e di manutenzione ordinaria e straordinaria finalizzati a garantire l’efficienza delle opere stesse e che non necessitano di ulteriori atti autorizzativi.
2. Ai boschi di sughera di cui alla legge 18 luglio 1956, n. 759, non si applicano le definizioni di cui al comma 1 e di cui all’articolo 3, comma 3, e sono consentiti gli interventi colturali disciplinati dalla medesima legge e da specifiche disposizioni regionali.

Art. 5. – Aree escluse dalla definizione di bosco
1. Per le materie di competenza esclusiva dello Stato, fatto salvo quanto previsto dai piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, non rientrano nella definizione di bosco:
a) le formazioni di origine artificiale realizzate su terreni agricoli anche a seguito dell’adesione a misure agro-ambientali o nell’ambito degli interventi previsti dalla politica agricola comune dell’Unione europea;
b) l’arboricoltura da legno, di cui all’articolo 3, comma 2, lettera n), le tartufaie coltivate di origine artificiale, i noccioleti e i castagneti da frutto in attualità di coltura o oggetto di ripristino colturale, nonché il bosco ceduo a rotazione rapida di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera k), del regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013;
c) gli spazi verdi urbani quali i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i vivai, compresi quelli siti in aree non forestali, gli arboreti da seme non costituiti ai sensi del decreto legislativo 10 novembre 2003, n. 386, e siti in aree non forestali, le coltivazioni per la produzione di alberi di Natale, gli impianti di frutticoltura e le altre produzioni arboree agricole, le siepi, i filari e i gruppi di piante arboree;
d) le aree soggette a misure e piani di eradicazione in attuazione del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014.
2. Per le materie di competenza esclusiva dello Stato, fatto salvo quanto previsto dai piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, non sono considerati bosco, esclusivamente ai fini del ripristino delle attività agricole e pastorali o del restauro delle preesistenti edificazioni, senza aumenti di volumetrie e superfici e senza l’edificazione di nuove costruzioni:
a) le formazioni di specie arboree, associate o meno a quelle arbustive, originate da processi naturali o artificiali e insediate su superfici di qualsiasi natura e destinazione anche a seguito di abbandono colturale o di preesistenti attività agrosilvo-pastorali, riconosciute meritevoli di tutela e ripristino dal piano paesaggistico regionale ovvero nell’ambito degli specifici accordi di collaborazione stipulati ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dalle strutture regionali compenti in materia agro-silvo-pastorale, ambientale e paesaggistica e dai competenti organi territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, conformemente ai criteri minimi nazionali definiti ai sensi dell’articolo 7, comma 11, e fatti salvi i territori già tutelati per subentrati interessi naturalistici;
b) le superfici di cui alla lettera a) individuate come paesaggi rurali di interesse storico e inserite nel «Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali», istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
c) i manufatti e i nuclei rurali già edificati che siano stati abbandonati e colonizzati da vegetazione arborea o arbustiva a qualunque stadio d’età.
3. Le fattispecie di cui alle lettere a) e b) del comma 2 continuano ad essere considerate bosco sino all’avvio dell’esecuzione degli interventi di ripristino e recupero delle attività agricole e pastorali autorizzati dalle strutture competenti.

Art. 6. – Programmazione e pianificazione forestale
1. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministro dello sviluppo economico e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, è approvata la Strategia forestale nazionale. La Strategia, in attuazione dei principi e delle finalità di cui agli articoli 1 e 2 e degli impegni assunti a livello internazionale ed europeo, con particolare riferimento alla Strategia forestale dell’Unione europea COM (2013) n. 659 del 20 settembre 2013, ed in continuità con il Programma quadro per il settore forestale, definisce gli indirizzi nazionali per la tutela, la valorizzazione e la gestione attiva del patrimonio forestale nazionale e per lo sviluppo del settore e delle sue filiere produttive, ambientali e socio-culturali, ivi compresa la filiera pioppicola. La Strategia forestale nazionale ha una validità di venti anni ed è soggetta a revisione e aggiornamento quinquennale.
2. In coerenza con la Strategia forestale nazionale adottata ai sensi del comma 1, le regioni individuano i propri obiettivi e definiscono le relative linee d’azione. A tal fine, in relazione alle specifiche esigenze socio-economiche, ambientali e paesaggistiche, nonché alle necessità di prevenzione del rischio idrogeologico, di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico, le regioni adottano Programmi forestali regionali e provvedono alla loro revisione periodica in considerazione delle strategie, dei criteri e degli indicatori da esse stesse individuati tra quelli contenuti nella Strategia forestale nazionale.
3. Le regioni possono predisporre, nell’ambito di comprensori territoriali omogenei per caratteristiche ambientali, paesaggistiche, economico-produttive o amministrative, piani forestali di indirizzo territoriale, finalizzati all’individuazione, al mantenimento e alla valorizzazione delle risorse silvo-pastorali e al coordinamento delle attività necessarie alla loro tutela e gestione attiva, nonché al coordinamento degli strumenti di pianificazione forestale di cui al comma 6. L’attività di cui al presente comma può essere svolta anche in accordo tra più regioni ed enti locali in coerenza con quanto previsto dai piani paesaggistici regionali. I piani forestali di indirizzo territoriale concorrono alla redazione dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 145 del medesimo decreto legislativo.
4. All’approvazione dei piani forestali di indirizzo territoriale di cui al comma 3, si applicano le misure di semplificazione di cui al punto A.20 dell’Allegato A del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31.
5. Le regioni, nel rispetto dell’interesse comune, garantiscono e curano l’applicazione dei piani forestali di indirizzo territoriale, anche attraverso le forme di sostituzione diretta o di affidamento della gestione previste all’articolo 12. Con i piani forestali di indirizzo territoriale, le regioni definiscono almeno:
a) le destinazioni d’uso delle superfici silvo-pastorali ricadenti all’interno del territorio sottoposto a pianificazione, i relativi obiettivi e gli indirizzi di gestione necessari alla loro tutela, gestione e valorizzazione;
b) le priorità d’intervento necessarie alla tutela, alla gestione e alla valorizzazione ambientale, economica e socio-culturale dei boschi e dei pascoli ricadenti all’interno del territorio sottoposto a pianificazione;
c) il coordinamento tra i diversi ambiti e livelli di programmazione e di pianificazione territoriale e forestali vigenti, in conformità con i piani paesaggistici regionali e con gli indirizzi di gestione delle aree naturali protette, nazionali e regionali, di cui all’articolo 2 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e dei siti della Rete ecologica istituita ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992;
d) gli interventi strutturali e infrastrutturali al servizio del bosco, compresa la localizzazione della rete di viabilità forestale di cui all’articolo 9, e le azioni minime di gestione, governo e trattamento necessari alla tutela e valorizzazione dei boschi e allo sviluppo delle filiere forestali locali;
e) gli indirizzi di gestione silvo-pastorale per la redazione degli strumenti di pianificazione di cui al comma 6.
6. Le regioni in attuazione dei Programmi forestali regionali di cui al comma 2 e coordinatamente con i piani forestali di indirizzo territoriale di cui al comma 3, ove esistenti, promuovono, per le proprietà pubbliche e private, la redazione di piani di gestione forestale o di strumenti equivalenti, riferiti ad un ambito aziendale o sovraziendale di livello locale, quali strumenti indispensabili a garantire la tutela, la valorizzazione e la gestione attiva delle risorse forestali. Per l’approvazione dei piani di gestione forestale, qualora conformi ai piani forestali di indirizzo territoriale di cui al comma 3, non è richiesto il parere del Soprintendente per la parte inerente la realizzazione o l’adeguamento della viabilità forestale di cui al punto A.20 dell’Allegato A del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31.
7. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono approvate apposite disposizioni per la definizione dei criteri minimi nazionali di elaborazione dei piani forestali di indirizzo territoriale di cui al comma 3 e dei piani di gestione forestale, o strumenti equivalenti, di cui al comma 6, al fine di armonizzare le informazioni e permetterne una informatizzazione su scala nazionale.
Le regioni e si adeguano alle disposizioni di cui al periodo precedente entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma.
8. Le regioni, in conformità a quanto statuito al comma 7, definiscono i criteri di elaborazione, attuazione e controllo dei piani forestali di indirizzo territoriale di cui al comma 3 e dei piani di gestione forestale o strumenti equivalenti di cui al comma 6.
Definiscono, altresì, i tempi minimi di validità degli stessi e i termini per il loro periodico riesame, garantendo che la loro redazione e attuazione venga affidata a soggetti di comprovata competenza professionale, nel rispetto delle norme relative ai titoli professionali richiesti per l’espletamento di tali attività.
9. Al fine di promuovere la pianificazione forestale e incentivare la gestione attiva razionale del patrimonio forestale, le regioni possono prevedere un accesso prioritario ai finanziamenti pubblici per il settore forestale a favore delle proprietà pubbliche e private e dei beni di uso collettivo e civico dotati di piani di gestione forestale o di strumenti di gestione forestale equivalenti.
10. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali si avvale dell’Osservatorio nazionale del paesaggio rurale di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2013, n. 105, per l’elaborazione degli indirizzi quadro per la tutela e la gestione dei paesaggi rurali e tradizionali iscritti nel «Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali» e ricadenti nei Piani forestali di indirizzo territoriale elaborati dalle regioni.
All’attuazione del presente comma si fa fronte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 7. – Disciplina delle attività di gestione forestale
1. Sono definite attività di gestione forestale tutte le pratiche selvicolturali a carico della vegetazione arborea e arbustiva di cui all’articolo 3, comma 2, lettera c) e previste dalle norme regionali, gli interventi colturali di difesa fitosanitaria, gli interventi di prevenzione degli incendi boschivi, i rimboschimenti e gli imboschimenti, gli interventi di realizzazione, adeguamento e manutenzione della viabilità forestale al servizio delle attività agro-silvo-pastorali e le opere di sistemazione idraulico-forestale realizzate anche con tecniche di ingegneria naturalistica, nonché la prima commercializzazione dei prodotti legnosi quali tronchi, ramaglie e cimali, se svolta congiuntamente ad almeno una delle pratiche o degli interventi predetti. Tutte le pratiche finalizzate alla salvaguardia, al mantenimento, all’incremento e alla valorizzazione delle produzioni non legnose, rientrano nelle attività di gestione forestale.
2. Lo Stato e le regioni, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, sostengono e promuovono le attività di gestione forestale di cui al comma 1.
3. Le regioni definiscono e attuano le pratiche selvicolturali più idonee al trattamento del bosco, alle necessità di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del suolo, alle esigenze socio-economiche locali, alle produzioni legnose e non legnose, alle esigenze di fruizione e uso pubblico del patrimonio forestale anche in continuità con le pratiche silvo-pastorali tradizionali o ordinarie.
4. Le regioni disciplinano, anche in deroga alle disposizioni del presente articolo, le attività di gestione forestale coerentemente con le specifiche misure in materia di conservazione di habitat e specie di interesse europeo e nazionale. La disposizione di cui al precedente periodo si applica, ove non già autonomamente disciplinate, anche alle superfici forestali ricadenti all’interno delle aree naturali protette di cui all’articolo 2 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, o all’interno dei siti della Rete ecologica istituita ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 e di altre aree di particolare pregio e interesse da tutelare.
5. Nell’ambito delle attività di gestione forestale di cui al comma 1, si applicano le seguenti disposizioni selvicolturali secondo i criteri di attuazione e garanzia stabiliti dalle regioni:
a) è sempre vietata la pratica selvicolturale del taglio a raso dei boschi, fatti salvi gli interventi urgenti disposti dalle regioni ai fini della difesa fitosanitaria, del ripristino post-incendio o per altri motivi di rilevante e riconosciuto interesse pubblico, a condizione che sia assicurata la rinnovazione naturale o artificiale del bosco;
b) è sempre vietata la pratica selvicolturale del taglio a raso nei boschi di alto fusto e nei boschi cedui non matricinati, fatti salvi gli interventi autorizzati dalle regioni o previsti dai piani di gestione forestale o dagli strumenti equivalenti, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 146 e 149 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, purché siano trascorsi almeno cinque anni dall’ultimo intervento, sia garantita un’adeguata distribuzione nello spazio delle tagliate al fine di evitare contiguità tra le stesse, e a condizione che sia assicurata la rinnovazione naturale o artificiale del bosco;
c) è sempre vietata la conversione dei boschi governati o avviati a fustaia in boschi governati a ceduo, fatti salvi gli interventi autorizzati dalle regioni e volti al mantenimento del governo a ceduo in presenza di adeguata capacità di rigenerazione vegetativa, anche a fini ambientali, paesaggistici e di difesa fitosanitaria, nonché per garantire una migliore stabilità idrogeologica dei versanti.
6. Le regioni individuano, nel rispetto delle norme nazionali e regionali vigenti, gli interventi di ripristino obbligatori da attuare in caso di violazioni delle norme che disciplinano le attività di gestione forestale, comprese le modalità di sostituzione diretta o di affidamento, mediante procedura ad evidenza pubblica ovvero mediante affidamento ad enti delegati dalle stesse per la gestione forestale, dei lavori di ripristino dei terreni interessati dalle violazioni, anche previa occupazione temporanea e comunque senza obbligo di corrispondere alcuna indennità. Nel caso in cui dalle violazioni di cui al precedente periodo derivi un danno o un danno ambientale ai sensi della direttiva 2004/35/CE del Parlamento e del Consiglio del 21 aprile 2004, dovrà procedersi alla riparazione dello stesso ai sensi della medesima direttiva e della relativa normativa interna di recepimento.
7. In attuazione del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, è vietata la sostituzione dei soprassuoli di specie forestali autoctone con specie esotiche. Le regioni favoriscono la rinaturalizzazione degli imboschimenti artificiali e la tutela delle specie autoctone rare e sporadiche, nonché il rilascio di piante ad invecchiamento indefinito e di necromassa in piedi o al suolo, senza compromettere la stabilità delle formazioni forestali e in particolare la loro resistenza agli incendi boschivi.
8. Le regioni, coerentemente con quanto previsto dalla Strategia forestale dell’Unione europea COM (2013) n. 659 del 20 settembre 2013, promuovono sistemi di pagamento dei servizi ecosistemici ed ambientali (PSE) generati dalle attività di gestione forestale sostenibile e dall’assunzione di specifici impegni silvo-ambientali informando e sostenendo i proprietari, i gestori e i beneficiari dei servizi nella definizione, nel monitoraggio e nel controllo degli accordi contrattuali. I criteri di definizione dei sistemi di remunerazione dei servizi ecosistemici ed ambientali (PSE) risultano essere quelli di cui all’articolo 70 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, con particolare riguardo ai beneficiari finali del sistema di pagamento indicati alla lettera h) del comma 2 del predetto articolo 70.
9. La promozione di sistemi PSE di cui al comma 8, deve avvenire anche nel rispetto dei seguenti principi e criteri generali:
a) la volontarietà dell’accordo, che dovrà definire le modalità di fornitura e di pagamento del servizio;
b) l’addizionalità degli interventi oggetto di PSE rispetto alle condizioni ordinarie di offerta dei servizi;
c) la permanenza delle diverse funzioni di tutela ambientale presenti prima dell’accordo.
10. Le pratiche selvicolturali previste dagli strumenti di pianificazione forestale vigenti, condotte senza compromettere la stabilità delle formazioni forestali e comunque senza il ricorso al taglio raso nei governi ad alto fusto, inclusa l’ordinaria gestione del bosco governato a ceduo, finalizzate ad ottenere la rinnovazione naturale del bosco, la conversione del governo da ceduo ad alto fusto e il mantenimento al governo ad alto fusto, sono ascrivibili a buona pratica forestale e assoggettabili agli impegni silvoambientali di cui al comma 8.
11. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono adottate disposizioni per la definizione di criteri minimi nazionali per il riconoscimento dello stato di abbandono delle attività agropastorali preesistenti per le superfici di cui all’articolo 5, comma 2, lettera a). Le regioni si adeguano alle disposizioni di cui al precedente periodo entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma.
12. Con i piani paesaggistici regionali, ovvero con specifici accordi di collaborazione stipulati tra le regioni e i competenti organi territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, vengono concordati gli interventi previsti ed autorizzati dalla normativa in materia, riguardanti le pratiche selvicolturali, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione, da eseguirsi nei boschi tutelati ai sensi dell’articolo 136 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e ritenuti paesaggisticamente compatibili con i valori espressi nel provvedimento di vincolo. Gli interventi di cui al periodo precedente, vengono definiti nel rispetto delle linee guida nazionali di individuazione e di gestione forestale delle aree ritenute meritevoli di tutela, da adottarsi con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dei beni delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell’am-biente e della tutela del territorio e del mare e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
13. Le pratiche selvicolturali, i trattamenti e i tagli selvicolturali di cui all’articolo 3, comma 2, lettera c), eseguiti in conformità alle disposizioni del presente decreto ed alle norme regionali, sono equiparati ai tagli colturali di cui all’articolo 149, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Art. 8. – Disciplina della trasformazione del bosco e opere compensative
1. Ogni intervento che comporti l’eliminazione della vegetazione arborea e arbustiva esistente, finalizzato ad attività diverse dalla gestione forestale come definita all’articolo 7, comma 1, costituisce trasformazione del bosco.
2. E’ vietato ogni intervento di trasformazione del bosco che determini un danno o un danno ambientale ai sensi della direttiva 2004/35/CE e della relativa normativa interna di recepimento e che non sia stato preventivamente autorizzato, ove previsto, ai sensi dell’articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, delle disposizioni dei piani paesaggistici regionali ovvero ai fini del ripristino delle attività agricole tradizionali e della realizzazione di opere di rilevante interesse pubblico e di viabilità forestale connessa alle attività selvicolturali e alla protezione dei boschi dagli incendi, sempre che la trasformazione del bosco risulti compatibile con le esigenze di difesa idrogeologica, di stabilità dei terreni, di regime delle acque, di difesa dalle valanghe e dalla caduta dei massi, di conservazione della biodiversità e di tutela della pubblica incolumità.
3. La trasformazione del bosco disposta nel rispetto del presente articolo deve essere compensata a cura e spese del destinatario dell’autorizzazione alla trasformazione. Le regioni stabiliscono i criteri di definizione delle opere e dei servizi di compensazione per gli interventi di trasformazione del bosco, nonché gli interventi di ripristino obbligatori da applicare in caso di eventuali violazioni all’obbligo di compensazione. Le regioni, sulla base delle linee guida adottate con il decreto di cui al comma 8, stabiliscono inoltre i casi di esonero dagli interventi compensativi. La trasformazione del bosco che determini un danno o un danno ambientale ai sensi del comma 2, deve essere oggetto di riparazione ai sensi della direttiva 2004/35/CE e della relativa normativa interna di recepimento.
4. Le compensazioni previste dal comma 3 per la trasformazione del bosco che non determini un danno o un danno ambientale ai sensi della direttiva 2004/35/CE, possono essere realizzate con opere e servizi di:
a) miglioramento e restauro dei boschi esistenti nonché del paesaggio forestale in ambito rurale, urbano e periurbano;
b) rimboschimenti e creazione di nuovi boschi su terreni non boscati e in aree con basso coefficiente di boscosità, tramite l’utilizzo di specie autoctone, preferibilmente di provenienza locale e certificata, anche al fine di ricongiungere cenosi forestali frammentate e comunque in conformità alle disposizioni attuative della direttiva 1999/105/CE del Consiglio del 22 dicembre 1999. I nuovi boschi realizzati a seguito degli interventi di compensazione sono equiparati a bosco;
c) sistemazioni idraulico-forestali o idraulico-agrarie o realizzazione e sistemazione di infrastrutture forestali al servizio del bosco e funzionali alla difesa idrogeologica del territorio, che rispettino i criteri e requisiti tecnici adottati ai sensi dell’articolo 9, comma 2;
d) prevenzione di incendi boschivi e di rischi naturali e antropici;
e) altre opere, azioni o servizi compensativi di utilità forestale volti a garantire la tutela e valorizzazione socio-economica, ambientale e paesaggistica dei boschi esistenti o il riequilibrio idrogeologico nelle aree geografiche più sensibili.
5. I richiedenti l’autorizzazione alla trasformazione del bosco, presentano i progetti delle opere o dei servizi compensativi alle regioni che individuano le aree dove dovrà essere effettuato l’intervento a cura e spese del destinatario. Ove non diversamente previsto dalla legislazione regionale, tali aree sono individuate all’interno del medesimo bacino idrografico nel quale è stata autorizzata la trasformazione del bosco. Ai fini dell’esecuzione degli interventi compensativi, le regioni prevedono la prestazione di adeguate garanzie.
6. In luogo dell’esecuzione diretta degli interventi compensativi, le regioni possono prevedere, relativamente agli interventi di trasformazione del bosco che non determinino un danno o un danno ambientale ai sensi della direttiva 2004/35/CE, che il soggetto autorizzato versi in uno specifico fondo forestale regionale una quota almeno corrispondente all’importo stimato dell’opera o al servizio compensativo previsto. Le regioni destinano tale somma alla realizzazione degli interventi di cui al comma 4, anche se ricadenti in altri bacini idrografici, considerando gli eventuali aspetti sperequativi tra l’area in cui è realizzata la trasformazione del bosco e gli interventi compensativi.
7. I boschi aventi funzione di protezione diretta di abitati, di beni e infrastrutture strategiche, individuati e riconosciuti dalle regioni, non possono essere trasformati e non può essere mutata la destinazione d’uso del suolo, fatti salvi i casi legati a motivi imperativi di rilevante interesse pubblico nonché le disposizioni della direttiva 2004/35/CE e della relativa normativa interna di recepimento.
8. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono adottate linee guida per la definizione di criteri minimi nazionali per l’esonero dagli interventi compensativi di cui al comma 3. Le regioni si adeguano alle disposizioni di cui al precedente periodo entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.

Art. 9. – Disciplina della viabilità forestale e delle opere connesse alla gestione del bosco
1. La viabilità forestale e silvo-pastorale di cui all’articolo 3, comma 2, lettera f), è volta a garantire la salvaguardia ambientale, l’espletamento delle normali attività agro-silvopastorali, la tutela e la gestione attiva del territorio, la sorveglianza, la prevenzione e l’estinzione degli incendi boschivi, il pronto intervento contro eventi calamitosi di origine naturale e antropica, le attività di vigilanza e di soccorso, gli altri compiti di interesse pubblico, la conservazione del paesaggio tradizionale nonché le attività professionali, didattiche e scientifiche.
2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono approvate disposizioni per la definizione dei criteri minimi nazionali
inerenti gli scopi, le tipologie e le caratteristiche tecnico-costruttive della viabilità forestale e silvo-pastorale, delle opere connesse alla gestione dei boschi e alla sistemazione idraulico-forestale.
3. Le regioni si adeguano alle disposizioni di cui al comma 2 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2.

Art. 10. – Promozione ed esercizio delle attività selvicolturali di gestione
1. Le regioni promuovono la crescita delle imprese che operano nel settore forestale e ambientale, della selvicoltura e delle utilizzazioni forestali, nella gestione, difesa, tutela del territorio e nel settore delle sistemazioni idraulico-forestali, nonché nel settore della prima trasformazione e commercializzazione dei prodotti legnosi quali tronchi, ramaglie e cimali, se svolta congiuntamente ad almeno una delle pratiche o degli interventi di cui all’articolo 7, comma 1. Promuovono altresì la formazione e l’aggiornamento professionale degli operatori, anche al fine di garantire la tutela dell’ambiente e la salvaguardia del territorio.
2. Per i fini di cui al comma 1, le regioni istituiscono elenchi o albi delle imprese che eseguono lavori o forniscono servizi nei settori sopra indicati, articolati per categorie o sezioni distinte a seconda della diversa natura giuridica delle imprese tenendo anche conto delle loro capacità tecnico-economiche e della tipologia di prestazioni e prevedendo in ogni caso una specifica categoria per le imprese agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, coerentemente con i criteri minimi nazionali di cui al comma 8, lettera a).
3. Fatti salvi i motivi di esclusione di cui all’articolo 80 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, agli elenchi o albi di cui al comma 2 possono iscriversi le imprese, in forma singola e associata, che siano in possesso dei requisiti generali, professionali e tecnici necessari per lo svolgimento delle attività di cui al comma 1. Le imprese di cui al primo periodo possono essere partecipate anche dai proprietari di aree agro-silvopastorali. La partecipazione da parte di proprietari pubblici avviene in deroga al disposto di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175.
4. Le regioni, conformemente alla disciplina vigente in materia di contratti pubblici, dettano norme per la concessione in gestione delle superfici forestali pubbliche agli operatori iscritti agli elenchi o agli albi di cui al comma 2 o ad altri soggetti pubblici o privati, al fine di favorirne la gestione attiva, assicurandosi che resti inalterata la superficie, la stabilità ecosistemica, la destinazione economica e la multifunzionalità dei boschi. Costituisce titolo preferenziale ai fini della concessione in gestione delle superfici forestali pubbliche, la partecipazione di imprese iscritte negli elenchi o negli albi di cui al comma 2 ed aventi centro aziendale entro un raggio di 70 chilometri dalla superficie forestale oggetto di concessione.
5. Al fine di garantire la tutela e la gestione attiva delle risorse agro-silvo-pastorali, il miglioramento dei fondi abbandonati e la ricostituzione di unità produttive economicamente sostenibili in grado di favorire l’occupazione, la costituzione ed il consolidamento di nuove attività imprenditoriali, le regioni promuovono l’associazionismo fondiario tra i proprietari dei terreni pubblici o privati, anche in deroga al disposto di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, nonché la costituzione e la partecipazione ai consorzi forestali, a cooperative che operano prevalentemente in campo forestale o ad altre forme associative tra i proprietari e i titolari della gestione dei beni terrieri, valorizzando la gestione associata delle piccole proprietà, i demani, le proprietà collettive e gli usi civici delle popolazioni.
6. Le cooperative forestali e i loro consorzi che forniscono in via prevalente, anche nell’interesse di terzi, servizi in ambito forestale e lavori nel settore della selvicoltura, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinate le condizioni di equiparazione di cui al presente comma.
7. Le regioni definiscono coerentemente con i criteri nazionali minimi di cui al comma 8, lettera b), i criteri per la formazione professionale degli operatori forestali e i requisiti professionali minimi per l’esecuzione degli interventi di gestione forestale in relazione alla loro natura e complessità.
8. Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite apposite disposizioni per la definizione:
a) dei criteri minimi nazionali per l’iscrizione agli elenchi o albi regionali di cui al comma 2;
b) dei criteri minimi nazionali per la formazione professionale degli operatori forestali e per l’esecuzione degli interventi di gestione forestale di cui al comma 7, in coerenza con gli indirizzi europei.
9. Le regioni si adeguano alle disposizioni emanate ai sensi del comma 8 entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 8. Nelle more della definizione dei predetti criteri, gli elenchi o gli albi già istituiti dalle regioni conservano la propria efficacia.
10. Le regioni promuovono la certificazione volontaria della gestione forestale sostenibile e la tracciabilità dei prodotti forestali, l’utilizzo di prodotti forestali certificati nelle politiche di acquisto pubblico nonché la valorizzazione della bioeconomia forestale e delle produzioni legnose e non legnose di qualità, con particolare attenzione ai servizi ambientali forniti dagli ecosistemi forestali.
11. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con le regioni e le province autonome, intraprende azioni volte a contrastare il commercio di legname e dei prodotti in legno di provenienza illegale in attuazione degli indirizzi internazionali, del regolamento (CE) n. 2173/2005 del Consiglio del 20 dicembre 2005, del regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento e del Consiglio del 20 ottobre 2010 e nel rispetto di quanto previsto agli articoli 7 e 10 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177.
12. Le imprese iscritte agli albi di cui al comma 2 sono esonerate dall’obbligo di iscrizione al registro degli operatori previsto dall’articolo 4 del decreto legislativo 30 ottobre 2014, n. 178.
13. All’attuazione del presente articolo si fa fronte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
14. Continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui all’articolo 17 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, all’articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, ed all’articolo 2, comma 134, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Art. 11. – Prodotti forestali spontanei non legnosi
1. Le regioni promuovono la valorizzazione economica dei prodotti forestali spontanei non legnosi ad uso alimentare e non alimentare, definiscono adeguate modalità di gestione, garantiscono la tutela della capacità produttiva del bosco e ne regolamentano la raccolta nel rispetto dei diritti riconosciuti ai soggetti titolari di uso civico, differenziando tra raccoglitore per auto-consumo e raccoglitore commerciale, in coerenza con la normativa specifica di settore.
2. I diritti di uso civico di raccolta dei prodotti forestali spontanei non legnosi sono equiparati alla raccolta occasionale non commerciale, qualora non diversamente previsto dal singolo uso civico.

Art. 12. – Forme di sostituzione della gestione e di conferimento delle superfici forestali
1. Per la valorizzazione funzionale del territorio agro-silvo-pastorale, la salvaguardia dell’assetto idrogeologico, la prevenzione e il contenimento del rischio incendi e del degrado ambientale, le regioni provvedono al ripristino delle condizioni di sicurezza in caso di rischi per l’incolumità pubblica e di instabilità ecologica dei boschi, e promuovono il recupero produttivo delle proprietà fondiarie frammentate e dei terreni abbandonati o silenti, anche nel caso vi siano edificazioni anch’esse in stato di abbandono.
2. I proprietari e gli aventi titolo di possesso dei terreni di cui al comma 1 provvedono coordinatamente e in accordo con gli enti competenti alla realizzazione degli interventi di gestione necessari per il ripristino o la valorizzazione agro-silvo-pastorale dei propri terreni.
3. Nel caso in cui non siano stati posti in essere gli interventi di cui al comma 2 o non sia possibile raggiungere un accordo o, ancora, nel caso di terreni silenti, le regioni possono procedere all’attuazione degli interventi di gestione previsti conformemente alla disciplina vigente in materia di contratti pubblici, con forme di sostituzione diretta o affidamento della gestione dei terreni interessati e delle strutture ivi presenti a imprese, consorzi, cooperative di cui all’articolo 10, comma 5, ad altri soggetti pubblici o privati ovvero mediante affidamento ad enti delegati dalle stesse per la gestione forestale, privilegiando l’imprenditoria giovanile.
4. Ai fini dell’attuazione del presente articolo, le regioni provvedono:
a) alla definizione dei criteri e delle modalità per l’individuazione, l’approvazione e l’attuazione degli interventi di gestione necessari al ripristino ed al miglioramento delle condizioni dei boschi e delle loro funzioni protettive, ambientali ed economiche, anche nell’ambito e in attuazione degli strumenti di pianificazione forestale di cui all’articolo 6;
b) alla definizione degli accordi con i proprietari dei terreni interessati e all’individuazione degli strumenti più idonei per la realizzazione degli interventi di gestione forestale da attuare, nonché alla definizione delle eventuali procedure per la sostituzione diretta o l’affidamento della gestione di cui al comma 3 al fine di ripristinare e migliorare le condizioni dei boschi e le loro funzioni protettive, ambientali ed economiche;
c) alla definizione dei criteri e delle modalità per il calcolo e il riconoscimento degli eventuali frutti, al netto dei costi sostenuti, derivati dalla realizzazione degli interventi di gestione forestale previsti per i terreni la cui proprietà non sia individuabile o reperibile e godibile come previsto al comma 5.
5. Le regioni possono accantonare gli eventuali frutti di cui al comma 4, lettera c), per un periodo massimo di 2 anni a decorrere dalla disponibilità degli stessi. Decorso il termine di cui al primo periodo, in assenza di richiesta di liquidazione da parte dei legittimi proprietari delle superfici, i frutti possono essere impiegati dalla regione per la realizzazione di opere e servizi volti garantire la valorizzazione ambientale, paesaggistica e socio-economica dei boschi nell’ambito del bacino o dell’area da cui i frutti sono stati ricavati. Le opere e i servizi di cui al precedente periodo devono prevedere attività di gestione, di prevenzione del dissesto idrogeologico e degli incendi boschivi e di ripristino dei danni causati da calamità naturali o da eventi di eccezionale gravità, nonché interventi fitosanitari in aree colpite da gravi od estese infestazioni.

Art. 13. – Materiale forestale di moltiplicazione
1. La provenienza del materiale di moltiplicazione destinato a fini forestali è certificata in conformità alle disposizioni del decreto legislativo 10 novembre 2003, n. 386. Il medesimo materiale di moltiplicazione deve essere in condizioni fito-sanitarie conformi alle normative di settore ed adeguato alle condizioni ambientali della stazione di impianto.
2. Le regioni aggiornano i registri dei materiali di base previsti dall’articolo 10 del decreto legislativo 10 novembre 2003, n. 386, in cui vengono iscritti i materiali forestali di base presenti nel proprio territorio. Le regioni alimentano con i dati dei registri di cui al primo periodo il registro nazionale dei materiali di base conservato presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
3. Al fine di tutelare la biodiversità del patrimonio forestale nazionale, in relazione alle competenze previste all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, i Centri nazionali biodiversità Carabinieri di Pieve S. Stefano, Peri e Bosco Fontana, sono riconosciuti quali centri nazionali per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentito il Ministro della difesa, sono individuati ulteriori centri rispetto a quelli di cui al primo periodo, in numero e modalità sufficienti a rappresentare zone omogenee dal punto di vista ecologico, ed è loro riconosciuta la qualifica di Centri nazionali per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale.
4. I centri di cui al comma 3 sono abilitati alla certificazione ufficiale delle analisi sulla qualità dei semi forestali e possono coadiuvare le regioni nell’individuazione delle aree di provenienza e dei materiali di base collaborando con i centri di ricerca e le istituzioni europee e nazionali che operano nel campo della conservazione delle risorse genetiche forestali.
5. La Commissione tecnica di cui all’articolo 14 del decreto legislativo del 10 novembre 2003, n. 386, istituita presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, redige, conserva e aggiorna il registro nazionale dei materiali di base di cui al comma 2 e coordina la filiera vivaistica forestale nazionale, secondo modalità definite con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
6. All’attuazione del presente articolo si fa fronte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 14. – Coordinamento
1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali elabora specifiche linee di programmazione, di coordinamento e di indirizzo in materia di politica forestale nazionale, in attuazione della Strategia forestale nazionale ed in coerenza con la normativa europea e gli impegni assunti in sede europea e internazionale in materia di ambiente, paesaggio, clima, energia e sviluppo in coordinamento con i Ministeri competenti.
2. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in accordo con le regioni, svolge funzioni di coordinamento e indirizzo nazionale in materia di programmazione, di pianificazione, di gestione e di valorizzazione del patrimonio forestale, oltre che di sviluppo delle filiere forestali, anche ai fini della promozione degli interessi nazionali del settore a livello internazionale ed europeo.
3. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali può istituire un tavolo di settore al fine di migliorare la governance dei processi decisionali per lo sviluppo delle filiere forestali. Le regioni e le province autonome, possono promuovere, coordinatamente con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, l’istituzione di specifici tavoli di settore o filiera al fine di garantire il coordinamento territoriale o settoriale per la tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio forestale e per lo sviluppo delle diverse componenti delle filiere forestali. Il Ministero può parteciparvi con un proprio rappresentante incaricato.
4. All’attuazione del presente articolo si fa fronte nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. In particolare, ai partecipanti agli organismi di cui al comma 3 non spettano compensi, gettoni di presenza, indennità, emolumenti né rimborsi spese comunque denominati.

Art. 15. – Monitoraggio, statistiche, ricerca, formazione e informazione
1. A fini statistici, di inventario e di monitoraggio del patrimonio forestale nazionale e delle filiere del settore, nel rispetto degli impegni internazionali e degli standard definiti dall’Unione europea e dalle organizzazioni delle Nazioni Unite, la definizione di foresta è quella adottata dall’Istituto nazionale di statistica e utilizzata per l’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio.
2. In attuazione del principio di leale collaborazione, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove il coordinamento, l’armonizzazione e la digitalizzazione delle informazioni statistiche e cartografiche inerenti al patrimonio forestale, la gestione delle attività di settore e le sue filiere produttive, nonché delle informazioni di carattere ambientale inerenti la materia forestale. Tale attività è svolta sentiti il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministero dell’interno e di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e con l’Istituto nazionale di statistica. Al fine di facilitare una migliore conoscenza e gestione del patrimonio forestale, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove l’elaborazione di criteri per la realizzazione della cartografia forestale georiferita, da rendere disponibile sul sito istituzionale del Ministero, nel rispetto della direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 marzo 2007 e della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003. A tale attività si fa fronte nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
3. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali predispone altresì un rapporto pubblico periodico sullo stato del patrimonio forestale nazionale, del settore e delle sue filiere produttive coerentemente con gli standard di monitoraggio e valutazione definiti dal processo pan-europeo Forest Europe e con quelli forniti dall’Unione europea e dalle organizzazioni delle Nazioni Unite. Il rapporto è pubblicato sul sito istituzionale del Ministero ed è comunicato alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica.
4. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove, anche avvalendosi dei propri enti strumentali ed in collaborazione con le Università, gli enti di ricerca nazionali, europei e internazionali, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, lo sviluppo della ricerca e della sperimentazione in ambito forestale in conformità al Piano strategico per l’innovazione e la ricerca del settore agricolo, alimentare forestale e alle disposizioni del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454.
5. Le regioni possono promuovere d’intesa con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, forme di coordinamento interregionale per lo scambio ed il riconoscimento dei programmi, dei titoli e dei crediti formativi nell’ambito della formazione professionale e dell’aggiornamento tecnico degli operatori del settore forestale.
6. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, anche d’intesa con le regioni, può promuovere nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, iniziative e attività di informazione e divulgazione pubblica nonché di educazione e comunicazione sul significato e ruolo del bosco, della gestione forestale, delle filiere produttive e dei servizi generati dalle foreste e della loro razionale gestione, in favore della società.

Art. 16. – Disposizioni di coordinamento
1. Alla legge 14 gennaio 2013, n. 10, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica dell’articolo 7, dopo le parole: «alberi monumentali,», sono inserite le seguenti: «dei boschi vetusti,»;
b) all’articolo 7, dopo il comma 1, è inserito il seguente: «1-bis. Sono considerati boschi vetusti le formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate che per età, forme o dimensioni, ovvero per ragioni storiche, letterarie, toponomastiche o paesaggistiche, culturali e spirituali presentino caratteri di preminente interesse, tali da richiedere il riconoscimento ad una speciale azione di conservazione.»;
c) all’articolo 7, il comma 2, è sostituito dal seguente: «2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ed il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabiliti i principi e i criteri direttivi per il censimento degli alberi monumentali e dei boschi vetusti ad opera dei comuni e per la redazione ed il periodico aggiornamento da parte delle regioni e dei comuni degli elenchi di cui al comma 3, ed è istituito l’elenco degli alberi monumentali e dei boschi vetusti d’Italia alla cui gestione provvede il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Dell’avvenuto inserimento di un albero nell’elenco è data pubblicità mediante l’albo pretorio, con la specificazione della località nella quale esso sorge, affinché chiunque vi abbia interesse possa ricorrere avverso l’inserimento. L’elenco degli alberi monumentali e dei boschi vetusti d’Italia è aggiornato periodicamente ed è messo a disposizione, tramite sito internet, delle amministrazioni pubbliche e della collettività.»;
d) all’articolo 7, il comma 3 è sostituito dal seguente: «3. Le regioni recepiscono le definizioni di albero monumentale di cui al comma 1 e di boschi vetusti di cui al comma 1-bis, effettuano la raccolta dei dati risultanti dal censimento operato dai comuni e, sulla base degli elenchi comunali, redigono gli elenchi regionali e li trasmettono al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. L’inottemperanza o la persistente inerzia delle regioni comporta, previa diffida ad adempiere entro un determinato termine, l’attivazione dei poteri sostitutivi da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.».
2. Al decreto legislativo 10 novembre 2003, n. 386, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 11, il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. Per l’iscrizione dei cloni di pioppo al registro nazionale dei materiali di base, è competente l’Osservatorio nazionale per il pioppo, istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che sostituisce nelle sue funzioni la Commissione nazionale per il pioppo di cui alla legge 3 dicembre 1962, n. 1799, e che riferisce del suo operato alla commissione tecnica. Dalla partecipazione all’Osservatorio nazionale per il pioppo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e comunque ai partecipanti non spettano compensi, gettoni di presenza, indennità, emolumenti né rimborsi spese comunque denominati.»;
b) all’articolo 13, comma 2, le parole: «della Comunità» sono sostituite dalle seguenti: «dell’Unione europea»; all’articolo 13, comma 3, le parole: «nella Comunità» sono sostituite dalle seguenti: «nell’Unione europea»;
c) l’articolo 14 è sostituito dal seguente: «Art. 14 (Commissione tecnica). – 1. Con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, la Commissione tecnica che sostituisce la commissione tecnico – consultiva di cui all’articolo 16 della legge 22 maggio 1973, n. 269.
2. La Commissione tecnica di cui al comma 1 è coordinata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
3. La Commissione tecnica di cui al comma 1 supporta il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali nello svolgimento delle funzioni di indirizzo e raccordo generale tra i soggetti istituzionali competenti, garantendo altresì lo svolgimento dei compiti previsti dal presente decreto. La Commissione tecnica in particolare verifica e, se del caso, aggiorna:
a) i modelli di registro di carico e scarico di cui all’articolo 5, comma 2;
b) le modalità di raccolta dei dati sulla consistenza del materiale vivaistico, di cui all’articolo 5, comma 4;
c) i codici delle regioni di provenienza, di cui all’articolo 8, comma 12;
d) i criteri per l’individuazione e la rappresentazione cartografica delle regioni di provenienza, di cui all’articolo 10, comma 4;
e) i criteri, cui devono rispondere i materiali di moltiplicazione importati a garanzia dell’equivalenza qualitativa rispetto ai materiali prodotti nell’Unione europea, di cui all’articolo 13, comma 3;
f) il peso minimo dei campioni di sementi da prelevare per i controlli doganali di cui all’articolo 13, comma 8;
g) il modello per i controlli di cui all’articolo 15, comma 1.
4. I documenti di cui al comma 3 sono adottati, con uno o più decreti, dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
5. La commissione di cui al comma 1 è costituita da nove membri, come di seguito specificato:
a) un rappresentante del mondo scientifico universitario esperto in vivaistica forestale designato di concerto tra il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome;
b) tre rappresentanti delle regioni e delle province autonome, esperti del settore, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome;
c) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole e forestali e due rappresentanti del CREA Centro foresta e legno;
d) un rappresentante del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
e) un rappresentante dei produttori privati, nominato dalle associazioni di categoria del settore vivaistico-sementiero forestale maggiormente rappresentative a livello nazionale.
6. I componenti della Commissione tecnica durano in carica tre anni e possono essere riconfermati. Le funzioni di coordinamento e di segreteria senza diritto di voto, sono svolte da un dirigente o da un funzionario della competente struttura del Ministero. I membri della Commissione eleggono al proprio interno il Presidente e definiscono un regolamento di funzionamento.
7. Ai componenti della Commissione tecnica non spettano compensi, gettoni di presenza, indennità, emolumenti né rimborsi spese comunque denominati. Le Amministrazioni provvedono all’attuazione del presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.».
3. I richiami agli articoli del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, contenuti in altri testi normativi, sono da intendersi riferiti ai corrispondenti articoli del presente decreto.

Art. 17. – Disposizioni applicative e transitorie
1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano che provvedono alle finalità del presente decreto ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti.
2. Nelle more dell’adozione dei decreti ministeriali e delle disposizioni di indirizzo elaborate ai sensi del presente decreto restano valide le eventuali normative di dettaglio nazionali e regionali vigenti.

Art. 18. – Abrogazioni
1. Il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, è abrogato.
Art. 19. – Clausola di invarianza finanziaria
1. Dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Scopri di più:

Servizi icona
Scopri di più
icona chi siamo
Scopri di più
icona clienti
Scopri di più